Fisco e norme

Audizione della CISL sul Patto Sociale e la Riforma Fiscale

camera deputati

Audizione della CISL sul Patto Sociale e la Riforma Fiscale

La confederazione sindacale ha presentato al Governo la propria posizione in materia di finanza pubblica, riforma fiscale, occupazione, riduzione della spesa pubblica

Che l’Italia abbia degli obblighi da rispettare in relazione ai vincoli sull’indebitamento e sul rapporto del debito con il PIL (Prodotto Interno Lordo) è fuor di dubbio, ed è anche vero che per la crescita del Paese debbano migliorare i conti pubblici, ma è anche vero che nella spesa pubblica e nel sistema fiscale sono possibili interventi a favore del lavoro che, senza appesantire il bilancio pubblico, diano nuovo impulso vitale alla crescita del sistema italiano.

Questa è la base dalla quale è partita l’audizione della CISL avvenuta il 18 aprile allo scopo di sentire i pareri dei rappresentanti dei lavoratori sulle questioni delle riforme fiscali in atto nel Paese.
La politica di crescita deve sostenere la ripresa economica e l’occupazione innanzitutto affrontando il “riassorbimento dei lavoratori beneficiari degli ammortizzatori sociali e la disoccupazione strutturale particolarmente dei giovani, delle donne, del Mezzogiorno”.

La pressione fiscale in arrivo

Gli impegni presi dal Governo, scritti sul Documento di Economia e Finanza appena presentato, partono dalla previsione della crescita del PIL nel 2011 dell’1,1% (mezzo punto sotto la media europea), dell’1,3% nel 2012 e dell’1,5% nel 2013 (dunque un livello del PIL ancora al di sotto  di quello precedente alla crisi) e consistono nel raggiungimento, entro il 2014, di un livello prossimo al pareggio di bilancio secondo gli accordi europei salvo poi a proseguire con un surplus primario per ridurre il debito pubblico.
Gli obiettivi programmatici del rapporto deficit – PIL sono fissati al 3,9% nel 2011, 2,7% nel 2012, 1,5% nel 2013 e 0,2% nel 2014 il che implica, secondo il Governo, una manovra aggiuntiva netta di 1,2 punti percentuali del PIL nel 2013 e di un altro 1,1% nel 2014, con un effetto complessivo del 2,3% del PIL, pari a 37 miliardi nel biennio 2013 – 2014. Il debito pubblico rispetto al PIL passerebbe così, secondo il governo, dal 120% nel 2011 al 112,8% nel 2014.

Questa è la ragione per la quale all’orizzonte si vedono già una serie di manovre di finanza pubblica piuttosto pesanti e l’unico modo di evitarle o perlomeno di ridurle è quello di realizzare una crescita più elevata di quella prevista dal Governo: una crescita superiore al 2%.
A questo punto, dichiara la CISL, non è più possibile continuare a rinviare gli interventi condivisi che puntino su:
– politiche economiche per favorire crescita, investimenti e coesione sociale;
– riforme per un processo di riqualificazione della spesa pubblica, nazionale, territoriale e locale, funzionale allo sviluppo, ad iniziare dal reperimento di ingenti risorse dalle distorsioni e dagli sprechi.

Riformare il sistema fiscale

La priorità deve essere quella di predisporre un piano nazionale delle riforme che metta al centro il Patto sociale per la crescita. “Progressività del sistema fiscale, neutralità, solidarietà e semplicità debbono essere alla base della riforma fiscale e di quella assistenziale. L’obiettivo è un fisco orientato alla giustizia sociale e alla crescita, con la riduzione del prelievo sui redditi  da lavoro e pensione e sul costo del lavoro, favorendo quindi consumi e competitività”.

Naturalmente il fisco deve continuare a sostenere i soggetti deboli ma per reperire gli importi necessari rispettando il vincolo dei conti pubblici, la CISL propone queste soluzioni:

  • il diradamento dei 400 regimi di favore fiscale, soprattutto di quelli a favore delle diverse corporazioni e lobbies, privilegiando gli interventi a sostegno del lavoro, della natalità, della ricerca;
  • rimettere in circolo il denaro ricavato dalla scoperta dell’evasione fiscale (che ammonta a non meno di 140 miliardi annui), restituendolo ai contribuenti onesti;
  • creare un nuovo mix tributario che riequilibri il prelievo dalle imposte dirette alle indirette, soprattutto aumentando la tassazione dei consumi, perché i consumi sono indicatori della ricchezza e la loro tassazione consente di colpire anche i redditi che sfuggono al fisco e di ridistribuire le maggiori entrate ai redditi più tartassati.

Riguardo quest’ultimo punto, la CISL afferma che un aumento della tassazione dei consumi (IVA) dovrà essere più che compensato dall’aumento del reddito disponibile per la riduzione del prelievo diretto, attraverso nuove aliquote e scaglioni, e per un più incisivo sostegno sociale alla famiglia, agli anziani, agli incapienti, a tutti i soggetti socialmente deboli.  L’intervento sull’IVA deve diventare inoltre il motore di un contrasto forte alla sua evasione (oltre 45 miliardi annui), che è alla base di tutte le altre evasioni fiscali.

Tassare le rendite finanziarie

Per il finanziamento della riforma fiscale, oltre alla lotta all’evasione, il Governo dovrebbe affrontare anche la questione della tassazione delle rendite finanziarie, armonizzandola al 20% con l’UE, e colpendo soprattutto quelle speculative.

Esiste infatti una grossa differenza tra la tassazione della rendita speculativa (solo il 12,5%) e quella dei conti dei risparmiatori (ben il 27%) e quella infine degli investimenti produttivi (addirittura oltre il 30%).

La CISL ha ricordato come i lavoratori abbiano “contribuito pesantemente al riequilibrio dei conti pubblici (pensioni, scuola e pubblico impiego)” e come continuino a contribuire annualmente con la grande maggioranza dei versamenti Irpef e con il versamento al fondo tesoreria del Tfr del settore privato (18 miliardi di euro nel periodo 2007-2011).
Per questo motivo la CISL dichiara apertamente che “è ora che contribuiscano anche altri settori finora privilegiati come le rendite finanziarie”.

Il patto sociale per la crescita

La debolezza della ripresa economica ha le sue ragioni nel persistere dell’andamento negativo della produttività, che ormai da anni caratterizza la nostra economia; “il problema è dunque quello di rafforzare tutti i fattori interni ed esterni al sistema produttivo per accrescere la sua capacità competitiva”.
La piattaforma per il “Patto sociale per la crescita” individua le proposte delle parti sociali su crescita e occupazione.

Gli obiettivi che si devono raggiungere sono: curare le emergenze sociali, affrontare i problemi del Mezzogiorno, mettere in primo piano innovazione e ricerca, realizzare la semplificazione amministrativa.
In particolare, la Cisl “condivide le priorità indicate nella premessa del PNR sul Meridione, il Lavoro, le Opere pubbliche, l’Edilizia privata, la Ricerca & sviluppo, l’Istruzione & merito, il Processo civile, la Riforma della Pubblica Amministrazione e la semplificazione”, ma non può non osservare che in alcuni casi si è ripetuto l’annuncio senza far seguire alcuna applicazione concreta, e in altri casi (ricerca e istruzione ad esempio) non sono state indicate le risorse disponibili. “A questo fine la CISL ritiene che occorre una politica più decisa nel merito e più determinata nella volontà di reperimento delle risorse nelle direzioni indicate”.
Il Sindacato infatti considera che nel 2010 gli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche sono diminuiti del 16,2% ed i contributi agli investimenti del 14,2%, “né gli andamenti previsti nei prossimi anni prevedono almeno un recupero”.

Il mancato rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici

Sembra si tratti ormai di una prassi, una cattiva abitudine ormai consolidata, quella di ritardare il rinnovo dei contratti.
La CISL pertanto dichiara che “la funzione della contrattazione nazionale va normalizzata e soprattutto va rafforzata la contrattazione di secondo livello; infatti i risparmi di gestione possono e devono essere impiegati, già ora, per premiare il merito e la produttività in una logica di pari opportunità”. Non occorre impiegare ulteriori risorse, basta saper utilizzare quelle relativi al risparmio di gestione.
Purtroppo però il Governo, quando ha parlato di riduzione della spesa pubblica, non ha dato indicazioni “su dove tagliare gli sprechi e le inefficienze delle pubbliche amministrazioni e i costi abnormi della politica.

I risparmi ci sono stati, infatti solo nel biennio 2009/2010 gli interventi sulle pensioni hanno permesso di trattenere nelle casse statali 7 miliardi di euro, tanto per fare un esempio. Gli interventi sulla scuola hanno portato a un risparmio per il personale pari a 1,3 miliardi nel 2009 e 2,8 miliardi nel 2010, tanto per farne un altro.
Non solo: si prevede che nel 2011 i risparmi saranno pari a 6,3 miliardi per quanto riguarda le pensioni e a 3,9 miliardi per quanto riguarda il personale scolastico.
Anche nel settore sanitario si è ridotta la spesa per il personale (di 1 miliardo nel 2010) e si prevede di risparmiare 1,7 miliardi l’anno a partire dal 2012.
Insomma tra il blocco dei contratti del settore pubblico e i risparmi per il personale dei settori sanitario e scolastico, nel 2014 le casse statali potranno avvalersi di 19,3 miliardi di euro in più.
Questo per far notare come il mondo del lavoro dipendente abbia dato il suo contributo alla tenuta dei conti pubblici e allo sviluppo del Paese.

I costi delle Istituzioni pubbliche

Il Governo ha ridotto il numero degli insegnanti sulla base della necessità di bilancio pubblico, ma non ha ridotto ancora il numero abnorme delle persone che vive di politica.
Basti pensare a quanti sono i costi che vengono sostenuti per loro dallo Stato solo facendo mente locale ai vari uffici di matrice politica come quelli delle Provincie e degli istituti provinciali (prefetture, tribunali, questure, ecc.), agli Enti locali, al numero dei Comuni e delle loro articolazioni, al Parlamento, alle varie Assemblee e a tutte le Istituzioni pubbliche.
Si tratta di “una stratificata rete istituzionale che oltretutto è causa di inefficienze e di complicazioni per imprese e cittadini” denuncia la CISL e ribadisce che “I risparmi di spesa pubblica non si possono avere solo da lavoro e pensioni. Secondo recenti analisi l’efficienza della spesa pubblica italiana sarebbe inferiore del 15-20% rispetto al benchmark dei Paesi più industrializzati”.

Una Legge anticorruzione

Il Sindacato denuncia il fatto che troppo spesso, anche a causa della mancanza di un valido sistema di valutazione dell’efficacia ed efficienza della spesa, si genera il fenomeno della “corruzione”, che secondo la Corte dei Conti costa alla collettività oltre 60 miliardi di euro.
La corruzione rappresenta oggi “una tassa occulta nonché un danno per l’immagine e l’economia del Paese e riduce il flusso degli investimenti, interni ed esteri”. Per questo motivo la CISL chiede di rafforzare il sistema dei controlli approvando velocemente una “Legge anticorruzione basata su tre pilastri: prevenzione, controlli negli enti locali e disposizioni mirate per la repressione della corruzione e dell’illegalità”.

Il Patto sociale proposto dai sindacati comporta la riduzione dei costi impropri della politica, delle istituzioni, delle amministrazioni; costi che  vanno ben distinti da quelli necessari per il buon andamento della democrazia rappresentativa e partecipativa.
“Per liberare risorse” ha dichiarato ancora la CISL, “occorre migliorare efficienza e qualità e agire in termini di riforme di sistema, di sostenibilità finanziaria, di razionalizzazione di competenze”. In una frase: riqualificare la spesa pubblica.
Ciò lo si può ottenere “con puntuali verifiche e non con tagli lineari, che nei fatti sono inefficienti e nel tempo non raggiungono risultati duraturi”.

La CISL ha terminato la propria audizione dichiarando che solo attraverso tutti questi interventi si possono ottenere “risorse non indifferenti da utilizzare sia per la riforma fiscale sia per dare un maggiore impulso alla crescita secondo gli obiettivi del Patto Sociale”.

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