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Lavorare nel mondo della Comunicazione

B.Mazza - Lavorare nel mondo della comunicazione

Lavorare nel mondo della Comunicazione

Presentato il XV Rapporto di Unimonitor.com su formazione e lavoro nel campo della comunicazione nel corso dell’incontro “Dalla formazione al lavoro: un know how imprescindibile” presso la Sapienza di Roma

Laurearsi in comunicazione conviene. A dispetto della crisi, i neodottori in questa materia riescono a trovare uno spazio nei meandri complicati e poco luminosi del mercato occupazionale. Monitorati i laureati 2010 dell’Ateneo romano, a un anno dal conseguimento della laurea magistrale.

I laureati magistrali sono giovani di età media 27 anni e mezzo, per due terzi donne; riescono a trovare lavoro in poco più di cinque mesi e, anziché ricorrere prevalentemente alle conoscenze e all’interessamento di parenti e amici, scelgono di usare mezzi propri per trovare lavoro.
È quanto emerge dal XV Rapporto messo a punto da Unimonitor.com, l’Osservatorio su formazione e lavoro nel campo della comunicazione, attivo dal 1997 presso il Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della Sapienza Università di Roma. La ricerca è stata effettuata tra marzo e aprile di quest’anno e ha monitorato lo status occupazionale dei laureati magistrali del 2010 della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Ateneo romano.

Tre laureati su quattro – emerge dal Rapporto – hanno un’occupazione, in massima parte nel proprio settore, e tale dato è in linea con le indagini nazionali condotte da Almalaurea, il Consorzio interuniversitario che si occupa di facilitare l’accesso dei giovani nel mondo del lavoro.

Il campione è stato selezionato su 419 laureati di secondo livello, con un numero di interviste pari a 175, delle quali 120 andate a buon fine; di queste ultime, 99 riguardano i dottori in una delle lauree magistrali di Scienze della Comunicazione e 21 i laureati nel corso interfacoltà.

La comunicazione d’impresa è al top delle preferenze (39,2%), seguita da quella nell’editoria e nel giornalismo (27,5%); per un terzo dei laureati, inoltre, l’inserimento nel mondo del lavoro e della comunicazione è cominciato prima del conseguimento del titolo.
L’invio del curriculum agli enti e alle aziende per ottenere il lavoro è il metodo preferito per la ricerca dell’occupazione.

Il dato poco confortante riguarda la percezione del valore del proprio lavoro e del tempo che si dedica alle attività. La maggior parte di questi giovani percepisce uno stipendio netto di 975 euro, più basso dei loro colleghi laureati in economia, che superano i mille, e dedica al lavoro ben oltre le 40 ore settimanali, svolgendo più mansioni. Tuttavia, il 55% del campione ritiene che lo stipendio sia adeguato alle mansioni svolte.
La concorrenza con i laureati magistrali in economia è molto forte: il tasso di disoccupazione per i laureati in Comunicazione alla Sapienza è superiore di circa tre punti percentuali a quello dei laureati dell’area economica (18%).

Secondo Mario Morcellini, presidente della Conferenza Facoltà e Corsi di laurea in Scienze della Comunicazione e direttore scientifico, insieme a Barbara Mazza, dell’Osservatorio Unimonitor.com, l’impressione è che la precarietà si stia un po’ fermando e che i laureati in scienze della comunicazione facciano meno fatica a trovare posizioni che, sebbene non stabili, sono comunque percepite dal soggetto come conformi a quelle per cui ha studiato (vedere l’intervista completa). “Non è una novità della crisi il fatto che nel campo della comunicazione ci sia una dose di precarietà” ha sottolineato il prof. Morcellini. “Si tratta di professioni di alto profilo, competenza sociale e visibilità ed è normale che ci sia una lunga fase di attesa. Quest’anno i dati sembrano indicare, incredibile a dirsi, una qualche forma di rientro. Rispetto al numero degli insoddisfatti, che sono una porzione non trascurabile, i laureati soddisfatti o molto soddisfatti sono comunque sistematicamente di più”.

“C’è lavoro, nonostante tutto” ha detto Barbara Mazza: “questo è il motto di quest’anno. I giovani sono consapevoli del valore della formazione e della spendibilità sul mercato”.
La crisi entra in gioco per quanto riguarda l’iscrizione e la permanenza all’università. “Quella attuale” ha affermato Giuseppe Venanzoni, preside della facoltà di Scienze politiche, sociologia e comunicazione della Sapienza “è la seconda crisi, dopo quella del 1991-92, nella quale si assiste ad una caduta del benessere delle famiglie; la situazione congiunturale di sofferenza si sentirà molto probabilmente anche in relazione all’università e al mercato del lavoro. Gli effetti li vedremo fra uno o due anni e ognuno dovrà fare la sua parte”.
Prevalgono, in ogni caso, l’ottimismo e la convinzione che si voglia comunque continuare ad investire sugli studi, sui giovani e sul capitale umano (intervista completa a lato).

Lo stage viene considerato in modo positivo dai neolaureati, che lo considerano professionalizzante e un’occasione di arricchimento dal punto di vista sia culturale, sia emotivo. Peccato che la retribuzione sia quasi sempre scarsa, quando non assente.

Daniela Delli Noci

 

 

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