Diritti

Insegnanti della scuola pubblica: tra precariato e stipendi più bassi

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Insegnanti della scuola pubblica: tra precariato e stipendi più bassi

A Roma ha fatto parlare di sé la manifestazione che si è svolta con dignitosa civiltà nonostante i timori delle istituzioni e delle forze dell’ordine, probabilmente consapevoli dell’indignazione del personale della scuola pubblica che rivendica ormai da tempo i propri diritti “accantonati”

L’ANIEF – Confedir (il sindacato dei dipendenti pubblici docenti e ricercatori in formazione) mette in evidenza due particolari fattori che stanno alimentando disuguaglianze tra i lavoratori: le differenze di stipendio e il finanziamento alla scuola privata contrapposto ai tagli alla scuola pubblica.

Secondo i dati divulgati dall’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) e dal Ministero Economia e Finanze, gli stipendi dei dipendenti pubblici continuano a perdere potere d’acquisto ma, mentre si è intervenuto per alcuni, altri sono ancora in attesa che ci si renda conto dell’ingiustizia e si intervenga per eliminarla. L’ANIEF, in quanto sindacato specializzato nei ricorsi  offre il proprio supporto al riguardo, contattando il proprio servizio abilitato (e-mail r.stipendio@anief.net).
Vediamo nel dettaglio cosa succede riguardo alle “due Italie” che si sono così formate.

Oltre alla ormai consolidata differenza tra pubblici e privati, anche all’interno della PA c’è stata una spaccatura: da una parte 3 milioni di dipendenti pubblici con carriera e contratto bloccati per legge (L. 122/2010), dall’altra magistrati e avvocati dello Stato che sono ricorsi al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) riuscendo a ottenere, con la sentenza n. 223/2012, la cancellazione da parte della Corte costituzionale della norma di cui all’art. 9, c. 22, che riduceva l’indennità tabellare, cancellava gli acconti relativi agli automatismi di carriera per il triennio 2011-2013 e quella di cui sempre all’art. 9 ma al comma 2, che imponeva il prelievo forzoso del 5% sulla differenza di reddito superiore a 90.000 euro fino a 150.000 euro e del 10% per cifre superiori.

A seguito di questa sentenza, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la nota 157 dell’8 novembre 2012, ha ordinato che a partire da dicembre vengano adeguati gli importi tabellari per il personale della magistratura, avvocati e procuratori dello Stato con un incremento mensile a titolo di acconto del 3,04% in busta paga e la sospensione della riduzione dell’indennità giudiziaria già avviata per il mese di novembre. Nulla da eccepire, in quanto si tratta di un giusto provvedimento ma purtroppo gli stipendi medi degli altri dipendenti pubblici – al netto dell’aumento dell’inflazione e del costo della vita – continuano a perdere potere d’acquisto, come ha rilevato l’ARAN, fino a 6.000 euro nel 2014, secondo studi di settore sindacali.

A questo punto l’ANIEF e la CONFERDIR propongono al restante personale pubblico di ricorrere in tribunale
come hanno fatto i giudici e rivendicare la violazione degli stessi principi costituzionali. Il tribunale preposto è quello del lavoro e vi si può ricorrere attraverso il sindacato, al fine di arrivare alla Consulta e fare cassare le norme impugnate. L’Anief si propone per il personale della scuola, perché è il sindacato che si è specializzato nei ricorsi in questi anni e perché per primo ha denunciato la norma grazie a uno studio approfondito della materia il cui analogo ragionamento è stato sviluppato nelle decisioni della magistratura. Per il restante personale del pubblico impiego si propone la Confedir, cui l’Anief aderisce.

Nel frattempo si mette in evidenza, anche con la grande manifestazione del 23 novembre a Roma, alla quale hanno partecipato pure gli studenti, la differenza di trattamento tra scuola e scuola, tra pubblico e privato. Infatti il Parlamento (Commissione Bilancio della Camera) ha dato l’ok al finanziamento da 223 milioni di euro della scuola non statale proprio in un momento in cui – a causa della crisi economica – si fanno i tagli alla scuola pubblica.

Insomma  mentre la spending review fa cadere l’accetta sulle risorse e sul personale della scuola statale, si mette a disposizione immediata degli istituti non statali una cifra ragguardevole (che secondo l’ANIEF sarebbe sufficiente “a sbloccare in un colpo solo il problema degli inidonei, degli insegnanti soprannumerari e le assunzioni del personale Ata”. Allo stesso tempo, i parlamentari bipartisan fanno cadere anche il vincolo del tetto minimo di alunni per classe, dunque di rette.

A seguito delle ultime approvazioni delle leggi di stabilità, due scuole pubbliche su dieci sono state cancellate. E negli ultimi giorni, dichiara l’ANIEF, si starebbe anche pensando di ridurre fortemente il Fondo d’Istituto, per evitare l’assurdo aumento unilaterale dell’orario settimanale dei docenti in servizio nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’ANIEF e delegato Confedir per la scuola, “lo Stato ‘noleggia’ quel servizio educativo di cui avrebbe esclusiva competenza”.

Il sindacalista afferma che comunque “lo Stato non può continuare a comportarsi in questo modo: non può abdicare al suo diritto-dovere di educare al meglio le generazioni del domani, garantendo un’istruzione ed una ricerca di qualità giustificando questo grave limite con la mancanza di fondi adeguati. Perché destinare quei 223 milioni di euro alla scuola pubblica risolverebbe in un colpo solo il problema degli inidonei, degli insegnanti soprannumerari, ad iniziare dagli Itp, e sbloccherebbe quelle assunzioni del persona Ata che si sono andate a perdere nei meandri burocratici dei ministeri dell’Istruzione e dell’Economia”.

 

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