L’Agenda Monti

 

In questi giorni l’aria delle Feste è appesantita dalle polemiche di partiti e uomini politici che prendono le parti o accusano l’uscente Presidente del Consiglio Mario Monti che, prima di andarsene, ha predisposto una sua dichiarazione d’intenti o un suo suggerimento, a seconda del punto di vista. Parliamo della ormai nota “Agenda Monti” che qui proponiamo

Scritta da Mario Monti in vista del rinnovo del Parlamento e del Governo, l’Agenda nasce come primo contributo a una riflessione aperta sul cambiamento dell’Italia e sulla riforma dell’Europa.

 

“Un’Agenda per un impegno comune”: 4 capitoli ciascuno con un titolo che rappresenta un programma per contrastare la deriva nella quale la nostra economia ma anche la nostra società sono entrate. Monti inizia dal rapporto tra l’Italia e il resto dell’Unione Europea, che oggi appare più conflittuale che comunitario e suggerisce alcune modifiche all’attuale stato di fatto mettendo in evidenza come “far parte di una comunità politica ed economica sempre più integrata comporta vantaggi ma anche responsabilità”.
In questo primo capitolo Monti esorta i decisori politici a costituire un’Europa sempre più integrata e sostenibile, unita e democratica, vicina ai cittadini e chiede che l’Italia,  in quanto Paese fondatore dell’Unione Europea, svolga un ruolo di primo piano in questa fase di rifondazione sociale ed economica.

Nel secondo capitolo, dal significativo titolo “La strada per la crescita”, Monti affronta i temi scottanti dello Spread, del PIL e del debito pubblico, chiarendo subito che alle imprese e ai lavoratori finanziare il debito pubblico costa 75 miliardi ogni anno solo di interessi.
Secondo il nostro primo ministro uscente, è necessario continuare sulla via del risanamento dei conti pubblici attuando a partire dal 2013 il pareggio di bilancio strutturale, riducendo lo stock del debito pubblico (perché non è facendo altri debiti che si esce dai guai finanziari – cosa che qualunque persona dotata di buon senso sa bene, anche una casalinga che deve mandare avanti la famiglia), proseguendo le dismissioni del patrimonio pubblico.
E Mario Monti parla anche della situazione fiscale, il cui carico va ridotto e riequilibrato. Egli afferma che, con gli sforzi compiuti quest’anno, si può seriamente pensare di ridurre finalmente le tasse, in primo luogo quelle gravanti sul lavoro e l’imprenditoria. In questo senso, sarà di fondamentale importanza riformare il sistema tributario.
Naturalmente, per far quadrare i conti, occorrerà continuare sulla linea intrapresa con la Spending Review, ovvero con i tagli alla spesa pubblica che, spiega Monti, non devono consistere in una minore spesa ma in una migliore spesa. Ciò significa che i tagli devono essere fatti con intelligenza, mirati al superfluo. E gli investimenti devono essere tutti rivolti alla creazione di lavoro.
Un passo importante fatto dal Governo Monti per quanto riguarda la spending review è stato quello di ridurre gli stipendi d’oro dei dirigenti pubblici e i benefit correlati, come le auto blu, permettendo un risparmio allo Stato (dunque ai cittadini) di oltre 12 miliardi nel 2012. Un’azione che va continuata e messa a regime per divenire una costante e non una manovra occasionale.

Anche dire basta allo spreco dei fondi strutturali europei deve essere un must per il prossimo Governo. Come anche il nostro giornale ha più volte denunciato, si tratta di uno spreco e, come ammette lo stesso Monti, di una vergogna che non può continuare. I fondi che l’Unione Europea ci mette a disposizione, vengono rimandati indietro dalle Regioni perché – per oscuri motivi – sembra che le imprese non li utilizzino. In realtà sappiamo bene che le imprese ne avrebbero oltremodo bisogno e che sarebbero ben liete di utilizzarli, ma in realtà i dirigenti pubblici preposti fanno in modo che la presenza di tali risorse sia taciuta il più possibile e che le procedure per ottenerle siano talmente complicate da far passare la voglia anche solo di richiederle. Ciò avviene in particolare nelle regioni del Meridione e nelle Isole. Come continuiamo a denunciare, persino quelli che dovrebbero essere bandi pubblici vengono nascosti per evitare che le imprese possano parteciparvi. Alla faccia del bel dire sulla trasparenza e sulla semplificazione…

Per la crescita del Paese, scrive Monti nell’Agenda, occorre continuare con le liberalizzazioni e intensificare la politica di apertura al mercato dei beni e dei servizi, rimuovendo vincoli e ostacoli per i professionisti e i lavoratori autonomi, nonché esortando le aziende a fare rete. E’ soprattutto l’industria, secondo Monti, che va rilanciata e sostenuta. A partire da quanto è successo all’Ilva o all’Alcoa, bisogna comprendere che in realtà la causa della crisi dell’industria risale non a scelte individuali errate da parte degli imprenditori, ma di dinamiche globali dovute a scelte politiche sbagliate e a riforme rimandate per troppo tempo. Il suggerimento di Monti per aiutare le industrie è quello di ridurre gli oneri burocratici e promuovere fonti di finanziamento alternative (come le obbligazioni societarie o l’agevolazione fiscale per i project bond di cui abbiamo parlato in precedenti articoli). Inoltre, Monti propone la creazione di un Fondo per le ristrutturazioni industriali.

Naturalmente, a queste necessità si aggiunge quella di aiutare le nuove imprese a nascere, favorendo le start up, che – come abbiamo visto in un nostro precedente articolo – sono ora regolamentate accuratamente. Mentre, per essere sempre più competitivi sui mercati internazionali, occorre aprirsi all’internazionalizzazione – d’altro canto abbiamo numerosi fondi a disposizione delle nostre aziende per poterlo fare in sicurezza.

Monti non dimentica poi – da buon professore – l’importanza della formazione: per essere credibili sui mercati internazionali e per poter avviare un processo di riforma del lavoro seria, è assolutamente necessario avere lavoratori competenti e ben formati, sempre aggiornati. Purtroppo l’Italia è ai primi posti per l’abbandono scolastico e questo di certo non attrae i cercatori di mano d’opera – italiani o esteri che siano. Infatti, il livello di formazione dei nostri studenti è più basso degli altri Paesi OCSE e il numero dei laureati italiani è ancora ben lontano dagli obiettivi fissati dall’UE. Monti propone un premio economico agli insegnanti che ottengono buoni risultati dai propri allievi. Per stimolare entrambi. Ma anche per valorizzare il ruolo dell’insegnamento facendo tornare ai docenti quella volontà che hanno perduto negli anni, vedendosi troppo spesso sottovalutati nelle proprie competenze e responsabilità.
Purtroppo in Italia ad essere sottovalutata è la cultura in generale: non si riesce a comprendere che un popolo incolto è destinato ad essere schiavo, povero e reietto.

L’economia verde è un altro dei punti all’ordine del giorno dell’agenda: un potenziale poco sfruttato che va riconosciuto come parte integrante dell’economia italiana. Monti fa riferimento in particolare all’efficientamento energetico, al contenimento delle emissioni nocive, all’impiego di materiali riciclabili, alle tecnologie intelligenti per lo smaltimento dei rifiuti, all’ottimizzazione del ciclo dell’acqua, alla mobilità a basso impatto ambientale. E chiarisce che occorre attuare programmi formativi al riguardo e dare incentivi per facilitare le scelte ecologiche, sostenibili.

Nel terzo capitolo Monti affronta il problema del mercato del lavoro e della riforma delle pensioni. E fa presente che, nonostante siano state immesse da ben 20 anni, le pensioni integrative non sono riuscite a decollare (potete leggere il nostro articolo a questo riguardo); per questa ragione ritiene necessario dare nuovo impulso alla previdenza complementare, che può assicurare un avvenire solido.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, Monti avvisa: non c’è più tempo, non si può tornare indietro, va modernizzato. Come? Alcuni passi già sono stati fatti, come le nuove norme sull’apprendistato, o i servizi per l’impiego. Ma occorre proseguire, anzitutto con la semplificazione normativa e amministrativa della materia, ad oggi piuttosto complessa, a un punto tale da spaventare i datori di lavoro ed evitare le assunzioni. In secondo luogo con il superamento del dualismo tra lavoratori protetti e non protetti; in terzo luogo rendendo flessibile e fluido il passaggio da un posto di lavoro a un altro, soprattutto per quanto riguarda le aziende in crisi, facendo in modo che un lavoratore non resti “a spasso” per più di un anno. Infine facendo sì che le contrattazioni si svolgano sul luogo di lavoro, che in realtà è il reale centro focale di questo tema.

Nell’agenda ha un posto a parte il ruolo delle donne. Infatti, come ha riconosciuto la Banca d’Italia, se in Italia le donne raggiungessero un livello di occupazione pari al 60% l’intera economia nazionale ne beneficerebbe, con un aumento del PIL del 7%. Le donne continuano a essere relegate ai margini del mercato del lavoro o ad essere sottopagate e con percorsi di carriera ostacolati dagli uomini. Ciò rappresenta un’ingiustizia che va assolutamente sanata. Per farlo, Monti propone di detassare le aziende che assumono donne e i redditi da lavoro femminile. Tutto ciò naturalmente aumentando le (poche) politiche di conciliazione famiglia-lavoro.
Per concludere, argomento collegato e che Monti situa nel quarto capitolo, ciò che bisogna fare è cambiare la mentalità degli italiani, variare i loro comportamenti per renderli socialmente equi e responsabili. E la prima mentalità che deve cambiare è quella dei decisori politici e di chi governa le istituzioni del nostro Paese.

Infine, per quanto riguarda le istituzioni, nella sua Agenda, il primo ministro uscente incita a una riforma della legge elettorale che permetta ai cittadini di essere i reali elettori dei propri rappresentanti. Sta ai cittadini infatti, e non ai partiti politici, decidere chi deve legiferare (in Parlamento) e chi deve amministrare i propri beni (al Governo).

Secondo Monti per prendere decisioni più rapide il Parlamento dovrebbe avere meno membri.
Forse è vero e forse no, ma su questo il nostro giornale dissente: meno rappresentanti il popolo ha, meno democratica è la nazione in cui vive. Non è il numero dei parlamentari a produrre danni al nostro sistema, ma – come la cronaca degli ultimi anni ci ha mostrato – è la malafede e la disonestà di alcuni di essi. Quindi ben venga un cambiamento di mentalità e – oseremmo dire – di visione morale delle faccende umane.

In allegato l’intera Agenda Monti.

 

pdf L’Agenda Monti.pdf

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