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Quote rosa ai vertici aziendali: finalmente si inizia a salire

Quote rosa ai vertici aziendali: finalmente si inizia a salire

 

I dati pubblicati il 26 gennaio 2013 dalla Commissione Europea indicano che la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società europee quotate in borsa è salita al 15,8%. Ancora molto poco, ma nello stesso periodo dello scorso anno era del 13,7%

In tutti gli Stati europei le donne nelle posizioni di vertice iniziano a salire, a eccezione di Bulgaria, Irlanda e Polonia. L’aumento del 2,2% è “il più significativo cambiamento su base annua fin qui rilevato”. L’Italia è quella che registra il maggior aumento.

 

In particolare, le amministratrici non esecutive sono in media il 17% (a gennaio 2012 erano il 15%) e quelle esecutive il 10% (a gennaio 2012 erano l’8,9%).
I nuovi dati sono stati annunciati al Forum economico mondiale di Davos dalla Vicepresidente della CE nonché Commissaria europea per la Giustizia Viviane Reding in una seduta pubblica a tema, sul ruolo delle donne nel processo decisionale economico. Era presente anche Christine Lagarde, direttrice generale del FMI (Fondo Monetario Internazionale).

L’obiettivo fissato in data 14 novembre 2012 a seguito dell’approvazione della proposta della Commissione, è quello di raggiungere il 40% di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in tutti i Paesi membri dell’UE. Tale presenza deve essere basata sul merito e non deve essere una semplice quota rosa “tanto per…”.

Non tutti i Paesi hanno ancora introdotto le norme obbligatorie ma per una volta tanto è proprio l’Italia a fare da traino in questo senso: è infatti proprio nel nostro Paese che si è verificato l’aumento più rilevante di donne nei CdA, un aumento pari al 4,9% che porta l’Italia a quota 11%, ancora lontana dalla media europea e lontanissima dagli obiettivi, ma il dato dimostra che ce la sta mettendo tutta. Proprio in Italia, come avrete letto nei nostri precedenti articoli, è stata varata la normativa che impone alle società quotate nonché a quelle a partecipazione pubblica di assicurare una partecipazione femminile pari al 33% negli organi di gestione e vigilanza entro il 2015.

In Italia la percentuale di amministratrici con incarichi non esecutivi e di donne top-manager ad ottobre 2012 era rispettivamente del 4% e del 13%.
In Francia, Paese che ha introdotto le quote rosa nel 2011, si è avuto un grande successo: è questo infatti il primo Paese dell’Unione nella classifica delle top manager femminili. La Francia è pertanto la nazione che ha più donne ai vertici delle principali società quotate: le donne nei consigli di amministrazione delle società CAC 40 sono attualmente il 25%, con un aumento del 2,8% in soli 10 mesi (gennaio-ottobre 2012); mentre la quota introdotta per gli amministratori esecutivi e per quelli non esecutivi di società quotate e di grandi società non quotate (a partire da 500 dipendenti e con un utile superiore a 50 milioni di euro) è del 40% entro il 2017, con un obiettivo intermedio del 20% entro il 2014.

“La pressione normativa funziona: provare per credere. Le aziende cominciano finalmente a capire che, per rimanere competitive in una società che invecchia, non possono fare a meno dei talenti femminili: il 60% dei laureati sono donne” ha dichiarato la Vicepresidente Viviane Reding. “L’esempio di Paesi come Belgio, Francia e Italia, dove le misure legislative introdotte di recente cominciano a dare i primi frutti, dimostra inequivocabilmente la validità di un intervento normativo limitato nel tempo. La proposta di direttiva che abbiamo presentato spingerà le imprese a sfruttare i talenti esistenti e permetterà di promuovere l’equilibrio di genere ai vertici delle aziende di tutto il mercato interno”.

La Bulgaria rappresenta però l’eccezione, in quanto è l’unico Paese a registrare addirittura un calo (-4%), mentre la percentuale di donne nei CdA rimane invariata in Polonia e Irlanda (rispettivamente 12% e 9%).
I dati resi noti oggi sono dunque promettenti ma resta molto da fare: infatti, non ci sono ancora donne ai vertici di un quarto delle più grandi imprese dell’UE (25%).
La prossima relazione annuale della Commissione Europea sulle donne nel processo decisionale è attesa per aprile 2013. I dati appena presentati sono anticipazioni, essendo stati raccolti a ottobre 2012.

 

 

La Direttiva europea

La Direttiva che gli Stati membri dell’Unione Europea devono applicare, impone alle società europee quotate in borsa con meno del 40% di donne nei consigli di vigilanza di introdurre una nuova procedura di selezione che dia priorità alle candidate che vantano le qualifiche necessarie.
Essa mette l’accento proprio sulle qualifiche: le candidate non ottengono il posto solo perché donne ma allo stesso tempo non possono essere scartate in quanto tali.
Tale direttiva si applica solo ai consigli di vigilanza o agli amministratori non esecutivi di imprese quotate in borsa, in virtù del loro peso economico e della loro alta visibilità, e non si applica alle piccole e medie imprese. Agli Stati membri compete di stabilire le sanzioni adeguate e dissuasive per le società che non rispettano la direttiva.
Si tratta di una misura temporanea, ma di lungo periodo: essa scade infatti automaticamente nel 2028, periodo in cui si ritiene che il peso delle donne ai vertici delle società si sia stabilizzato e che la loro competenza e capacità sia tale da aver ampiamente dimostrato la loro necessità nei posti decisionali.
Ricordiamo che la proposta presentata dalla CE prevede anche una cosiddetta quota di flessibilità come misura complementare: le società quotate in borsa dovranno fissare obiettivi di autoregolamentazione, da realizzare entro il 2020 (2018 per le imprese pubbliche), in modo da assicurare una rappresentanza di genere equilibrata tra gli amministratori esecutivi. Le imprese dovranno rendere conto ogni anno dei progressi compiuti.

Perché diventi Legge, il Parlamento europeo e gli Stati membri dell’Unione dovranno adottare, in sede di Consiglio, la direttiva proposta della Commissione. Il Parlamento europeo ha nominato correlatrici (relatori per parere) della proposta le deputate Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (commissione per i diritti della donna) e Evelyn Regner (commissione giuridica).
Al Consiglio la proposta è stata discussa in prima battuta a dicembre e una seconda discussione sarà organizzata dalla Presidenza irlandese dell’Unione in occasione della riunione dei ministri responsabili per l’occupazione e gli affari sociali (Consiglio EPSCO) del 20 giugno 2013.
Intanto, il 15 gennaio la proposta di direttiva ha superato il controllo di sussidiarietà (con 43 sì e 11 no) nell’ambito del quale i parlamenti nazionali (2 voti per ciascun parlamento per un totale di 54 voti) formulano un parere sull’opportunità di regolare la questione a livello dell’UE piuttosto che in ambito nazionale.

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