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Sicilia: il WWF contro i progetti di ricerca per idrocarburi

WWF - Vespucci

Sicilia: il WWF contro i progetti di ricerca per idrocarburi

Trivelle nello stretto di Sicilia per cercare petrolio? Il WWF denuncia i rischi ambientali e rafforza la campagna “Sicilia: il petrolio mi sta stretto” nell’ambito della quale chiede alla commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente di bocciare i progetti di ricerca presentati da Eni ed Edison

Un’area ricchissima di biodiversità, con un delicato equilibrio ecologico e geologico, con molti vulcani sottomarini attivi e considerata ad alto rischio sismico. Elementi che, come denuncia il WWF, rendono pericolosi gli impatti delle trivelle petrolifere.

Per questa ragione l’associazione ambientalista ha chiesto al Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, di esprimersi contro il rilancio delle produzioni nazionali di idrocarburi “che stanno mettendo a serio rischio i nostri mari”.

Un paesaggio meraviglioso, quello dello Stretto, che richiama ogni anno milioni di turisti per la sua natura incontaminata e rappresenta pertanto anche una risorsa economica per gli abitanti dell’isola. Tra le onde dello Stretto nuotano delfini, balenottere, mante mediterranee, aquile di mare, squali, tonni, pesci spada e tartarughe marine. Un’area di mportanza strategica per l’intero Mediterraneo per proteggere la quale il WWF ha lanciato la campagna “Sicilia, il Petrolio mi sta stretto”, con il contributo della cittadinanza che si sta attivando per scongiurare e discutere la minaccia delle trivellazioni anche grazie a una petizione online sul sito dello stesso WWF (wwf.it/ilpetroliomistastretto)  che per tutta l’estate raccoglierà firme per chiedere di fermare le trivelle e per l’istituzione di un’area protetta a Pantelleria, isola vulcanica ancora non tutelata nello Stretto di Sicilia e da anni in attesa di divenire un’area protetta, rientrando tra le zone di particolare pregio ambientale e culturale e oggi più che mai minacciata da nuovi progetti di piattaforme petrolifere off shore.

piattaforma petrolifera in fiamme

La petizione ha già raccolto migliaia di firme e lo stesso Sindaco di Pantelleria nei giorni scorsi ha presentato una richiesta di incontro ai ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente per affrontare il tema. L’Associazione ambientalista chiede a sempre più cittadini italiani di “firmare la petizione online per esortare ancora di più all’azione il sindaco di Pantelleria e i suoi cittadini, che devono poter contare sull’appoggio di tantissime voci che dicono no al petrolio nel nostro mare”.
Due permessi di ricerca già sono stati concessi alle due compagnie petrolifere Eni ed Edison, oltre ad altri sette titoli minerari tra permessi e concessioni, nel Canale di Sicilia. Ora la Commissione Valutazione di Impatto Ambientale deve decidere sul trivellamento nello stesso canale.
 
Il responsabile mare del WWF, Marco Costantini, ha detto, riprendendo anche il testo della petizione: “dove tutte le navi passano, dove tutti i pescatori pescano, nel cuore più prezioso del Canale di Sicilia, lo Stato Italiano vorrebbe trasformare il tragitto, da libero qual è, ad una corsa ad ostacoli sotto il segno del petrolio.  Il WWF vuole fermarlo creando una nuova area protetta a Pantelleria, un obiettivo che possiamo raggiungere solo con l’aiuto dei cittadini di Pantelleria e dei tantissimi cittadini italiani e europei che firmeranno la nostra richiesta”.

La tecnica di ricerca petrolifera e i rischi collegati

Ma perché l’attività di ricerca petrolifera può essere tanto pericolosa? Il WWF spiega: “la ricerca prima e l’eventuale estrazione di idrocarburi dopo, rischiano di arrecare danni gravi ed irreparabili alle tante specie che frequentano il canale di Sicilia con possibili ripercussioni anche economiche per  le diverse centinaia di persone che operano  nel settore della pesca e del turismo, in una delle aree più belle e incontaminate del Mediterraneo. Infatti, la ricerca di idrocarburi in mare avviene con la tecnica dell’air gun, sistema che  utilizza l’espansione nell’acqua di un volume di aria compressa che genera un fronte di onde di pressione acustica  direttamente nell’acqua circostante. Il suono si propaga in acqua e nel sottosuolo marino per individuare i giacimenti. Questi arrecano danni temporanei o duraturi gravi, fino alla morte in taluni casi, per  numerose specie marine come i cetacei, come oramai la casistica dimostra, le tartarughe marine, i banchi di pesci pelagici”.

Come se ciò non bastasse  – spiegano ancora gli esperti del WWF – l’intera zona è considerata ad alta pericolosità sismica con la presenza a poche decine di chilometri di vulcani sottomarini ancora attivi. Tale sismicità genera fattori di rischio inconciliabili con le attività estrattive petrolifere, a meno che, con inammissibile superficialità si voglia mettere a repentaglio la vita stessa delle persone in maniera esponenziale, poiché si verrebbe a sommare al rischio vulcanico e sismico, quello industriale, con una sequenza di catastrofi difficilmente immaginabili. 

A fronte di tutto ciò, gli studi  di impatto ambientali presentati dalle compagnie petrolifere relative ai progetti di ricerca appaiono superficiali e lacunosi e non danno, a parere del WWF, nessuna garanzia che un ecosistema così delicato e prezioso possa sopportare le eventuali ripercussioni  dell’industria degli idrocarburi.

petroliera

 
Si ricorda che la regione del Mediterraneo è stata identificata come area prioritaria a livello mondiale, area quindi dove l’integrità ecologica deve essere conservata per poter contribuire ad un futuro più sicuro e sostenibile per tutti. Il WWF Italia, in accordo con le organizzazioni nazionali di Francia, Spagna, Grecia e Turchia e l’ufficio del Programma Mediterraneo del WWF Internazionale, ha lanciato la Mediterranean Initiative per proteggere l’ambiente marino e costiero di questa regione d’importanza cruciale. Si tratta di una iniziativa internazionale che mira a promuovere azioni congiunte per tutelare habitat, risorse naturali, specie prioritarie (come la tartaruga marina) e il loro luogo di riproduzione. E che mira anche a rendere sostenibile lo sfruttamento di risorse naturali, quali il tonno rosso e il pesce spada, e a trovare soluzioni equilibrate dal punto di vista ambientale ed economico per la pesca.
In tale contesto il WWF Italia si muove attraverso il Programma Mare e “Per un Mediterraneo di qualità” con l’obiettivo di sensibilizzare governi, amministrazioni e cittadini per lo sviluppo di un sistema di gestione integrato delle coste e dei mari, dove la salvaguardia degli ecosistemi vada di pari passo con uno sfruttamento economico sostenibile e una netta riduzione dell’inquinamento e degli impatti derivanti da attività umane quali pesca, turismo, navigazione e traffico marittimo, produzione energetica, urbanizzazione e industrializzazione costiera.

Mediterraneo di qualità. Il manifesto del WWF

Riportiamo di seguito il Manifesto del WWF per un Mediterraneo di qualità:

Un Mediterraneo di qualità:
– Ha acque senza rifiuti – In Mediterraneo, tra Italia, Spagna e Francia, galleggiano 500 tonnellate di plastica (con concentrazioni superiori a quelle presenti nell’oceano Atlantico e nel Pacifico). Secondo uno studio del 2010 (ARPA Toscana ed Emilia Romagna), la plastica costituisce il 60-80% dei rifiuti in mare Mediterraneo e in alcune aree il dato arriva addirittura al 90-95%.

– Ha navi “attente” che non colpiscono i cetacei – In Mediterraneo, come riporta l’istituto Tethys, dal 1972 al 2001, sono morte 43 balenottere comuni colpite involontariamente dalle navi.

– Ha relitti tristi o affascinanti ma non velenosi – In Mediterraneo, secondo l’Osservatorio dei Veleni, di cui il WWF è membro fondatore, ci sono navi affondate cariche di sostanze velenose altamente nocive per la salute del mare e dell’uomo.

– Ha aree marine protette che funzionano – Meno dell’1% del mare Mediterraneo è protetto.

– Ha una pesca sostenibile – Secondo la Comunità Europea, oltre l’85% dei pesci pescati in Mediterraneo è eccessivamente sfruttato (overfished). Se ne pescano più di quanti ne nascano. Circa 1.5 milioni di tonnellate di pesce viene pescato nel Mediterraneo ogni anno con metodi di pesca per lo più distruttivi, e spesso illegali.

– Ha coste rocciose, spiagge, scogli e falesie, e non una colata di cemento legale o abusivo La Sicilia, l’ombelico del Mediterraneo, come l’uno per il tutto. Il 63% delle sue coste è totalmente cementificato.

– Ha turisti responsabili e non calca umana – In Mediterraneo, ogni anno 220 milioni di persone ci fanno le vacanze.

– Ha biodiversità in espansione, rigogliosa, viva e vegeta – In Mediterraneo la foca monaca è praticamente scomparsa, abbiamo estinto localmente razze e squali, secondo l’IUCN (Internat. Union for Conservation of Nature) tonno rosso, cernia bruna e pesce spada sono minacciate d’estinzione, molto più in pericolo di leoni e leopardi. La foresta algale, che riveste i fondali rocciosi, è minacciata da specie invasive ed aliene.

– Ha tartarughe libere di nuotare che non rischiano la vita per la pesca accidentale – In Mediterraneo, 130mila tartarughe ogni anno vengono catturate accidentalmente negli attrezzi da pesca. Di queste, 40mila muoiono. Solo in Italia la pesca accidentale colpisce 20mila tartarughe.

*** Le Foto Nell’articolo sono state fornite dal WWF

 

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