Imprenditoria femminile

Primo forum nazionale terziario donna

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Primo forum nazionale terziario donna

La Confcommercio e il Censis analizzano la situazione delle PMI, che in Italia si riducono ma le donne resistono meglio e superano il 30%. Le donne sono più etiche, oneste e rappresentano la risorsa vincente per uscire dalla crisi…

Lo studio appena reso pubblico ha mostrato come negli ultimi 5 anni in Italia il numero complessivo degli imprenditori sia sceso del 4,6%, pari a 205mila imprese, di cui -81.000 solo al Sud. La componente femminile invece tiene meglio rispetto a quella maschile: nell’arco di 5 anni infatti le imprese femminili sono calate solo del 3,5%, mentre le maschili del 5%. Si tratta di 158 mila imprenditori in meno contro 47mila imprenditrici in meno.

Il settore commerciale inizia ad essere sempre più “femminilizzato”, visto che quasi un terzo delle imprese sono condotte da una donna.
Come si spiega questo fenomeno? Forse perché – come afferma Giuseppe Roma, direttore del Censis, “le donne hanno più elasticità degli uomini e sono più credibili perché commettono meno reati degli uomini, sono più competenti e hanno maggiore eticità, il che vuol dire anche maggiore produttività”.

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L’occasione in cui Giuseppe Roma ha pronunciato queste parole è stata la presentazione dello studio sulle “donne motore della ripresa” presentato a Palermo il 9 maggio. In questa occasione, il direttore del Censis ha dichiarato “dobbiamo ringraziare le donne se questo Paese non è affondato e oggi possiamo parlare di ripresa. Questi anni di crisi hanno portato a una riduzione significativa del PIL ma anche a una riduzione delle imprese – circa 200 mila imprese dal 2009 – ma di questo solo un quarto sono state imprenditrici donne”. Tra l’altro, dichiara ancora Giuseppe Roma, “le start up delle imprese femminili sono molto più innovative”.

Una particolarità di questi “movimenti” di genere all’interno dell’economia italiana è che sono soprattutto le imprenditrici over 50 ad aumentare. Donne con figli ormai grandi che decidono di avviare una propria attività, di essere indipendenti.
L’iniziativa imprenditoriale femminile cade soprattutto sul settore terziario, ma anche nell’agricoltura e nell’industria. Delle nuove 281mila imprese femminili aperte proprio negli anni crisi, il 76% è nel terziario: alloggio e ristorazione nonché servizi alla persona sono i comparti dove aumenta l’interesse delle imprenditrici, ai quali si affiancano quelli tradizionalmente maschili, come la attività immobiliari (+7,2%) e quelle finanziarie e assicurative (+4,3%).

Il Sud è stata l’area più colpita dalla crisi: è nel Meridione infatti che le imprese chiuse sono state di più, ma anche il Nord ha contato perdite sono state significative, in particolare nel Nord-Est, dove tra il 2009 e il 2013 il calo delle aziende è stato del 5,6% di cui -6,6% a conduzione maschile e solo -3% a conduzione femminile.
Il Centro Italia invece ha mostrato di aver tenuto di più le posizioni e, malgrado le difficoltà di molti territori e settori produttivi, è l’area che ha mostrato una tenuta del sistema sia imprenditoriale che occupazionale migliore per entrambi i generi.
Il Molise (34,7%), l’Umbria (33,4%) e l’Abruzzo (33,3%), sono le Regioni con la più alta incidenza di imprese femminili sul totale.

conferenza-terziario-donneIl 21,6% delle donne imprenditrici ha avviato la propria azienda negli ultimi tre anni (il 23,9% se si considera solo il settore terziario). In questo caso si tratta per lo più di donne giovani, e in alcuni casi giovanissime. Ben il 58,6% (ma nei Servizi la percentuale è del 60,3%) ha tra i 30 e 50 anni, il 19,1% meno di 30 e il 22,2% più di 50 anni. L’82,3% delle nuove imprenditrici con meno di 30 anni ha scelto il terzo settore per l’avvio della proprio nuova attività, e la stessa preferenza l’ha espressa il 78,2% di quante hanno tra i 30 e 50 anni.
Il 22,7% delle neo imprenditrici aveva un’altra occupazione, solitamente come dipendente; il 37,9% era disoccupata o alla ricerca del primo impiego, mentre il 39,4% casalinga o studentessa.
Si contano 74mila nuove attività di commercio al dettaglio (abbigliamento, alimentare, arredo); 35 mila attività di ristorazione e catering; 24 mila istituti di bellezza, centri estetici; quasi 20 mila imprese di commercio all’ingrosso; 8 mila agenti o intermediari assicurativi, 8 mila agenti immobiliari, 5 mila attività di manutenzione e pulizia di edifici.

La presidente di “Terziario donna” di Confcommercio, Patrizia Di Dio, ha così commentato i dati della ricerca: “la crisi è un momento debole ma le donne in questa crisi sono sicuramente una forza. Una forza per se stesse, un forza per l’economia e per il Paese. Ed è per questo che noi vorremo dare, a questa situazione particolarmente grave del paese, una visione di futuro che secondo noi può partire proprio dall’imprenditoria femminile”.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ha aggiunto: “le donne imprenditrici oggi sono tutte delle Giovanne d’Arco: si trovano a combattere ogni giorno le loro piccole, grandi guerre in un mondo sempre ad appannaggio maschile e la loro missione possibile è quella di portare la visione femminile nell’economia, di migliorare il mercato e renderlo più equo”.
Secondo Sangalli, la società ha la responsabilità di sostenere le imprese femminili: “è una follia collettiva” dice “che donne si trovino costrette a scegliere tra il lavoro e la famiglia. E la proposta di legge di sgravio fiscale per il sostegno delle spese domestiche mi sembra sacrosanta. Per questo abbiamo la responsabilità di valorizzare le iniziative rosa con politiche, fondi e strumenti dedicati a questo settore. La forza del terziario sta nel valorizzare il pluralismo e la diversità. La risposta non è nell’arretramento delle ragioni della concorrenza – che nel nostro Paese esiste ed è più forte che in altri – la risposta è nell’avanzamento di una politica che, tenendo presente il pluralismo, operi e agisca a favore di questo terziario che ha delle potenzialità enormi in termini di crescita per il nostro Paese. Una risorsa che può farci segnare il gol per uscire dalla crisi”.

Il direttore del Censis, Giuseppe Roma, ha puntato i riflettori sul fatto che “nella crisi le donne occupate hanno avuto prima un certo aumento e poi si sono fermate, mentre gli uomini occupati sono diminuiti. Sia per quanto riguarda l’impresa che il lavoro, le donne resistono meglio perchè evidentemente nelle aziende hanno un ruolo meno sostituibile”.

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