Salute e benessere

La voglia di maternità delle donne italiane

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Dalla fecondazione assistita alle adozioni, in Italia diventare mamma se si hanno problemi di fertilità è molto difficile; per questa ragione sono sempre di più le coppie che si rivolgono all’estero per riuscire ad avere una gravidanza o adottare un bebè

Il giro d’affari è enorme ed è pari solo a una minima percentuale di ciò che sono disposte a fare le coppie pur di riuscire ad ottenere un bambino, un frutto d’amore, un diritto naturale, un dono di vita, una speranza di eternità. Sono tante le forze che spingono una coppia a desiderare di averne uno e – diciamolo apertamente – non c’è nulla di male in questo bisogno innato. Purtroppo sono sempre di più anche le coppie che, per un motivo o per l’altro, soffrono di ipofertilità o di infertilità. I tentativi di cura dei problemi fisici (che appartengono di diritto allo spettro sanitario) che le causano troppo spesso falliscono e così le coppie si vedono costrette a ricorrere a metodi sempre più estremi, seppur leciti. Leciti in molti Paesi ma spesso non in Italia dove tra i vuoti giuridici, i preconcetti, le ideologie fondamentaliste, ci si ritrova a sopportare ostacoli di ogni tipo, sia nella fecondazione assistita, sia nell’adozione, sia in ogni tipo di altra forma di supporto alla gravidanza o alla maternità.

Aiuto, vado all’estero!

Tra leggi contrastanti in alcuni casi, vuoti normativi in altri casi, astensioni di medici “obiettori di coscienza”, norme che non prendono in considerazione i casi attuali perché troppo datate, burocrazia spinta all’estremo con la scusa della tutela del bambino adottato (che finisce per non farne adottare quasi nessuno), è naturale che gli aspiranti genitori si sentano costretti a “fuggire” all’estero dove la mentalità è più aperta e la scienza può permettersi di seguire la propria strada. Ad esempio, sono migliaia le coppie che si recano in Spagna (Paese notoriamente cattolico) per la fecondazione assistita o nei Paesi dell’Est europeo per l’adozione di un bambino. Spendendo cifre da capogiro, che non tutti possono permettersi. E sono migliaia anche quelli che si rivolgono al mercato nero. Ad esempio in Cina c’è stato quest’anno il boom delle mamme surrogate: un mercato nero portato avanti da chi approfitta delle donne agiate con problemi di fertilità e delle donne povere ma senza gli stessi problemi di fertilità.
Broker online, aziende e cliniche private fanno da intermediarie a prezzi astronomici, organizzano i costosi viaggi in Oriente e offrono uteri in affitto. In Cina questa pratica è illegale ma in un’inchiesta del New York Times i giornalisti ne hanno scoperto i particolari. Ogni anno i bimbi nati da donne cinesi destinati alle coppie ricche sono ben 10.000. Le cliniche private cinesi, che a volte effettuano direttamente le operazioni – stando a quanto afferma il NYT – danno la possibilità persino di scegliere il sesso del nascituro. La madre surrogata viene seguita durante tutto il periodo della gravidanza direttamente dai medici della clinica cinese.
Per quanto riguarda le aziende, che hanno filiali in molte città, invece si preferisce trasferire la madre surrogata in Thailandia, per evitare problemi legali dal momento che lì la pratica è perfettamente lecita. Durante tutto il periodo della gravidanza e fino al parto la gestante alloggia in un appartamento ed è assistita a tempo pieno, può ricevere la coppia che le ha affidato il proprio ovulo inseminato, viene visitata ogni giorno da un consulente psicologico. Di fatto però questo controllo costante si può trasformare in una sorta di prigionia, seppur dorata (le spese naturalmente vengono sostenute dalla coppia affidataria), poiché lo scopo è anche quello di evitare che alla fine si tenga il bambino.
Alle coppie che scelgono questo metodo per avere un figlio (vi si ricorre quando la donna ha problemi a portare avanti la gravidanza, ad esempio per via di fibromi nell’utero – fatto comunissimo), la gravidanza e il concepimento da parte di un’altra donna costano anche 240mila dollari, pari a circa 180mila euro. Le madri surrogate ne ricevono un decimo.

analista con provette

Le linee guida per la fecondazione eterologa

L’infertilità e l’ipofertilità sono causate da vari tipi di problemi sanitari (in alcuni casi anche “meccanici” come le tube di Falloppio chiuse che non permettono il passaggio dell’ovulo oppure come la ipospadia che non permette il raggiungimento della vagina da parte dello sperma), ma persino dalla pessima qualità dell’aria, del suolo e dell’acqua dei Paesi occidentali, che sono altamente inquinati. In alcuni casi la spinta a concepire a tutti i costi è psicologica: i ricercatori spiegano che a volte si tratta di coppie che hanno perso un figlio o di donne che temono di essere abbandonate dal marito perché non possono avere figli. I motivi per desiderare di averne – lo ribadiamo – sono sempre e comunque tutti validi e naturali ed è vergognoso permettersi di giudicare chi ha questo desiderio.
Ricorrere alla fecondazione artificiale è un metodo di cura normale alla stregua di qualsiasi altra cura per un problema sanitario. E, se è lui ad avere problemi, si può ricevere il seme da un donatore; se è lei l’ovocita da una donatrice (fecondazione eterologa).
Esistono delle linee guida per la fecondazione artificiale eterologa, che fissano dei paletti sia per chi riceve che per chi dona il seme o l’ovocita. Nel primo caso le riceventi devono sottoporsi ad un accurato screening virologico mentre i donatori devono avere un’età compresa tra i 21 e i 35 anni, sottoporsi a un’analisi genetica (in particolare per le malattie ereditarie come la Fibrosi cistica e la Beta-talassemia) e a un test psicologico. E, ovviamente, devono essere uomini sani.
Dopo la donazione, il seme viene conservato per 180 giorni durante i quali il donatore viene sottoposto ad altre verifiche.
Se la donatrice è donna, poiché possono esserci anche donne anovulatorie o che producono ovuli danneggiati, deve seguire la stessa prassi di controlli e analisi cliniche basate sugli stessi criteri. Anche le riceventi sono sottoposte a test clinici, soprattutto se di età superiore ai 45 anni. A causa di problematiche ostetriche che si possono verificare al momento del parto, alcuni medici sconsigliano i trattamenti nelle donne over-50.

In Italia gli ostacoli a questa forma di concepimento sono molti e molto forti, di varia provenienza. Non c’è una legge che la regoli e questo fatto causa problemi sotto vari aspetti; basti pensare, ad esempio, a quelle due coppie che – sottopostesi ad inseminazione artificiale – a causa di uno scambio dell’ovocita fecondato si sono ritrovate l’una a partorire i figli dell’altra e l’altra senza figli e senza diritti di averli poiché – per la nostra legge – è madre solo colei che partorisce.
In ogni caso in Italia ora come ora la fecondazione eterologa non è consentita. Anche se la Consulta ha abolito tale divieto, il Consiglio dei Ministri ha stabilito che occorre procedere per le vie parlamentari allo scopo di varare nuove norme in questo campo. Le vie parlamentari implicano ovviamente un’attesa di diversi anni, se tutto va bene. La ministra Beatrice Lorenzin, a capo del dicastero della salute, ha cercato di accelerare i tempi inviando una “lettera di sollecito” ai capigruppo di maggioranza e opposizione di Camera e Senato nella quale ha chiesto che si attuino iniziative per attuare la sentenza della Consulta che abolisce il divieto. La Ministra aveva già pronto uno schema di Decreto Legge, ma il Consiglio dei Ministri l’ha bloccata.

La banca nazionale dello sperma

Invece la Gran Bretagna si è fatta partecipe dei problemi di tante migliaia di coppie ed ha deciso di creare addirittura una banca nazionale dello sperma. Anzi, ha fatto un passo avanti molto più ampio ed ha deciso che a questa banca possono ricorrere sia le coppie eterosessuali che quelle omosessuali e persino le donne single.
La banca dello sperma offrirà anche la possibilità di scegliere le caratteristiche somatiche appartenenti alla stessa etnia, in modo da offrire la possibilità di avere un bambino anche alle coppie di etnie diverse, comprese le più povere. L’accesso infatti è possibile a tutti: nel Regno Unito non si fanno distinzioni di classe economica poiché le spese sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale e, nonostante la crisi, non si pensa di certo – come si fa da noi – ai tagli alle spese per la sanità.
La banca aprirà all’interno di un ospedale, il Birmingham Women’s Hospital, e sarà gestita da questo con il National Gamete Donation Trust. I fondi per aprirla, circa 100mila euro, sono stati messi a disposizione dal Dipartimento della Salute britannico.
Il centro offrirà servizi che vanno dal reclutamento dei donatori al controllo sanitario e il tutto – lo ripetiamo – all’interno del Servizio Sanitario Nazionale inglese.
L’obiettivo, spiegano i promotori dell’iniziativa, è quello di evitare che il desiderio di diventare madri induca le donne a mettersi a rischio ricorrendo a servizi di donazione non regolati.

Adottare all’estero più facile che in Italia

Persino adottare un bambino in Italia è molto difficoltoso: le coppie devono sottoporsi a varie forme di controllo preventivo: visite mediche e test clinici a 360 gradi, controlli fiscali e bancari, consulti di psicologi e sociologi, inchieste della polizia che interroga finanche i vicini di casa, sopralluoghi nella propria abitazione, ecc. ecc. La trafila burocratica dura diversi mesi durante i quali la coppia viene messa sotto torchio, fino a sentirsi umiliata – come dichiarano molte coppie sottoposte alla procedura. Al termine di questo periodo tutta la documentazione e i pareri acquisiti vengono inseriti in una cartellina che viene consegnata a un giudice minorile il quale la accatasta con le centinaia di altre provenienti da altrettante coppie che hanno già fatto richiesta di adozione.
Per tre anni la coppia richiedente resterà sospesa a un filo, in attesa dell’arrivo di una telefonata che in realtà non arriverà: non arriva quasi mai. Al termine dei tre anni, tutta la procedura deve essere riavviata da zero, ma anche le speranze della coppia ormai sono ridotte a zero e per questo in tante si recano all’estero dove – seppur con una spesa economica e di tempo elevatissima – hanno più probabilità di riuscire ad ottenere un bimbo in adozione.
Esistono infatti dei centri per l’adozione all’estero (alcuni sono ONG – Organizzazioni Non Governative) che si occupano di sbrigare tutte le pratiche, comprese quelle legali. Generalmente vengono pagati decine di migliaia di euro e – a causa delle leggi straniere – spesso i genitori adottivi sono costretti a recarsi più volte nel Paese di appartenenza del bambino (e può capitare che debbano restarci anche per 6 mesi consecutivi) ma alla fine chi può permetterselo lo fa senza indugio.
Nel periodo tra aprile 2013 e luglio 2014 ad esempio, le famiglie italiane hanno adottato quasi 120 bambini orfani indiani, in maggioranza bimbe.
Lo ha rivelato il Ministero indiano per lo Sviluppo della donna e del bambino che ha parlato di 527 bambini orfani dati in adozione in questo periodo, di cui la maggioranza negli USA (197) seguiti dall’Italia (117). I piccoli indiani adottati dalle coppie italiane sono 90 femmine e 25 maschi.

Il punto è che – tranne rare eccezioni – oggigiorno chi ha problemi di fertilità ed entrate economiche di basso o medio livello non può ancora ottenere il riconoscimento dei propri diritti alla salute e soddisfare il legittimo desiderio di avere un bimbo. In Italia infatti siamo molto lontani dall’avere un servizio sanitario che si occupi delle spese per curare l’infertilità e provvedere all’avvio della genitorialità con metodi esterni assistiti. Lontanissimi dalla Gran Bretagna, ma persino dalla Spagna. Gli italiani in questo campo sono lasciati a sé stessi, a prescindere dai ripetuti richiami all’importanza della famiglia. E i tagli dovuti alla crisi servono anche a recidere immaginari cordoni ombelicali.

Da settembre qualcosa cambierà… forse

Sono molti i movimenti che stanno spingendo per far sì che almeno la fecondazione eterologa possa iniziare a partire. Ad esempio l’associazione CECOS Italia, che opera in Toscana, ha deciso di puntare i piedi basandosi sul giudizio della Consulta e a settembre i suoi centri inizieranno ad attuare la procedura, inaugurandola. “I centri toscani partiranno” ha dichiarato la Presidente dell’associazione, Elisabetta Coccia “e stiamo valutando alcuni aspetti a livello normativo per capire se fare lo stesso anche altrove. Per gli ovuli utilizzeremo intanto l’’egg sharing’, quelli cioè in sovrannumero ottenuti dalle donne che si sottopongono a stimolazione ovarica, e poi vedremo
come andare avanti, ricorrendo a donatrici volontarie. Per gli spermatozoi invece riapriremo le banche, e richiameremo i giovani tra 18 e 40 anni a cui faremo uno screening di eleggibilità, verificando poi con i test del caso la presenza di malattie infettive”.

La presidente spera che il suo esempio possa essere seguito anche dai centri di altre regioni anche perché ritiene che gli annunciati controlli dei NAS (Nucleo Antisofisticazioni) non troveranno nulla di anormale: “premetto che la tecnica non è nuova per noi, la facevamo prima della Legge 40. I centri per la fertilità hanno recepito la Legge 40, le direttive europee sull’argomento e sono stati già ispezionati dalla regione e dal Centro nazionale trapianti. Se vengono i NAS non troveranno niente, perché seguiamo delle procedure ispirate alle migliori linee guida internazionali”.

Ma la Cecos Italia non è la sola ad avere intenzione di avviare la procedura per la fecondazione eterologa. Anche l’ospedale Sant’Anna, di Torino, ha già una lunga lista d’attesa di donne aspiranti mamme. Il ginecologo torinese Silvio Viale – tra l’altro esponente dei Radicali – sollecita la Regione Piemonte a seguire l’esempio della Toscana e dell’Emilia, entrambe Regioni intenzionate ad aiutare le donne con difficoltà a diventare madri. “Per l’eterologa” afferma “non c’è bisogno di nessuna procedura clinica particolare diversa da quelle in uso per la fecondazione omologa. non c’è nemmeno una grande differenza di costi. Non è affatto necessaria una schedatura nazionale dei donatori. I centri privati possono iniziare da subito, assumendosi la responsabilità dei donatori e con
tariffe professionali analoghe a quelle che praticano per le fecondazioni omologhe, con costi complessivi analoghi o inferiori a quelli dei diversi Paesi europei. Anche il pubblico potrebbe cominciare, ma deve superare lo scoglio dei donatori”. E il medico conclude esortando la Regione Piemonte “a non dormire”.

Non tutti i medici però la pensano così. La dott.ssa Maria Ubaldi, direttore clinico dei Centri Genera di medicina della riproduzione dichiara: “sul piano formale dopo la sentenza della corte costituzionale non c’è nulla che impedisca di partire ma poi ci si scontra con alcuni problemi tecnici
come il dove andare a prendere gli ovociti necessari a soddisfare la richiesta. Si pensi poi alle cliniche pubbliche, che devono poter fare l’eterologa altrimenti rimane la disparità tra chi può permettersi i trattamenti e chi no. Supponiamo che arrivi una donatrice, che ha diritto a un rimborso spese. Chi tira fuori i soldi?”.
E l’approvvigionamento dei gameti è un grande problema proprio perché il 95% delle richieste per l’eterologa riguarda quelli femminili, a dimostrazione che le donne sono impossibilitate ad avere figli a causa di problemi sanitari. Dal momento che la Legge 40 aveva proibito di congelarne e di inserirli completamente durante le fecondazioni assistite “tradizionali”, al momento non se ne trovano certo molti, di ovuli congelati da poter utilizzare.
La dott.ssa Ubaldi contraddice pertanto quanto detto dalla dott.ssa Coccia dicendo “qualcuno dice che risolverà il problema con l’egg sharing, usando cioè gli ovuli in sovrannumero delle donne
che si sottopongono a stimolazione ovarica per se stesse, ma nei centri internazionali questo basta appena per il 7% del fabbisogno e inoltre l’età media è di 37 anni, un’età non idonea per fare l’eterologa in maniera corretta. Poi si suggerisce che è possibile importarli dall’estero, ma al momento ci sono difficoltà nell’utilizzare le procedure europee per farlo”.

Insomma il pensiero della scrivente è che le donne desiderose di avere una gravidanza grazie alla fecondazione eterologa dovranno ancora attendere e saranno poche le fortunate che riusciranno a breve nel proprio intento. Speriamo di sbagliarci.

 

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