COMUNICAZIONE

Connessi e isolati

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americo-bazzoffiaEcco quanto emerge nella sezione dedicata alla comunicazione nel 48° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2014

di Americo Bazzoffia, Libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata

Le Considerazioni generali che introducono il 48° Rapporto Censis sottolineando sulla situazione sociale del Paese nel 2014 evidenziano come il Paese viva una profonda crisi della cultura sistemica: nella “società delle sette giare”, i poteri sovranazionali, la politica nazionale, le sedi istituzionali, le minoranze vitali, la gente del quotidiano, il sommerso e la comunicazione appaiono come mondi non comunicanti, che vivono di se stessi e in se stessi. Nella seconda parte, “La società italiana al 2014”, vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell’anno, descrivendo una società satura dal capitale inagito, la solitudine dei soggetti, i punti di forza e di debolezza dell’Italia fuori dall’Italia. Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza.

Il quadro complessivo che emerge dal 48° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2014 presentato il 5 dicembre non è propriamente positivo anche nelle dinamiche relative a media e comunicazione. Il rapporto Censis fotografa infatti il settore della comunicazione alle prese con profondi cambiamenti, contraddizioni, e inevitabili influssi della crisi alle prese con consumatori e utenti della rete raffinati e ingenui al contempo. In particolare, è possibile estrapolare alcuni aspetti di questo rapporto che sembrano essere particolarmente interessanti e innovativi al fine permettere al lettore di comprendere come sta cambiando la comunicazione in Italia “tra testo e contesto”:

1 – Il cyberlettore: come la rivoluzione digitale ha cambiato domanda e offerta di informazione

Oggi in Italia si vende poco più della metà delle copie di quotidiani che si vendevano venticinque anni fa. Siamo passati da poco meno di 7 milioni di copie giornaliere nel 1990 a meno di 4 milioni. La quota di italiani che fanno a meno dei mezzi a stampa nella propria dieta mediatica è salita a quasi la metà della popolazione (il 47%). Il 20,8% degli italiani legge i quotidiani online e il 34,3% i siti web di news. Una domanda di informazione così radicalmente mutata ha determinato un cambio di paradigma anche all’interno delle redazioni giornalistiche. Si registrano flessioni nel numero dei giornalisti occupati in tutti i segmenti del settore editoriale. Nel 2013 il calo più pronunciato si è avuto nei periodici (-7,7%), poi nei quotidiani (-5,6%) e nelle agenzie di stampa (-3,9%). In media, il ridimensionamento della forza lavoro giornalistica è stato del 6,1% rispetto all’anno precedente. Tra il 2009 e il 2013 il numero dei giornalisti fuoriusciti dall’editoria giornalistica è stato di 1.662 unità, di cui 887 nell’area dei quotidiani (-13,4%) e 638 in quella dei periodici (-19,4%). E se gli iscritti all’Ordine dei giornalisti restano sostanzialmente invariati (112.046 contro i 110.966 del 2011, con un aumento dell’1% circa), sono cambiate però le condizioni alle quali i giornalisti lavorano. Tra il 2000 e il 2013 si è ridotto il lavoro dipendente (-1,6%) ed è cresciuto quello autonomo (+7,1%). Se nel 2000 il lavoro autonomo era svolto da poco più di 1 giornalista su 3, nel 2012 i giornalisti freelance sono diventati 3 su 5.

2 – L’importanza dell’informazione policentrica di prossimità

Nelle realtà locali si è affermato un marcato policentrismo degli strumenti mediatici a disposizione dei cittadini, che passa dal recupero delle testate locali alla sperimentazione delle tante forme di web community. A livello locale si contano più di 500 televisioni attive, oltre 1.000 emittenti radio, più di un centinaio di quotidiani, una miriade di testate web e blog. L’apprezzamento del pubblico verso questo tipo di informazione emerge con evidenza dai dati dell’indagine del Censis. L’82,4% degli italiani dichiara di aver fatto ricorso a un mezzo di informazione locale negli ultimi sette giorni. Resta la televisione il dominus della scena mediatica anche a livello locale. Con il 68,9% di utenti, il tg regionale della Rai è il mezzo più usato. Seguono le tv locali private, con il 51,6% di utenza, e i quotidiani locali (40,2%), che si confermano il terzo mezzo più seguito. Le radio locali sono seguite da poco più di un terzo della popolazione (37,4%). L’utenza delle testate locali online si attesta all’11,8%. Sono significativi i giudizi espressi dagli italiani in merito alle qualità dei media locali. I soggetti più istruiti, diplomati e laureati, li apprezzano perché li sentono più vicini alla loro realtà quotidiana (69%), perché forniscono notizie utili (39,8%) e perché è più facile entrare in contatto con le loro redazioni (23,1%), a testimonianza di un interesse verso i mutamenti in corso nel territorio in cui inserirsi attivamente, nonché di una necessità di avere un rapporto diretto con i soggetti territoriali (associazionismo sociale, rappresentanze imprenditoriali e categoriali, amministrazioni pubbliche come Regioni, enti locali, ecc.). Le persone meno istruite li considerano più credibili (23,7%) e in questi media cercano soprattutto un’informazione più semplice e vicina.

3 – L’Italia digitale in Europa

Il 19% dei cittadini europei di 16-74 anni non ha mai usato un computer. A questo valore medio si avvicinano la Provincia autonoma di Bolzano (23%), l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia (28%), la Lombardia (29%). Valori decisamente peggiori si registrano al Sud. La maglia nera nella penetrazione dell’uso del pc spetta alla Campania (48%), ma anche Piemonte, Umbria (35%) e Lazio (30%) si segnalano con percentuali elevate. Ma l’Italia sta accumulando ritardi anche sul fronte della modernità delle infrastrutture rispetto agli altri membri dell’Unione europea. Se la banda larga ormai può vantare una diffusione in linea con i richiami di Bruxelles, sul fronte della velocità di connessione e sulla diffusione delle Nga (Next Generation Access) il quadro appare meno roseo. Se nei progetti strategici dell’Italia c’è il raggiungimento di una copertura a 30Mbps su tutto lo stivale, e sulla metà addirittura l’implementazione a 100Mbps entro il 2020, nel 2013 solo il 21% delle famiglie ha potuto avvantaggiarsi di una copertura ultratecnologica. Per quanto riguarda lo standard delle connessioni, l’1% dei contratti è stipulato per una velocità pari o superiore a 30Mbps e lo 0% contempla una velocità di rete pari o superiore a 100Mbps, mentre la media Ue segna un 5%.

4 – La transizione della pubblicità: verso il continuum tra online advertising e e-commerce

Nei primi sei mesi del 2014 si evidenzia un calo complessivo degli investimenti pubblicitari del 2,4%. La televisione ha beneficiato dell’effetto della Coppa del mondo segnando un +1,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la carta stampata registra una flessione dell’11%, la radio del 2,9% e internet, dopo la galoppata a due cifre conosciuta fino al 2012, ha subito una battuta d’arresto (+0,1%). La televisione si conferma il mezzo dominante, riuscendo a convogliare più della metà delle risorse spese annualmente dalle aziende per l’informazione commerciale, i quotidiani assorbono una fetta di mercato pari al 12,7% contro il 7,6% della stampa periodica, internet si attesta al 7,3% del totale. Nel commercio elettronico l’Europa registra un giro d’affari pari a 350 miliardi di euro nel 2013. I Paesi con il maggiore sviluppo sono il Regno Unito, con un valore di 107 miliardi di euro, la Francia (51 miliardi), la Germania (50 miliardi). L’Italia, seppure lontana da queste cifre, secondo le stime chiuderà il 2014 con più di 13 miliardi di euro e una crescita del 17% rispetto all’anno precedente. In Italia la percentuale di consumatori elettronici si attesta al 29% con riferimento a un negozio online domestico e l’11% ha scelto un rivenditore presente in un altro Paese dell’Unione europea.

5 – Relativismo e soggettivismo narcisista nei media

Sia internet che la televisione consentono l’utilizzo da parte dei genitori di filtri per evitare che i figli siano esposti a contenuti pericolosi per il loro equilibrato sviluppo etico e psicologico. Secondo i dati di una ricerca realizzata dal Censis, il 42% dei genitori usa un filtro per l’utilizzo di internet da parte dei figli e solo il 24% usa il parental control in televisione sia per i contenuti adult, sia per quelli classificati come nocivi. I genitori sono preoccupati, ma la loro azione di vigilanza consapevole appare complessivamente debole.

6 – La solitudine dei soggetti: i dispositivi di introflessione di un popolo di singoli narcisisti e indistinti

La estraneità dei soggetti alle dinamiche di sistema risalta nel rapporto con i media digitali personali. A fronte del 63,5% di italiani che utilizzano internet, gli utenti dei social network sono il 49% della popolazione e arrivano all’80% tra i più giovani di 14-29 anni. Tra il 2009 e il 2014 gli utenti di Facebook 36-45enni sono aumentati del 153% e gli over 55 del 405%. Gli utenti italiani di Instagram sono circa 4 milioni. Delle 4,7 ore al giorno trascorse mediamente sul web, 2 sono dedicate ai social network. E il numero di chi accede a internet tramite telefono cellulare in un giorno medio (7,4 milioni di persone) è ormai più alto di quanti accedono solo da pc (5,3 milioni) o da entrambi (7,2 milioni). La pratica diffusa del selfie è l’evidenza fenomenologica della concezione dei media come specchi introflessi in cui riflettersi narcisisticamente, piuttosto che strumenti attraverso i quali scoprire il mondo e relazionarsi con l’altro da sé. Non è contraddittorio quindi il dato che emerge da una rilevazione del Censis secondo cui la solitudine è oggi una componente strutturale della vita delle persone: il 47% degli italiani dichiara di rimanere solo durante il giorno per una media quotidiana di solitudine pari a 5 ore e 10 minuti.
È come se ogni italiano vivesse in media 78 giorni di isolamento in un anno, senza la presenza fisica di alcuna altra persona.

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