Salute e benessere

Centinaia di farmaci innovativi allo studio ma la spending review ne rallenta la diffusione

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Una questione di etica: quando la lotta è fra salute e finanza. Il Censis ha presentato i risultati del Monitor Biomedico 2015, realizzato nell’ambito del Forum per la Ricerca Biomedica

Negli ultimi trent’anni la speranza di vita è aumentata di 6,5 anni per le donne e di 8 anni per gli uomini, raggiungendo rispettivamente 85 e 80 anni in media. Nel tempo la sopravvivenza a molte patologie, sia acute che croniche, è migliorata significativamente e ciò proprio grazie al progresso della scienza. Nonostante ci siano attualmente allo studio centinaia di farmaci innovativi per curare molte malattie e la domanda di cure sempre più efficaci continui a crescere, le procedure autorizzative e la spending review ne rallentano la diffusione. Intanto il 35% degli italiani si lamenta della copertura pubblica dei farmaci, che ritiene insufficiente, e il 79% degli italiani ritiene che siano troppi i medicinali per patologie gravi a carico dei pazienti.

In Italia servono in media 427 giorni dopo l’approvazione a livello comunitario prima che un farmaco arrivi ad essere effettivamente commercializzato. E questo dopo una media di ben 15 anni di ricerca dal momento in cui viene scoperto un nuovo principio attivo. Tempi biblici dunque che forse possono sembrare “normali” a chi è in buona salute ma se ci mettiamo nei panni di chi ha una malattia e intravvede nella ricerca una speranza di guarigione, allora possiamo comprendere la gravità del problema. Ma non tutti gli italiani sono insensibili e nella maggioranza comprendono questa situazione, soprattutto perché temono che una malattia grave possa colpirli – sé stessi o un proprio familiare. Le malattie che gli italiani temono di più oggi sono:

  • i tumori (62,6%),
  • quelle che provocano la non autosufficienza (30,7%), 
  • le patologie cardiovascolari (28,3%), 
  • quelle neurologiche e le demenze (26,3%).

Queste percentuali sono quelle che emergono dall’indagine “Monitor Biomedico 2015”, condotta periodicamente dal Censis nell’ambito del Forum per la Ricerca Biomedica che fa il punto sulle questioni chiave della sanità italiana. La ricerca indaga sulle aspettative e le percezioni degli italiani riguardo i campi della Sanità pubblica. Ad esempio esse rivelano che gli italiani hanno aspettative elevate nei confronti dei farmaci i quali – secondo le loro opinioni – devono principalmente:

  • guarire dalle malattie (lo pensa il 36,7%), 
  • contribuire a migliorare la qualità della vita (20,9%), 
  • aiutare a convivere in modo accettabile con le patologie (19,5%).

È invece problematica, come anticipavamo, la percezione degli italiani relativa alla copertura pubblica dei medicinali. La disponibilità di farmaci garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale è giudicata insufficiente dal 35,2% dei cittadini (e la percentuale sale al 53,8% tra le persone meno istruite). Il 78,8% ritiene che sono troppi i farmaci necessari per patologie gravi a carico dei pazienti. L’83% pensa che il ticket penalizzi le persone malate. Il 58% dichiara di aver subito un aumento della spesa di tasca propria per la sanità negli ultimi anni. E il 65% indica proprio i farmaci come voce di spesa in aumento a carico delle famiglie. Oggi è pari al 27,6% la quota di italiani che hanno ridotto l’acquisto di farmaci da pagare di tasca propria.

La ricerca e i nuovi farmaci

Per rendere disponibile un nuovo farmaco sono necessari circa 15 anni di ricerca.
Solo una nuova molecola ogni 10.000 sperimentate supera con successo i molti test necessari per essere approvata come medicinale. Ma poi, alla fine di questo percorso, in Italia sono troppo lunghi i tempi per accedere ai nuovi farmaci, dopo che sono stati approvati a livello comunitario: 427 giorni in media, contro i 364 della Francia, i 330 della Spagna, i 109 del Regno Unito.

La ricerca in campo oncologico è la più diffusa nel mondo: si prevede che al 2018 gli studi in fase di sperimentazione clinica saranno concentrati per il 38% sull’oncologia, mentre tutti gli altri settori si manterranno sotto la soglia del 10%. Anche in Italia la sperimentazione sulle patologie neoplastiche costituisce il principale ambito di ricerca. Nel nostro Paese nel 2012 erano in corso 697 studi clinici per la sperimentazione di farmaci innovativi, finanziati per il 67,7% dalle imprese e per il 32,3% da enti non profit. Nel 2013 il numero degli studi clinici in corso era pari a 583, con una concentrazione prevalente nell’area delle neoplasie (35%). Sono poi allo studio 403 prodotti biotecnologici, di cui 169 in area oncologica.

Gli investimenti in ricerca e sviluppo promossi dall’industria farmaceutica in Italia ammontano a 1,2 miliardi di euro, pari al 4,2% degli investimenti totali effettuati in Europa, mentre il numero degli addetti impiegati in tali attività è pari a 5.950 (il 5,5% del totale). Nei principali Paesi europei si investono più risorse (in Germania il 19,1% degli investimenti in ricerca e sviluppo europei, il 18,1% nel Regno Unito, il 15,3% Francia) e si impiega un numero di addetti superiore (il 21,2% nel Regno Unito, il 18,8% in Germania, il 18,7% in Francia).

I costi dei farmaci innovativi

Resta irrisolto il problema della sostenibilità dei costi a circo del Servizio Sanitario Nazionale per i farmaci innovativi. Si tratta di costi elevati, soprattutto quando la platea dei pazienti destinatari è ampia. Gli investimenti diretti possono superare un miliardo di euro, arrivando a 2,6 miliardi se si aggiunge il costo del capitale investito nella ricerca. Ma solo 2 farmaci innovativi su 10 consentono di ammortizzare i costi di ricerca e sviluppo. Il recente caso del farmaco anti-epatite C (Sofosbuvir) è emblematico. Il costo di un ciclo terapeutico è pari a 37.000 euro per le strutture pubbliche, ma lo stanziamento aggiuntivo del governo per questa terapia è stato finora di circa un miliardo di euro per due anni, che si ritiene permetterà di coinvolgere circa 50.000 malati, rispetto a una platea complessiva stimata in circa 1,5 milioni di persone ha hanno contratto il virus e a un numero di malati con diagnosi di epatite C superiore a 300.000.

(D.M.)

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