Studi e ricerche

Il sistema dei farmaci generici in Italia

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Uno studio presentato nella prima settimana di maggio a Roma realizzato da Nomisma per AssoGenerici mette in luce un aspetto troppo spesso trascurato: il rilancio della crescita industriale sostenibile del Paese razionalizzandone le spese

Quello dei farmaci generici può rappresentare un sistema virtuoso da attivare a vantaggio del nostro Paese. Questo il primo commento di Nomisma nel presentare lo studio dal titolo “Il sistema dei farmaci generici in Italia – Scenari per una crescita sostenibile” realizzato per l’associazione nazionale industrie farmaci generici. Si tratta del primo studio scientifico di questa portata realizzato in Italia e, assieme ad un’analisi approfondita dello status quo, mostra un aspetto diverso rispetto al solito, ovvero quello del rilancio della crescita industriale del Paese. Infatti “l’approccio che abbiamo utilizzato tiene insieme la questione del rilancio della crescita industriale del Paese con le ineludibili necessità di razionalizzazione della spesa” ha spiegato Federico Fontolan di Nomisma “ricercando, all’interno delle complesse dinamiche che interessano il sistema del mercato, delle regole e dei comportamenti in ambito farmaceutico, i possibili sviluppi potenziali che consentano alla specifica categoria dei farmaci generici di esercitare il migliore impatto possibile sul sistema-paese”. 

A questo scopo è stata condotta un’indagine su un campione rappresentativo di cittadini/pazienti, medici e farmacisti, che ha evidenziato quanto diffidenze e preconcetti siano ormai solo un ricordo ma restino semmai da superare abitudini consolidate, soprattutto nella prescrizione, che non hanno più ragione di essere.

Dallo studio arriva la conferma che il farmaco generico ha rappresentato “un elemento fondamentale per il contenimento della spesa farmaceutica”.
Eppure finora la vendita di farmaci generici rappresenta soltanto il 30% circa delle vendite complessive di farmaci a brevetto scaduto. Rimuovendo gli ostacoli che ancora ne impediscono lo sviluppo, il farmaco generico “potrebbe rappresentare una risorsa fondamentale anche per il singolo cittadino. Infatti, se tutti i farmaci che gli italiani acquistano direttamente (OTC, SOP e farmaci di fascia C soggetti a prescrizione, inclusa la fascia A dove il cittadino paga il differenziale di prezzo con il farmaco di marca) fossero generici, il risparmio che i cittadini otterrebbero arriverebbero di 1,4 miliardi di euro ogni anno”.

Il risparmio della spesa sui farmaci da parte dei cittadini andrebbe ad alimentare – secondo una propensione media al consumo calcolata dalla Banca d’Italia – i consumi in altri settori dell’economia.
Il risparmio potrebbe arrivare anche a 700 milioni di euro e fornirebbe una bella spinta all’economia nazionale, ben superiore a quella di misure “di stimolo” oggi in discussione, ottenibile senza ridurre l’accesso a un bene indispensabile come il farmaco ma semplicemente reindirizzandolo.

La politica potrebbe rimuovere gli ostacoli che ancora frenano il settore del farmaco equivalente e questo potrebbe “determinare un aumento del turnover industriale nazionale fino a 540 milioni di euro circa, con un aumento dell’occupazione fino a quasi 20.000 addetti aggiuntivi tra settore produttivo e indotto”. Questi calcoli sono stati fatti solo sulla base delle scadenze brevettuali che si attendono da oggi al 2020, che interessano farmaci che oggi generano un fatturato di 2,1 miliardi di euro.
Ricordiamo infatti che i farmaci equivalenti (un tempo noti come farmaci generici) possono essere prodotti dalle aziende farmaceutiche specializzate solo dopo la scadenza del brevetto registrato dal “marchio principale”. Una volta scaduto il termine, ogni azienda può produrre la stessa medicina, dandole un altro nome di fantasia, utilizzando gli stessi principi attivi.

Il presidente di AssoGenerici, Enrique Häusermann, spiega che “rimuovere gli ostacoli che ancora oggi incontrano le industrie europee del generico, per esempio permettendo la produzione per l’esportazione anche nel periodo di vigenza del brevetto verso Paesi dove il brevetto è già scaduto, potrebbe favorire lo sviluppo dell’apparato produttivo nazionale, l’aumento dell’occupazione, come dimostrato dallo studio di Nomisma, e anche migliorare la performance dell’economia nazionale. Non si tratta di andare a discapito degli altri attori dell’industria farmaceutica, anzi, ma di dare una nuova chance di sviluppo industriale a tutto il settore manifatturiero farmaceutico del nostro Paese”.

“Mi sembra evidente” dice il presidente di AssoGenerici Enrique Häusermann “dalle conclusioni dello studio che se il farmaco generico ha rappresentato per la sanità italiana un’ancora di salvezza, lo ha fatto pur non esprimendo appieno tutto il suo potenziale. Di questo dovrebbe tenere conto il decisore politico alla ricerca di ulteriori risparmi, anziché ipotizzare soluzioni draconiane di breve incidenza sui bilanci ma molto rischiose per il comparto farmaceutico”.

I tagli alla spesa per quanto riguarda il settore della Sanità hanno in effetti sempre messo in apprensione i cittadini, giustamente preoccupati, senza però dare vero impulso alla ripresa economica. Häusermann si è mostrato soddisfatto dei risultati dello Studio (di cui alleghiamo un estratto all’articolo) “anche perché confermano che quanto abbiamo sostenuto in questi anni – la necessità di rivedere i meccanismi di pay-back , di eliminare il patent linkage come impone l’Europa e di promuovere il ricorso a farmaci equivalenti e biosimilari – non è soltanto funzionale ai legittimi interessi di un settore produttivo, ma rappresenta un elemento chiave per conciliare la tutela della salute e le compatibilità di bilancio, il rilancio dell’economia e il welfare, la concorrenza e la salvaguardia dei diritti del cittadino”.

I RISULTATI DELLO STUDIO

Nomisma chiarisce che, nonostante si tratti di farmaci assolutamente equivalenti agli originatori, gli esiti di mercato dei generici non hanno ancora raggiunto il loro massimo potenziale: ad oggi rappresentano poco più del 13% della spesa farmaceutica di classe A.
L’analisi ha avuto l’obiettivo quello di indagare il funzionamento del sistema dei farmaci generici in Italia e di individuare elementi di base per uno sviluppo del comparto per la fase di crescita del Paese che tengano conto sia dell’esigenza di crescita industriale del Paese sia del bisogno di una razionalizzazione della spesa farmaceutica che non impatti negativamente sulla qualità delle cure.

È stata realizzata un’analisi a più livelli: partendo dallo studio dello “stato di fatto” odierno, sono state avanzate alcune ipotesi e simulazioni di scenario sul futuro prossimo andando a misurare il potenziale di sviluppo industriale che le imprese produttrici di farmaci generici potrebbero generare nei prossimi anni, individuando quali azioni potrebbero favorire questo processo di crescita. Secondo quanto emerge dalla ricerca, gli esiti di mercato sono influenzati innanzitutto dal comportamento di chi prescrive, vende e utilizza i farmaci. Lo studio ha dunque voluto esplorare, attraverso tre distinte indagini dirette, le esperienze di medici, farmacisti e pazienti rispetto ai farmaci generici.

Da questa indagine, secondo Nomisma, è emersa una fotografia decisamente sbilanciata: da una parte, tra i pazienti che hanno fatto uso di farmaci negli ultimi dodici mesi, la maggioranza conosce i farmaci generici (90%) e molti ne hanno fatto uso almeno una volta (72%); dall’altra l’elevato numero di autorizzazioni all’immissione in commercio induce molti medici a seguire pattern prescrittivi consuetudinari. Sembra esistere, infatti, un “vuoto informativo” tra medico e produttori di farmaci generici che incide negativamente sulla capacità di penetrazione dei medicinali equivalenti, tanto che il mercato dei farmaci fuori brevetto è ancora oggi dominato dai farmaci “di marca”.

Ma cosa succederebbe se invece aumentasse il consumo dei farmaci generici? Uno degli effetti sarebbe la riduzione della spesa pubblica a fronte di un aumento delle confezioni vendute, poiché l’introduzione di un farmaco generico porta a una riduzione del prezzo per confezione pari mediamente al 60% ad un anno dall’ingresso sul mercato.
Oltre al risparmio pubblico, particolare rilevanza ha quello privato: se i pazienti sostituissero tutti i farmaci utilizzati con i rispettivi generici al prezzo più basso, sarebbe possibile ottenere oltre 1,4 miliardi di euro di risparmi privati, a parità di confezioni vendute. Questo porterebbe ad un incremento dei consumi in altri settori dell’economia che, nell’ipotesi massima, sarebbe di circa 700 milioni di euro.

Effetti ugualmente rilevanti – aggiunge Nomisma – sono esercitati sul tessuto produttivo: tra il 2005 e il 2013 il comparto dei generici ha attivato investimenti, valore aggiunto e occupazione in misura relativamente maggiore rispetto al settore di riferimento, mostrando come i possibili impatti positivi possano andare ben oltre un semplice effetto di razionalizzazione della spesa pubblica.

Quale scenario per il futuro? Il risparmio pubblico che sarà ottenibile semplicemente grazie al processo di genericazione sarà di oltre 1,1 miliardi di euro tra il 2015 e il 2020. Il dato certo – sempre secondo Nomisma – è che tra il 2015 e il 2020 andranno in scadenza brevettuale prodotti che valgono, a livello nazionale, oltre 2,1 miliardi di euro.
Ma quanto questo potenziale mercato è a disposizione delle imprese di generici? secondo Nomisma gli esiti industriali di questo processo potranno essere molto differenti a seconda degli orientamenti delle politiche adottate. In un primo scenario, di base, ovvero senza interventi, il processo di genericazione attiverebbe nel periodo 2015-2020 un turnover manifatturiero cumulato di 87 milioni di euro e produrrebbe 4.361 posti di lavoro addizionali (diretti ed indiretti).
In un secondo scenario in cui si ipotizza, attraverso ad esempio un provvedimento di manufacturing provision che permetta alle imprese di generici di produrre anche prima della scadenza brevettuale (con l’obiettivo di migliorare il time-to-market e di esportare in quei Paesi in cui i brevetti sono già scaduti), il turnover manifatturiero potenziale arriverebbe ad oltre 175 milioni di euro e produrrebbe 8.721 posti di lavoro addizionali.
Infine, in un terzo scenario, si ipotizza che, se i trend di acquisizione di quote di mercato e andamento dei prezzi dei generici in Italia si allineassero a quelli di altri grandi mercati europei (ad esempio attraverso il superamento di alcuni ostacoli specifici al mercato italiano quali gli elementi di patent linkage, i meccanismi di payback, i pattern prescrittivi consuetudinari), il turnover manifatturiero potenziale sarebbe di oltre 319 milioni di euro e i posti di lavoro addizionali 15.851.

“I dati raccolti” spiegano i rappresentati di Nomisma “hanno messo bene in luce la necessità di guardare e di programmare lo sviluppo del comparto nei prossimi anni attraverso un’ottica di politica industriale ancor prima che di spesa pubblica. Attraverso una politica industriale mirata sarebbe infatti possibile favorire una maggiore crescita della produzione industriale farmaceutica in Italia ed in Europa, con conseguente attivazione di investimenti e occupazione, miglioramento della percezione dei generici e maggiori risparmi privati, incremento della competitività delle nostre imprese, in un contesto di sistema produttivo Italian-based, territoriale e trasparente”.

pdf Scarica l’estratto dello studio Nomisma

(D.M.)

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