Salute e benessere

Come prevenire il Citomegalovirus nelle donne incinte

ciuccio del biberon

Uno studio condotto dall’ospedale Sant’Anna di Torino e dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia ha scoperto come prevenire nelle donne incinte l’infezione

Il metodo è piuttosto semplice: si tratta di usare delle norme igieniche piuttosto banali come lavarsi le mani, evitare di baciare i bambini piccoli sulla bocca o sul viso, evitare di usare e condividere posate o stoviglie usate da bambini. Il punto è che sono proprio i bambini al di sotto dei 3 anni i portatori di questo virus, abbondantemente presente nelle loro urine e nella loro saliva. Per questo una delle più frequenti modalità di infezione è quella di portarsi inavvertitamente alla bocca mani o oggetti contaminati. Sono pertanto considerate più a rischio di infezione le donne che hanno già dei bambini piccoli: i due terzi di tutte le infezioni primarie (contratte per la prima volta) avventono infatti nelle donne alla seconda gravidanza o alle successive.

Le gestanti sieronegative, ossia suscettibili di infezione primaria, che hanno frequenti contatti con bambini piccoli per ragioni familiari o di lavoro sono a elevato rischio di contrarre il Citomegalovirus.  Questa infezione può essere trasmessa al feto che portano in grembo, il quale può sviluppare sordità e ritardo psicomotorio congenito e poi – nel 10/20% dei casi – altri sintomi più o meno gravi nei primi di vita.
Ogni anno in Italia nascono circa 2.000 bambini con questa infezione congenita, 35.000 in Europa, a causa della “disattenzione” o dell’ignoranza della madre.

Essere informate è la prima forma di prevenzione e lo studio lo ha confermato pienamente. Rivolto a ben 9.000 gestanti che sono state informate sui principi di igiene da applicare: lavarsi frequentemente le mani; non baciare i bambini piccoli sulla bocca o sulla faccia o sui piedini (i neonati spesso se li portano alla bocca); non condividere stoviglie, posate, biancheria,  cibi e bevande; non portare alla propria bocca qualunque cosa possa essere stata nella bocca del bambino (ciucci, biberon, giocattoli, ecc.).
Un gruppo di controllo di 100 donne non informate di queste accortezze (che solitamente usiamo, ma che – chissà per quale ragione – le neo-mamme non usano nei confronti dei loro piccoli) è stato utilizzato per verificare i risultati.
Il risultato è stato che il 9% delle donne del gruppo di controllo ha contratto il virus mentre delle gestanti informate solo una su 100 lo ha contratto (1%).
Per quanto riguarda l’impegno richiesto dall’applicazione delle norme igieniche, il 93% delle donne coinvolte nello studio ha dichiarato che si trattava di raccomandazioni igieniche del tutto proponibili alle donne a rischio di infezione.

La ricerca è stata condotta presso la clinica ostetrico-ginecologica universitaria del Sant’Anna della Città della Salute e della Scienza di Torino, e presso la Fondazione IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia. L’obiettivo era quello di valutare l’efficacia e l’accettabilità di un intervento basato sull’identificazione a inizio gravidanza delle donne ad alto rischio di infezione da citomegalovirus e sulla loro informazione.
I ricercatori dell’Università di Torino erano coordinati dalla professoressa Tullia Todros e dalla dottoressa Cecilia Tibaldi, quelli dell’università di Pavia erano coordinati dal professor Giuseppe Gerna e dalla dottoressa Maria Grazia Revello.
Lo studio è già stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale EBioMedicine: potete leggerlo in allegato.

pdf Scarica l’articolo scientifico!

(D.M.)

Potrebbe interessarti