COMUNICAZIONE

L’economia va meglio, ma non gli investimenti pubblicitari

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Segna -2,8% l’andamento del mercato degli investimenti pubblicitari

A cura di Americo Bazzoffia,
libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata

Fine della recessione e della deflazione in Italia? A mettere la parola fine davanti alle due sciagure dell’economia è stata poco tempo fa l’Istat, che non solo ha registrato un “Prodotto interno lordo” in crescita nel primo trimestre ma ha visto in positivo anche il secondo. La raffica di dati e stime dell’Istat è stata quindi caratterizzata dal segno più: al Pil di gennaio-marzo, certificato a +0,3%, l’aumento più significativo da quattro anni, si aggiunge quello tra aprile e giugno (+0,2%). Due rialzi consecutivi che decretano la fine della fase recessiva anche in termini tecnici.
Purtroppo però tutto ciò non si è riverberato nel settore degli investimenti pubblicitari.
Pessimo segnale. Infatti, nel primo semestre 2015 come rilevato dalla Nielsen, l’andamento della pubblicità registra un calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. Il mercato degli investimenti pubblicitari, infatti, evidenzia una diminuzione del fatturato (-10,2%) per il singolo mese di giugno, con un saldo negativo di circa 94 milioni.

Il sensibile calo secondo Nielsen è dovuto prevalentemente alla presenza dei mondiali di calcio nel mese di giugno 2014. Aggiungendo anche la stima della raccolta sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato chiuderebbe il semestre dell’anno a -0,2%.

Come spiega Alberto Dal Sasso, Advertising information service business director di Nielsen “Nulla di inaspettato e non previsto. Il picco negativo del 2015, anno dispari dopo l’evento calcistico per eccellenza, è come sempre giugno. Sostanzialmente la TV torna ai livelli di giugno 2013 e per gli altri mezzi, a grandi linee, il risultato è speculare rispetto al giugno scorso, quindi nulla cambia nel percorso verso fine anno”.

Relativamente ai singoli mezzi, la TV, che risente maggiormente dell’assenza dei mondiali di calcio, registra un decremento del 14,3% per il singolo mese e chiude il periodo cumulato gennaio – giugno a -3%.
In lieve segno negativo i periodici, che registrano un calo dell’1,9% nel mese di giugno, chiudendo il semestre a -3,4%.
La presenza dei mondiali di calcio nel 2014 si ripercuote anche sull’andamento dei Quotidiani, che registrano un mese di giugno in segno negativo (-17,2%) e chiudono il semestre a -8%.
Continua l’andamento positivo della radio che chiude il mese di giugno a +16,5% e il periodo consolidato gennaio – giugno a +7,5%, rimanendo sensibilmente al di sopra della media del mercato.
Internet, relativamente al perimetro attualmente monitorato, torna in negativo a giugno (-6,9%), con un decremento del 3,1% sul semestre.
Sulla base delle stime di Nielsen relative al totale del web advertising, aggiungendo dunque la porzione di mercato non monitorata, il digitale crescerebbe dell’8% per il periodo gennaio – giugno 2015.

Per quanto riguarda i settori merceologici, se ne segnalano 9 in crescita o intorno alla parità, con un apporto di circa 58 milioni di euro.
Per i primi comparti del mercato si registrano andamenti differenti nel semestre: alla crescita di alimentari (+4%, circa 17,2 milioni) e farmaceutici (+5,2%, circa 8,9 milioni), si contrappone il calo di finanza/assicurazioni (-2,9%, circa 5,1 milioni), automotive (-3,3%, circa 11,2 milioni) e telecomunicazioni (-12,5%, circa 25,1 milioni).
I maggiori apporti alla crescita arrivano da servizi professionali (+16,8%), gestione casa (+4,1%), oggetti personali (+5,1%) ed enti/istituzioni (+9,2%).

Restiamo trepidanti in attesa dei dati del secondo semestre 2015, cercando di capire quanto e se la ripresa dell’economia rilevata dall’ Istat possa tramutarsi in un effettivo rilancio negli investimenti pubblicitari. È molto probabile che il dato tendenziale del 2015 sia pari a quello del 2014, e ciò non è certamente positivo.
Il perpetuarsi di una stagnazione degli investimenti pubblicitari è indicatore di più aspetti negativi: il primo e più evidente è legato alle imprese di pubblicità, agenzie e concessionarie, che chiaramente vivono un periodo di forte crisi e contrazione.
Il secondo aspetto è legato ai settori collegati che vivono degli investimenti pubblicitari (quotidiani, reti televisive, editori, canali radiofonici, ecc.) che chiaramente vedono una contrazione degli utenti di pubblicità.
Il terzo aspetto è legato al mercato dei consumi interni, quello nazionale, che risente della percentuale a doppia cifra della disoccupazione, e che non riesce a rappresentare un mercato interessante e appetibile.  
Tempo fa scrissi che il settore è in attesa dell’ “uomo della pioggia”, lo è ancora…

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