COMUNICAZIONE

La scuola e la consapevolezza delle tecnologie della comunicazione digitale

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Gli operatori dell’ information and commmunication tecnology permetteranno alla scuola di convogliare un flusso di conoscenze che trasformeranno i giovani in consumatori e cittadini digitali sempre più avveduti 

A cura di Americo Bazzoffia, libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata

Che i giovani usino le tecnologie digitali e le possibilità offerte da internet e dai social network è ormai una realtà innegabile. Per loro si è coniata la definizione di “nativi digitali”, che evidenzia come l’humus culturale che li ha contraddistinti fin dalla nascita è riferibile al mondo strutturato sul codice binario. 

Eppure proprio nella scuola e dalla scuola si sente fortemente la necessità di colmare le emergenze digitali del sistema formativo italiano. Nasce così il Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), che è stato presentato lo scorso 27 ottobre dalla Ministra dell’Istruzione Stefania Giannini per guidare le scuole in un percorso di innovazione e digitalizzazione, come previsto nella riforma della Scuola. Il documento ha la finalità di introdurre le nuove tecnologie nelle scuole ed estendere il concetto di scuola dal luogo fisico a spazi di apprendimento virtuali. Non solo, il PNSD affronta tutti i principali temi critici: le competenze digitali degli studenti e degli insegnanti, i contenuti digital educational , l’amministrazione digitale e l’identità digitale. Per fare ciò è stato creata la figura degli “animatori digitali”.

Come abbiamo visto nell’articolo pubblicato su Donna in Affari nelle scorse settimane, saranno 8.303 queste nuove figure che inizieranno la loro attività nell’ambito della digitalizzazione scolastica. Si tratta di insegnanti di ruolo – particolarmente esperti di digitale – che, adeguatamente formati, svolgeranno un’attività di supporto al proprio istituto. Dovranno, infatti, con il sostengo del dirigente scolastico, affrontare i seguenti aspetti: in primo luogo la formazione degli insegnanti (peraltro finora episodica e carente). Sarà loro compito il coordinamento e lo sviluppo di progetti di formativi incentrati sulla didattica laboratoriale sviluppata con le possibilità offerte dalla information e communication tecnology. Ad esempio potranno sperimentare la metodica della “classe ribaltata” (flipped classroom), e più in generale “metodologie attive” centrate sullo studente e supportate da ambienti virtuali di apprendimento e “classi virtuali” (ad esempio Edmodo, Moodle, Google classroom) o altre piattaforme digitali di creazione e di condivisione di attività didattiche e contenuti digitali per l’apprendimento.

L’animatore, poi, dovrà essere un vero e proprio manager dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. In particolare dovrà coordinare la progettazione di soluzioni architettoniche e logistiche accoglienti, sicure e sostenibili per gli spazi fisici della nuova scuola digitale. Inoltre, dovrà favorire l’attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale attraverso azioni di comunicazione, messa in relazione e coinvolgimento di tutti gli attori della comunità scolastica. L’animatore digitale dovrà avere, cioè, la capacità di stimolare, organizzare e coordinare, anche attraverso la comunicazione digitale e le relazioni istituzionali (sito della scuola, strumenti social, operazioni di marketing territoriale) la partecipazione di tutte le comunità di riferimento della scuola al processo di creazione di una cittadinanza digitale dell’apprendimento attiva e consapevole (in cui non è escluso il fund raising).
Le varie attività andranno aperte e co-progettate con gli stakeholders territoriali (comuni, imprese, fondazioni, banche, biblioteche ecc.) e con le famiglie. I primi con il compito di “mecenati” e “finanziatori” attivi ma anche di attuatori di un circolo virtuoso di alternanza tra scuola-lavoro con le imprese Hi-tech del territorio, le seconde come moltiplicatori e diffusori sociali dei progetti innovativi per facilitare il loro dispiegarsi, diffondersi e radicarsi in una nuova coscienza civica del territorio.

La polizia postale nelle scuole

Molto sta facendo anche la Polizia Postale con dei programmi specifici nelle scuole. Nasce da questa istituzione il progetto “Buono a Sapersi” in cui la Polizia Postale e delle Comunicazioni e Google collaborano per la sicurezza in Rete e l’uso responsabile delle nuove tecnologie con un progetto formativo rivolto alle Scuole Medie Inferiori e Superiori italiane che intende fornire agli studenti, alle loro famiglie e agli insegnanti, i principali strumenti conoscitivi e didattici per garantire una navigazione in Internet consapevole e sicura.
Il progetto si realizza attraverso dei workshop tenuti da operatori tecnicamente preparati, ed ha l’obiettivo di insegnare (ai ragazzi e alle loro famiglie) come sfruttare le potenzialità espressive di internet senza incorrere nei rischi connessi alla violazione della privacy, al caricamento di contenuti inappropriati, alla violazione del copyright e all’adozione di comportamenti scorretti e pericolosi per sé e per gli altri. Molti dei potenziali rischi citati spesso dipendono dalla mancanza di specifica conoscenza delle norme e del codice di condotta di queste realtà sociali online.
scuola-digitaleMentre il progetto “Web in cattedra” ha come obiettivo quello di sensibilizzare e formare gli insegnanti delle scuole secondarie di primo grado tanto da conoscere i rischi e i pericoli della rete e le modalità di protezione per una navigazione sicura, consapevole, responsabile, critica di questa tecnologia, al fine di prevenire fenomeni quali l’adescamento, il reclutamento, il download di immagini e/o video pornografici e pedo-pornografici.
Ed infine, di drammatica attualità, la Polizia Postale realizza nelle scuole anche il progetto “Bullismo, che fare”, progetto dedicato a genitori ed insegnanti sul dilagante e diffuso problema adolescenziale del bullismo e del cyber bullismo.

Mi sia concessa una nota personale: chi scrive questa rubrica è da tempo impegnato come esperto del settore della comunicazione, nello svolgere nelle scuole medie inferiori e superiori corsi mirati per un uso consapevole, sicuro, responsabile e utile della rete internet e dei social networks. L’esperienza personale mi porta a salutare con favore le iniziative elencate, che puntano a sviluppare un’adeguato know how nelle famiglie, tra gli insegnati e nei giovani allievi delle scuole. Esiste tra i giovani una sete di conoscenze digitali che si esprime non come un bisogno consapevole ed evidente, ma piuttosto come un desiderio latente ed inespresso. Infatti tra i giovani c’è sicuramente una generale padronanza del mezzo tecnico, ma ciò che spesso manca a questi ragazzi, e certamente le iniziative esplicitate aiutano in tale direzione, sono la piena consapevolezza dei rischi e la piena consapevolezza delle potenzialità che implica l’uso delle tecnologie della comunicazione digitale. In sostanza, c’è un uso grezzo, a volte ingenuo e immaturo, a volte pigro e inconcludente, a volte puramente ludico e ricreativo, che non viene raffinato, che non si evolve e non fa prendere consapevolezza ai giovani delle opportunità e dei rischi offerti dalla straordinaria epoca che stiamo vivendo: la “prima rivoluzione telematica”.

Certamente il successo di tali iniziative avrà implicazioni notevoli su imprenditori, comunicatori, esperti di web marketing, SEO e SEM di domani. Una sfida avvincente ci potrà attendere, ossia quella di dare un avvenire ad aziende, marche e prodotti, affrontando con intelligenza e onestà un consumatore formato, attento, preparato e consapevole.

 

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