COMUNICAZIONE

Media e Comunicazione: la metamorfosi degli italiani in esseri digitali si è compiuta

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Dopo la fine dell’anno è tempo di bilanci. Attraverso il rapporto Censis, analizziamo usi e linee di tendenza dei consumi dei media degli italiani nel 2015

A cura di Americo Bazzoffia, libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata

È stato recentemente pubblicato il “49° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2015”. Delle molte sezioni in cui questo autorevole rapporto è costituito, ce n’è una particolarmente utile a chi opera nella comunicazione, a chi la deve commissionare comunicazione e a chi deve crearla: è la sezione dedicata “ai media e alla comunicazione”.

Il Rapporto Censis fotografa la situazione del 2015 dei consumi mediatici rivelandoci interessantissime interconnessioni tra la rete e i media tradizionali e profonde trasformazioni nel modo di usare e consumare i mezzi di comunicazione.

La televisione – secondo il Rapporto citato – continua ad essere il medium più diffuso con una quota di telespettatori vicina alla totalità della popolazione italiana (il 96,7%). Ma il consumo di contenuti televisivi sta iniziando a disarticolarsi, infatti aumenta l’abitudine a guardare la tv attraverso i nuovi device: +1,6% di utenza rispetto al 2013 per la web tv, +4,8% per la mobile tv, mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e il 10% degli italiani usa la Smart tv che si può connettere alla rete.

La radio, nonostante la sua veneranda età, si conferma per la sua larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’83,9% degli italiani), ma anche in questo caso il web e i nuovi device ne consentono l’ascolto disarticolando la classica fruizione attraverso l’etere. Infatti, l’ascolto di contenuti radiofonici per mezzo dei telefoni cellulari è stato segnato da un +2% degli utilizzatori, così come via internet (+2%) ancora in ascesa.

Anche gli utenti di internet continuano ad aumentare (+7,4%) rispetto all’anno precedente, raggiungendo una penetrazione del 70,9% della popolazione italiana.
Ciò che colpisce e, deve far riflettere per la progettazione di nuovi contenuti, sono le connessioni mobili che mostrano una grande vitalità: con gli smartphone forti di una crescita a doppia cifra (+12,9%) che li porta oggi a essere impiegati regolarmente da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), e i tablet che praticamente raddoppiano la loro diffusione e diventano di uso comune per un italiano su quattro (26,6%).

Nell’ambito dei contenuti fruibili in rete, aumenta ancora la presenza degli italiani sui social network, che vedono primeggiare Facebook, frequentato dal 50,3% dell’intera popolazione e addirittura dal 77,4% dei giovani under 30, mentre Youtube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e il 10,1% degli italiani usa Twitter.

Informarsi via web

Al tempo stesso, non si inverte il ciclo negativo per la carta stampata, che non riesce ad arginare le perdite di lettori: -1,6% per i quotidiani, -11,4% per la free press, stabili i settimanali e i mensili, mentre sono in crescita i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%).

Non è favorevole l’andamento della lettura dei libri (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell’ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all’8,9% (per quanto in crescita: +3,7%).

I consumi tecnologici

Anche i consumi legati ai mezzi della comunicazione conferma che la trasformazione tecnologica è diventata antropologica perché ormai è entrata dentro di noi ed è stata metabolizzata.
I dati quantitativi sono inequivocabili: Tra il 2007 e il 2014, la voce “telefonia” ha più che raddoppiato il suo peso nelle spese degli italiani (+145,8%), superando i 26,8 miliardi di euro nell’ultimo anno, mentre nello stesso arco di tempo i consumi complessivi flettevano del 7,5%, la spesa per l’acquisto dei libri crollava del 25,3%, le vendite giornaliere di quotidiani passavano da 5,4 a 3,7 milioni di copie (-31%).
Gli italiani hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere di “disintermediazione”, che ha significato un risparmio netto finale nel loro bilancio personale e familiare.

Risparmiare grazie a internet

Usare internet per informarsi, per prenotare viaggi e vacanze, per acquistare beni e servizi, per guardare film o seguire partite di calcio, per svolgere operazioni bancarie o entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche, ha significato spendere meno soldi, o anche solo sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa. Gli utenti di internet si servono sempre di più di piattaforme telematiche e di provider che consentono loro di superare le mediazioni di soggetti tradizionali. Si sta così sviluppando una economia della disintermediazione digitale che sposta la creazione di valore da filiere produttive e occupazionali consolidate in nuovi ambiti. La ricerca in rete di informazioni su aziende, prodotti, servizi coinvolge il 56% degli utenti del web. Segue l’home banking (46,2%) e un’attività ludica come l’ascolto della musica (43,9%, percentuale che sale al 69,9% nel caso dei più giovani). Fa acquisti su internet ormai il 43,5% degli utenti del web, ovvero 15 milioni di italiani. Guardare film (25,9%, percentuale che sale al 46% tra i più giovani), cercare lavoro (18,4%), telefonare tramite Skype o altri servizi voip (16,2%) sono altre attività diffuse tra gli utenti di internet.

Nativi digitali versus morenti analogici

In questa trasformazione c’è un aspetto che cesella il Rapporto Censis, e che segna inequivocabilmente, la trasformazione imposta dalla “Rivoluzione telematica”, lo scarto generazionale tra giovani e anziani nell’uso delle nuove tecnologie.
Digital Natives e Digital Immigrants, per utilizzare la celebre definizione di Marc Presky, fanno apparire la popolazione anziana del paese (che potremmo definire come Dying analog ossia “morenti analogici”) una sorta di riserva indiana disgiunta ed estranea ai contenuti offerti dalla rete e dalle nuove tecnologie delle comunicazione. I dati del confronto diretto tra giovani ed anziani è contrassegnato da distanze spropositate. Infatti, tra i giovani la quota di utenti della rete arriva oggi al 91,9%, mentre è ferma al 27,8% tra gli anziani. L’ 85,7% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 13,2% dei secondi. Il 77,4% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 14,3% degli over 65. Il 72,5% dei giovani usa Youtube, come fa solo il 6,6% degli ultrasessantacinquenni. I giovani che guardano la web tv (il 40,7%) sono un multiplo significativo degli anziani che fanno altrettanto (il 7,1%). Il 40,3% dei primi ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, dieci volte di più dei secondi (4,1%). E mentre un giovane su tre (il 36,6%) ha già un tablet, solo il 6% degli anziani lo usa.

Il divario tecnologico tra PA e cittadini

Oltre al divario tra giovani ed anziani nell’uso della rete, c’è l’altro aspetto estremamente importante e drammatico: il divario che nasce tra una Pubblica Amministrazione Digitale inadeguata e la popolazione. In Italia il numero di utenti di internet che interagiscono via web con gli uffici pubblici attraverso la restituzione di moduli compilati online è ancora totalmente insoddisfacente (solo il 18%), sia se lo confrontiamo con la media dell’UE (che si attesta al 33%), sia se lo confrontiamo con il suo tasso di crescita, aumentato di appena un punto percentuale rispetto all’anno precedente. Anche se si considera l’intero ventaglio dei portali internet delle amministrazioni pubbliche, il nostro Paese dimostra comunque un ritardo nel panorama europeo: ha avuto contatti con la PA il 36% degli internauti italiani, una percentuale inferiore di almeno 20 punti rispetto ai francesi (74%), ai tedeschi (60%) e agli inglesi (56%).
Tra le operazioni più frequenti figurano il pagamento delle tasse (26,3%), l’iscrizione a scuole superiori e università (21,4%), l’accesso ai circuiti bibliotecari (16,9%). Un basso tasso di utilizzo si registra, invece, con riferimento alle pratiche degli uffici anagrafici, visto che si va dal 10,2% di cittadini digitali che richiedono documenti personali (come la carta di identità o il passaporto) all’esiguo 1,9% di coloro che dichiarano di aver effettuato online il cambio di residenza, mentre la richiesta di certificati riguarda il 6,5% degli italiani che usano internet.
Il ricorso al canale digitale non è significativo nemmeno per la richiesta di prestazioni di previdenza sociale (sussidio di disoccupazione, pensionamento, assegni per figli a carico, ecc.), attivato solo dall’11,9% degli utenti di internet.
Infine, la sanità digitale rimane ancora indietro, se solo il 16,7% degli utenti del web ha prenotato online visite mediche e il 10,6% accertamenti diagnostici. E risulta ancora molto limitato anche l’accesso al fascicolo sanitario elettronico (7,6%).
Ma almeno sorprende positivamente che l’esperienza di fruizione degli sportelli pubblici online non lascia una impressione negativa nell’utenza. Infatti, solo il 9,9% degli utenti di internet che si sono relazionati online con la Pubblica Amministrazione si lamenta per la mancata assistenza, solo il 19,6% segnala disguidi tecnici, solo il 22,9% dichiara di aver trovato informazioni poco chiare o non aggiornate.

Dunque la rete ci sta mutando, perché: sta cambiando il modo di utilizzare i contenti e le risorse presenti nel web; sta cambiando il modo di fruire i contenuti dei media preesistenti; sta rendendo una parte della popolazione, quella più anziana, sempre più vetusta, aliena, lontana e povera di contenuti e di accessi; sta amplificando e rendendo sempre più intollerabili i ritardi nella transizione digitale della Pubblica Amministrazione.

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