Diritti

Inform[A]zione Libera contro il carcere per i giornalisti: una battaglia per difendere il diritto di tutti alla verità

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Il 15 Giugno 2016, in Piazza di Montecitorio, ha avuto luogo la manifestazione organizzata dal Comitato “Inform[A]zione Libera”, contro il carcere ai giornalisti, previsto dalla Legge 47 del 1948 e dal Codice Penale, per il reato di diffamazione a mezzo stampa

Testi di Annalisa Marcozzi e Patrizia Del Vescovo
Video di Cristina Montagni e Daniela Molina

L’azione dimostrativa, che ha avuto tra i principali fautori le testate “Donna in Affari”, “Nuova Opinione Italiana” e “MasMan Communication”, ha visto la partecipazione di giornalisti provenienti da tutta Italia e non è mancata la presenza del Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, del Vice Presidente Santino Franchina, del Segretario Nazionale Paolo Pirovano e di consiglieri nazionali venuti appositamente non solo da Roma ma anche dalla Campania, dall’Emilia Romagna e dall’Umbria. Presenti anche giornalisti come Giulietto Chiesa, ex europarlamentare famoso per molte battaglie di ideali e rappresentanti di molte testate e agenzie di stampa. La manifestazione ha ricevuto il supporto mediatico di molti giornali, come ad esempio Il Fatto Quotidiano, e di agenzie come l’ANSA o Agenparl. Non solo la categoria però è stata coinvolta: l’importanza di una stampa libera da condizionamenti ha richiamato anche privati cittadini e associazioni, tra cui Codici, Libera, Mille Donne per l’Italia, Irideventi, Ram, Flidon, Associazione nazionale Giuseppe Garibaldi, Associazione Tutela dei diritti e solidarietà.

Una campagna capillare di sensibilizzazione e invito alla partecipazione era partita dai componenti del Comitato organizzatore (Antonio Di Giovanni, direttore di NOI – La Nuova Opinione Italiana, Massimo Manfregola, titolare dell’agenzia MasMan Communication e Daniela Molina, direttrice di “Donna in Affari” e membro del Comitato organizzatore nonché consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti) nelle settimane precedenti la manifestazione, rivolta a tutti i colleghi giornalisti, ai direttori della maggiori testate nazionali e a tutti gli interessati. Sono stati contattati personalmente ad esempio Marco Travaglio, Milena Gabanelli, Luigi Contu, Giuseppe D’Avanzo, Sergio Rizzo, ecc.
Il messaggio è stato raccolto e rilanciato da vari quotidiani nazionali e testate locali, nonché dalla stampa estera, che con articoli sull’iniziativa hanno dato il loro contributo alla diffusione delle motivazioni alla base della mobilitazione.

Dichiarazioni del comitato organizzatore from DonnainAffari on Vimeo.

Dalle ore 16:00 alle ore 19:00 del 15 Giugno i manifestanti hanno preso posto davanti al Parlamento e con striscioni, cartelli e megafono, al grido “no al carcere per i giornalisti”, hanno espresso tutta la loro contrarietà ad una norma incostituzionale.
Un susseguirsi di posizioni autorevoli, dichiaratamente a difesa della libertà di stampa hanno supportato la platea e richiamato l’attenzione anche di rappresentanti istituzionali di passaggio sulla piazza, che si sono fermati ad ascoltare le varie voci della protesta e ad interloquire con i presenti.

Contattato personalmente da Daniela Molina ed invitato a partecipare alla manifestazione per dare il proprio contributo informativo sullo stato della proposta di legge che abolisce il carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa, come richiesto più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, il Ministro Enrico Maria Costa è intervenuto (vedi video) in qualità di proponente e primo firmatario della Proposta di Legge. Una posizione, quella del Ministro, tesa a tutelare il lavoro dei cronisti nel suo svolgimento corretto e imparziale.

In questo contesto si inserisce la mobilitazione di giornalisti e associazioni che difendono il proprio diritto ad essere correttamente informati. Nel 2013 la Pdl è stata presentata in Parlamento ma al quarto passaggio si è arenata presso la Commissione Giustizia del Senato dove non se ne discute più dal 9 settembre 2015 (vedi file pdf in allegato). Tre ne sono i punti cardine: l’abolizione della pena detentiva prevista fino a sei anni; un tetto fino ad un massimo di € 50.000 alla sanzione pecuniaria e alle richieste risarcitorie; l’impossibilità di intentare una causa se chi si sente diffamato non ha richiesto prima la rettifica dell’articolo che ritiene offensivo nei suoi confronti.

La non costituzionalità del carcere per i giornalisti è sostenuta non solo dall’articolo 21 della nostra Carta costituzionale ma anche dalle sentenze della Corte di Strasburgo che ha sanzionato l’Italia, facendo pesare l’ammissione del carcere per il reato di diffamazione come un deficit di democrazia.
Non meno importanza nello scenario normativo ha il Codice deontologico dei giornalisti, che tutela la corretta informazione ed il rispetto della verità prevedendo sanzioni tra cui sospensione e radiazione dall’Albo per gli iscritti che non applicano le regole ivi contentute. Sull’applicazione del Codice e delle sanzioni a vigilare è il Consiglio di disciplina, organo indipendente dell’Ordine dei Giornalisti, accogliendo anche le segnalazioni dei cittadini.

informazione-liberaUn’osservazione etica è d’obbligo in materia di diffamazione: quali sono i limiti per non incorrere nel reato? In pratica non ci sono limiti. Il reato di diffamazione è così definito: affinché sussista il reato di diffamazione, procedibile a querela, devono sussistere tre requisiti:
1. assenza dell’offeso (se è presente sussisterà il reato di ingiuria)
2. offesa all’altrui reputazione
3. comunicazione a più persone. Non sussiste quindi il reato di diffamazione nella lesione della reputazione comunicata ad una persona solamente, pur potendo essere ciò sufficiente per richiedere il risarcimento del danno in via civile.

Sia ben chiaro dunque che chiunque possa sentirsi offeso nella reputazione anche per futili motivi o per la diffusione di un fatto vero e già noto, può intentare causa per diffamazione con l’aggravante se “a mezzo stampa”. L’accusato non può addurre come prova a discarico la verità del fatto o la sua notorietà.

Ecco che ci troviamo di fronte ad un rischio reale per una stampa libera e fedele alla verità dei fatti, soprattutto dal momento che questa possibilità di querelare viene utilizzata a scopo intimidatorio con telefonate “preventive” alle redazioni dei giornali.
L’accezione giuridica di diffamazione a mezzo stampa può essere strumentalizzata da chiunque si senta insidiato dal lavoro di un giornalista, presentando querele temerarie (si chiamano così quelle senza alcun fondamento, che sono ormai le più “gettonate”), caratterizzate da richieste risarcitorie milionarie per una presunta lesione di immagine, con lo scopo di bloccare una determinata inchiesta e l’emergere di verità scomode.
Il rischio di andare incontro a cause lunghissime che comportano spese per la difesa legale a carico del giornalista e perdite di tempo, ma anche problemi per il proprio lavoro e macchie sulla sua credibilità (alla base del lavoro giornalistico), è un deterrente dall’occuparsi in maniera obiettiva della realtà e si può evidenziare come un tentativo di imbavagliare e controllare una delle professioni che maggiormente hanno il compito di difendere la democrazia di un Paese.
Gli organi di stampa rappresentano l’unico mezzo di conoscenza di come stiano davvero le cose. Chi controlla gli organi di stampa controlla anche la conoscenza dei cittadini.
Non a caso l’Italia scende sempre più nella classifica mondiale della libertà di stampa.

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