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Ttip, accordo segreto o slancio per l’economia?

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La Commissione europea si appresta ad approvare un accordo commerciale transatlantico dai dubbi contenuti. Il M5S lo definisce “un’occasione persa” ma il Pd chiede tempo prima di giudicare

Un partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti. Pochi sanno cosa sia il Ttip – Transatlantic Trade and Investment Partnership, che la Commissione europea sta negoziando proprio in questi giorni. Si tratta di un accordo commerciale tra Europa e Stati Uniti finalizzato a ridurre le barriere commerciali che limitano lo scambio di prodotti e servizi, senza però sacrificare la sicurezza dei consumatori. Un documento, in fase di negoziazione, che permetterebbe di risparmiare tempo e denaro in una fase di stagnazione dell’economia globale dovuta al persistere della crisi economica, con la convinzione che un accordo su commercio e investimenti tra le due maggiori economie al mondo possa dare impulso alla crescita e all’occupazione.

I fautori del Ttip prevedono una ricaduta sul Pil al 2027 tra i 68 e i 199 miliardi di euro per l’Ue e tra i 50 e i 95 miliardi per gli Usa: questo significherebbe una maggiore ricchezza di 545 euro a famiglia ogni anno. Ma c’è anche chi dice che l’accordo farebbe perdere al budget europeo 2,6 miliardi l’anno.

Il tema che sembra più coinvolgere l’opinione pubblica riguarda l’ambiente e il mondo dell’energia. Usa e Ue hanno normative molto diverse in tema di estrazioni: Greenpeace ha denunciato più volte che l’apertura del nuovo mercato globale potrebbe causare l’abolizione dei limiti per la ricerca di petrolio mediante la tecnica del fracking o ancora facilitare l’esportazione da sabbie bituminose (tecniche ad alto impatto ambientale); anche Legambiente ha espresso forti perplessità sul Ttip invitando alla mobilitazione. Ma la Commissione europea per voce del commissario al Commercio, Cecilia Malmström, ha subito bollato come “una tempesta in un bicchiere d’acqua” le accuse di Greenpeace, precisando che “quello che Greenpeace chiama testo consolidato, non è in alcun modo il risultato del negoziato, non è il testo quindi di un accordo, ma solo l’insieme delle posizioni dei due lati negoziali. Ci sono troppi malintesi”.

Altro capitolo che preoccupa riguarda il cibo e la sicurezza alimentare. Oggi i tempi per ottenere il via libera all’esportazione di prodotti Ue in Usa sono proibitivi: ci sono casi di attesa fino a 12 anni e i dazi talvolta rendono anti-economica l’operazione, superando addirittura il 100 per cento. Il timore però è che l’abbattimento delle barriere apra le porte a prodotti Usa che finora sono vietati: verdure Ogm, carne con ormoni e antibiotici, verdure trattate con pesticidi. Dalla Commissione europea, che ha redatto un documento in cui risponde ad una serie di quesiti sul tema, fanno sapere che l’apertura dei mercati agricoli comporterà dei vantaggi reciproci.

Le leggi sugli Ogm o in difesa della vita e della salute umana e del benessere degli animali come pure le norme sull’ambiente e sugli interessi dei consumatori, non rientreranno nei negoziati. Nessun pericolo, dunque, di trovare nei supermercati europei carne di animali nutriti con ormoni. Gli Usa hanno interesse ad esportare cereali e grano, ma non potranno vendere carne con anabolizzanti e prodotti Ogm non autorizzati. Le leggi europee in materia sono rigorose, come pure quelle sulla salute e il benessere degli animali o dell’ambiente. L’Ue, invece, ha un chiaro interesse a potenziare le vendite negli Stati Uniti dei prodotti alimentari di alta qualità (alcolici, formaggi, prosciutto o cioccolato), eliminando inutili ostacoli tariffari o non tariffari.

Secondo i favorevoli, il Ttip offrirebbe una forte opportunità per l’export verso gli Usa anche e soprattutto per quei Paesi che hanno produzioni di qualità in settori di nicchia come l’Italia: dalla moda ai gioielli, ma anche in cibo e design. Per il fronte del no l’apertura delle frontiere penalizzerebbe invece i prodotti di qualità che si vedrebbero schiacciati dal peso della grandi multinazionali.

Altro capitolo caldo, i diritti dei lavoratori e il tema occupazione. Nelle intenzioni dei promotori l’allargamento dei mercati dovrebbe provocare un aumento dell’occupazione snellendo le procedure e favorendo lo spostamento di forza lavoro. Ma il fronte del no ritiene che questo metta a rischio i diritti dei lavoratori che nel vecchio continente godono di tutele e condizioni migliori.

La Commissione europea rassicura però che le norme europee sull’ambiente e sulla tutela dei consumatori non cambieranno, perché i livelli di protezione non sono negoziabili. Sia l’Ue e che gli Stati Uniti si impegnano a garantire un elevato livello di protezione dei cittadini, ma lo fanno in modi diversi: “noi ci basiamo sulle normative, gli Stati Uniti sulle controversie. Entrambi gli approcci possono essere efficaci. Non si tratta di una gara al ribasso – si legge tra le domande/risposte sul Ttip pubblicate sul sito della Commissione europea –. Rendere più compatibili le nostre normative non significa optare per il minimo comune denominatore, ma piuttosto identificare le aree in cui esistono divergenze inutili. Non si faranno compromessi in materia di sicurezza, tutela dei consumatori o ambiente. Ci sarà una disponibilità a valutare in modo pragmatico la possibilità di fare meglio e in maniera più coordinata alcune cose. Ovviamente, ogni parte si riserva il diritto di regolamentare le questioni relative ad ambiente, sicurezza e salute, nel modo che ritiene opportuno”.

Cosa ne pensano i nostri parlamentari a Bruxelles? Tiziana Beghin, portavoce del M5S al Parlamento Ue e membro delle commissioni Commercio internazionale e Occupazione e affari sociali, è tra i più i critici sull’evoluzione del trattato: “il Ttip è un’occasione persa”. Il rischio principale riguarda “una non adeguata tutela del principio di precauzione che vige in Europa ed è molto prezioso. Sui testi negoziali ci sono molte lacune su questo fronte. Un altro grosso rischio è la perdita di autonomia decisionale degli Stati con un sistema per la risoluzione delle controversie che desta grandi preoccupazioni perché mette sullo stesso piano il pubblico e il privato. Gli Stati membri si troverebbero nella condizione di non poter far fronte alle pressioni. Poi si rischia un abbassamento generale degli standard perché è difficile armonizzare, come si pensa, economie molto distanti. Il risultato rischia di essere vantaggioso per le aziende di grandi dimensioni e penalizzante per le piccole-medie imprese”. Tutto da buttare insomma? Per alcune aziende e per alcuni settori ci saranno “certamente delle opportunità. Si tratta, per esempio, di aziende che stanno già negoziando con gli Usa e attualmente scontano delle difficoltà legate agli standard diversi, mi viene in mente l’industria automobilistica. Ma per risolvere questi problemi non serve scomodare un trattato di queste proporzioni, basterebbe adeguare le omologazioni da un punto di vista tecnico. Il problema è che ci sono interessi più vasti che riguardano la sfera produttiva, il mondo dei servizi e degli appalti pubblici. Nel complesso il saldo non sarà positivo”.

Di parere diametralmente opposto l’eurodeputato del Pd, Paolo De Castro, coordinatore del gruppo S&D nella commissione Agricoltura nonché relatore permanente per il Ttip, che prova a spiegare perché è importante “aspettare di vedere i risultati dei negoziati prima di opporsi”. Sull’agroalimentare “siamo in una fase ancora molto cruda”; per quanto riguarda invece posti di lavoro, salute e ambiente, “la battaglia che sto facendo è contro il dire no a prescindere. Bisogna dare fiducia ai negoziatori, poi vedremo i risultati del lavoro che sarà tradotto in tutte le lingue dei Paesi membri. E quando ci sarà un accordo lo valuteremo, prima è tutto inutile”. I tempi per l’approvazione dell’accordo non sono però così brevi come può sembrare: “la discussione è iniziata nel 2013, ma siamo ancora in una fase molto preliminare, per ora ognuno si limita a fare proposte. Non si arriverà a risultati concreti entro le prossime elezioni Usa (l’8 novembre, ndr). Poi andranno al voto la Francia, la Germania e anche l’Italia: dubito che si possa trovare un accordo e approvarlo prima di questa sequenza elettorale che terminerà nel 2020”.

In attesa che si delinei meglio il quadro non resta che capire quale sarà l’iter di approvazione scelto per il Ttip: il Consiglio europeo e della Commissione europea devono decidere se accordi di questo genere siano di competenza esclusiva della Commissione – come caldeggiano il ministro per lo Sviluppo economico Calenda e il presidente della Commissione Ue Junker – o se si debba passare all’esame nei Parlamenti nazionali, come richiesto pochi giorni fa dai parlamentari Dem in un’interpellanza. E come vorrebbe un Paese che si definisce democratico.

A questo link i testi negoziali dell’Ue, capitolo per capitolo.

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