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Umbria, DDL sulle politiche di genere

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Lo scorso 6 luglio la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, ha illustrato alla terza commissione consiliare il DDL regionale sulle politiche di genere. Si intitola “Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne”: ecco di cosa si tratta

L’Umbria fa un passo avanti e si dota di un nuovo strumento concreto per le politiche di genere, con l’obiettivo di eliminare tutti gli ostacoli e tutti quegli impedimenti che non consentono una reale parità tra donne e uomini e con la volontà di affermare la libertà e l’autodeterminazione delle donne stesse. Il disegno di legge che è stato illustrato nei primi giorni di luglio alla terza commissione consiliare dalla presidente della regione Umbria Catiuscia Marini si intitola “Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne”, e nella sua ambizione più alta vorrebbe ridurre le discriminazioni tra donne e uomini nei vari ambiti della vita professionale così come in quelli della vita quotidiana.

“Si tratta di una legge quadro per esprimere compiutamente che la politica di genere non è settoriale e distinta – afferma Catiuscia Marini, presidente della regione Umbria – quanto piuttosto un principio informatore e trasversale, che deve contaminare tutte le azioni di governo e tradurre la cultura della differenza di genere in scelte concrete, non solo sui diritti delle persone, ma anche sul lavoro, sull’istruzione e sulla formazione”.

Il disegno di legge quindi – già preadottato dalla Giunta regionale nel 2013 – vuole essere un’opportunità e un’occasione di ripensamento della qualità della vita non solo per tutte le donne dell’Umbria, ma anche per tutti gli uomini. Infatti, spiega la presidente della regione Umbria, “per quanto riguarda il contrasto alla violenza, la Regione ha organizzato nuovi servizi che non c’erano, come i centri anti-violenza e le case rifugio. La norma finanziaria accanto alle risorse specifiche della legge rimanda a diversi atti della programmazione, ricompresi in un quadro organico. Si tratta di una legge orizzontale che entra nei diversi ambiti dell’amministrazione”.

Il concetto di base è proprio quello del principio dell’inter-dipendenza tra esseri umani, che parte dal riconoscimento del valore della libertà femminile che altro non è se non la fonte primaria della democrazia. Ma che, purtroppo, ancora non è stato tradotto in criteri di governo. Eppure, sembrerebbe finalmente che qualcosa si stia muovendo nella giusta direzione.

Come si legge relazione iniziale del DDL in questione, “con la riforma del titolo V, avvenuta nel 2001, la Costituzione italiana ha attribuito alle Regioni il compito di rimuovere, tramite proprie leggi, ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, nonché quello di promuovere la parità di accesso alle cariche elettive (articolo 117/7).”

E così si sta facendo: “La proposta di legge presentata si è avvalsa della consulenza di un comitato scientifico composto da donne molto diverse fra loro per formazione culturale, esperienze di vita e professionali, in grado di mettere al servizio dell’azione di governo un contributo culturale e di pensiero – prosegue la presidente Marini – sono quindi state coinvolte associazioni, imprese, professioni, scuole, con l’obiettivo di costruire un articolato di legge, non una legge manifesto di principi e valori, ma un atto che esprima anche la concretezza della regione sulle principali politiche, con l’obiettivo strategico di piena cittadinanza delle donne e parità di condizione sul lavoro, politiche sanitarie, contrasto alla violenza”.

Rispondendo a determinati criteri ed esigenze pubbliche, la regione Umbria tramite il DDL si propone di sollecitare l’impegno del pubblico e del privato in maniera trasparente per favorire un modello di sviluppo giusto e solidale; di promuovere nuove forme di convivenza civile basata sul rispetto reciproco tra uomini e donne così come tra vecchi e giovani, genitori e figli, insegnanti e alunni, tra nativi e immigrati; infine, di inventare luoghi e tempi di scambio, comunicazione e formazione, rafforzare le esperienze che hanno già dato buoni frutti, promuovere la cultura e l’informazione. Ma la grande novità della proposta di legge non è solo la trasversalità delle politiche di genere espressa negli interventi dei diversi settori, bensì il fatto che si assuma il punto di osservazione femminile per rispondere alla complessità dei bisogni. Un DDL del genere è una proposta innovativa che investe sulla forza delle donne e non sulla loro debolezza, promuovendone l’equilibrio tra l’attività lavorativa e la vita familiare attraverso politiche di conciliazione e sostenendo l’occupazione femminile attraverso la promozione dell’imprenditorialità.

Un disegno di legge specifico, insomma, che intende lanciare una sfida altrettanto precisa: “tenere insieme obiettivi di governo e obiettivi di natura culturale e di promozione di una nuova visione della società e delle relazioni tra uomini e donne, ma anche tra cittadini-cittadine e istituzioni, tra privato sociale e imprenditoria, tra la progettualità politica e le esigenze delle persone”.

Entrando nello specifico la proposta illustrata è composta da cinque titoli e 51 articoli:

– Nel titolo I – “Disposizioni generali” vengono definiti i principi e gli obiettivi della legge.
– Il titolo II – “Politiche per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini” è invece articolato in tre capi: il primo relativo alle competenze delle donne e alla loro presenza nei luoghi di decisione; il secondo alla diffusione della cultura e delle politiche di genere; il terzo infine atto ad introdurre azioni territoriali per il miglioramento delle relazioni tra generi e per nuovi stili di vita.
– Il titolo III – “Politiche regionali” da corpo all’attuazione del mainstreaming di genere intervenendo sulle politiche regionali con l’introduzione di interventi atti a realizzare le pari opportunità. Il capo I è dedicato all’istruzione ed i successivi capi sono dedicati al diritto alla salute delle donne, al lavoro formazione ed impresa, alla conciliazione e condivisione e ai servizi di contrasto alla violenza degli uomini contro le donne.
– Il titolo IV – “Integrazione delle politiche” regolamenta le misure rivolte alla piena realizzazione dell’integrazione delle politiche. Sono il coordinamento delle risorse, le valutazioni e il bilancio di genere, studi, ricerche e statistiche di genere oltre a definire ulteriori compiti per il Centro per le pari opportunità. In questo titolo è previsto anche un gruppo tecnico di coordinamento per le politiche di genere prevalentemente interno alla regione con funzioni di supporto alla programmazione e di verifica e valutazione delle azioni regionali per la realizzazione del mainstreaming di genere.
– Il titolo V – “Norme finali e transitorie”, infine, è relativo alle norme finali e d è il titolo che chiude la legge.

Concludendo, la presidente Marini ha infine ricordato l’impegno parallelo dell’Unione Europea che da tempo cerca di imporre a tutti gli stati membri di adottare norme per la parità di genere. Questo perché è ampiamente dimostrato che, laddove sussista parità tra donne e uomini, a risentirne degli effetti positivi siano anche gli indicatori economici generali, a partire proprio dal Pil dei singoli paesi.
“Lo chiede l’Unione Europea agli stati membri – conclude Catiuscia Marini – anche con delle misure che valutano l’efficienza e l’efficacia di politiche dove deve emergere che si agisce sulla piena parità di genere, come noi abbiamo già iniziato a fare legiferando in vari ambiti, dal fondo sociale alle politiche attive del lavoro, sostenendo le imprese e aiutando altre a crescere”.

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