Diritti Lavoro

Il lavoro delle donne manager

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Le donne manager cambiano le proprie priorità: meglio ritagliarsi più tempo per sé stesse. Una tendenza che emerge dalla ricerca condotta dall’organizzazione internazionale WIN (Women’s International Network)

Basta con il dare la priorità al lavoro, è finita l’epoca delle donne in carriera stile Anni ’80. Le donne manager di oggi infatti, pur continuando a concentrarsi sullo sviluppo delle proprie competenze professionali, hanno compreso che la vita privata non può essere messa da parte. Certo, l’equilibrio tra lavoro e vita privata continua ad essere difficile, ma l’intento del 91% delle donne in possesso di leadership è consapevole dell’importanza della vita privata e sogna di poter realizzare tale equilibrio. Si allontana dunque il concetto banale della donna “maschile” tutta protesa agli avanzamenti di carriera e a scimmiottare il comportamento lavorativo maschile: le donne manager vogliono diminuire l’impatto del lavoro nella propria vita.

La ricerca condotta da WIN, l’organizzazione internazionale delle donne leader, condotta sulle partecipanti alla sua 19ima conferenza annuale, che si svolgerà a Roma dal 28 al 30 settembre, è chiara: secondo la maggioranza assoluta delle donne manager il 50% della propria giornata dovrebbe essere riservata al lavoro. Molte di loro sono riuscite ad incamminarsi lungo questa strada, e dedicano al lavoro solo il 60% della propria giornata. Del restante 50% le donne manager ritengono che solo il 20% dovrebbe essere dedicato alla cura della casa e della famiglia, mentre il 30% dovrebbe essere dedicato proprio alla cura di sé stesse e del proprio benessere. Ma quando parlano di cura di sé stesse sia chiamo che le donne manager vi ricomprendono anche la propria formazione professionale, per il miglioramento delle proprie competenze da utilizzare sul posto di lavoro.

Le socie di WIN, il più grande network europeo femminile, puntano dunque per il 31% a questo equilibrio 50/20/30 e lo fanno in netto aumento rispetto al 2009, quando alla stessa ricerca aveva risposto così solo il 17% delle componenti. Purtroppo al momento questo equilibrio resta un mero desiderio, poiché di fatto adesso esse dedicano per il 60% il tempo al lavoro e per il restante 40% il tempo alla casa e alla famiglia con una piccolissima percentuale residua per sé stesse.

Il punto è che i segnali positivi provengono dal riconoscimento della professionalità delle donne, aumentata rispetto a 5 anni fa in quanto il 70% delle donne manager ritiene di essere adeguatamente valorizzata nella propria aziende (nel 2009 rispondeva così solo il 54% delle intervistate, dunque l’aumento è del 16%). Ma questo è frutto di un cambiamento di mentalità maschile? No, a quanto sembra è l’introduzione per legge delle quote rosa ad aver modificato l’atteggiamento dei vertici aziendali (che continuano a essere per la maggioranza maschili) e secondo il 66% delle donne intervistate è su questo che bisogna ancora puntare: lo strumento delle quote rosa è una soluzione adeguata per valorizzare non solo la rappresentanza di genere femminile sul lavoro ma soprattutto per fare carriera. Anzi, a dirla tutta le donne manager vorrebbero che questo strumento venisse applicato anche a inizio carriera, proprio per entrare nel mondo del lavoro, e non solo per le elezioni delle figure di vertice.

Secondo Kristin Engvig, fondatrice e amministratrice delegata di WIN, “non bisogna cambiare le donne ma creare il giusto ambiente di lavoro, in cui possano esprimere il proprio potenziale. Se accogliamo le diversità di genere e le diversità più in generale, nuove idee e creatività arriveranno di conseguenza”.

E in effetti anche secondo una delle ultime ricerche condotte in Italia, “She decides, you succeed”, promossa dall’AIDDA (Associazione italiana delle donne imprenditrici e dirigenti d’azienda) e da AFAEMME (Federazione delle associazioni delle donne imprenditrici dei Paesi del Mediterraneo) porta a questa conclusione: più donne manager ci sono in un’azienda e più le imprese diventano competitive.
La ricerca è stata condotta in Veneto ma si tratta di uno studio realizzato nell’ambito di un progetto comunitario. In questo caso, con il supporto della Regione, sono state vagliate 10 note aziende venete con oltre 50 dipendenti ciascuna per un totale di 1.800 occupati di cui 780 donne, e il risultato è stato che più donne nei consigli di amministrazione e nei ruoli dirigenziali rendono le imprese più competitive e più solide. L’assessora regionale alla formazione, al lavoro e alle pari opportunità, Elena Donazzan, ha dichiarato: “abbiamo sostenuto questo progetto europeo perché crediamo che la questione delle pari opportunità nel mondo delle imprese debba essere affrontata con un approccio culturale e organico, promuovendo il primato femminile nel merito”.

I risultati di quest’altra ricerca hanno dimostrato che le imprese con una maggior presenza femminile nei CdA hanno migliorato le proprie performances del 14%. Tali imprese hanno una maggior propensione all’innovazione, intercettano prima delle altre le nuove tendenze del mercato, offrono un clima di relazioni interne più favorevole, sono più propense a praticare forme di welfare aziendale per il benessere lavorativo. Infine – aggiunge l’AIDDA – le donne ai vertici aziendali sono un fattore di garanzia contro i rischi di fallimento e di dissesto finanziario che risultano ridotti al 20% rispetto a quelle a guida esclusivamente maschile.

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