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Rapporto Censis sulla Comunicazione

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Il 13° Rapporto Censis sulla comunicazione si intitola: “I Media tra Elite e Popolo”

Presentato a Roma il 13° Rapporto Censis sulla comunicazione dal titolo: “I Media tra Elite e Popolo”. Uno studio ricco di dati e valutazioni sul cambiamento dei consumi mediatici degli italiani che indica anche come il ruolo dei media nei confronti della nostra società e del nostro Paese si stia modificando.

Dai dati emerge una rapida diffusione dei social network e delle piattaforme di comunicazione, con Whatsapp che è diventata l’App più diffusa (61,3%), seguita da Facebook (56,2%), Youtube (46,8%), con picchi che sfiorano il 90% tra i giovani. Un boom dei consumi tecnologici che anche negli anni della crisi tocca un picco del +190%. In generale la penetrazione di internet da parte degli utenti italiani nell’ultimo anno raggiunge il record del 73,7% con punte del 96% da parte dei giovani under 30, mentre è ferma al 31,3% tra gli over 65.

Usare l’“internet delle cose” per informarsi, prenotare viaggi, acquistare beni e servizi, entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche o svolgere operazioni bancarie, hanno significato per molti risparmiare tempo e denaro. I mezzi d’informazione sono in transizione e i quotidiani cartacei hanno perso molti lettori, che si riducono al 40,5% degli italiani, mentre nell’ultimo anno sono aumentati i lettori dell’e-book che rappresentano il 10% della popolazione italiana.

Negli anni della crisi, dove la diminuzione delle disponibilità finanziarie ha costretto molti italiani a tagliare tutto, i digital media hanno aumentato il loro potere di disintermediazione a favore di un cospicuo risparmio nel bilancio familiare.
In generale negli ultimi tre anni gli utenti dei social network sono passati dal 49% al 65% della popolazione, con una trasformazione nel modo d’informarsi che passa da un modello tele-centrico a una concezione ego-centrica.

Le donne, nuovi consumatori di media

Le donne, secondo il 13° rapporto, sono i nuovi consumatori dei media. Un tempo mostravano maggiore predilezione, rispetto agli uomini, per la televisione e per i libri (2016: 55,4% rispetto al 38,5% degli uomini), recentemente il primato femminile anche nell’uso d’internet ha raggiunto il 74% rispetto agli uomini.

Privacy o sicurezza?

La ricerca, realizzata in collaborazione con Enel, Hp Enterprise, Mediaset, Rai e Tv2000, è stata introdotta da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, con gli interventi di Vania De Luca, Presidente dell’Ucsi, Andrea Falessi, Responsabile Comunicazione di Enel, Antonio Menghini, Direttore Settore Pubblico di Hp Enterprise, Gina Nieri, Direttore Affari istituzionali, legali e analisi strategiche di Mediaset, Giancarlo Leone, Direttore Coordinamento editoriale palinsesti televisivi Rai, Lorenzo Serra, Direttore Generale di Tv2000, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis. Durante l’esposizione sono emerse alcune questioni delicate, una tra queste il trade-off necessario tra privacy e sicurezza. Secondo l’analisi di Valerii, quello del rapporto tra ricerca della sicurezza e rispetto della privacy è un dilemma apparentemente contraddittorio. Mentre da un lato il 72,7% degli italiani dichiara che la privacy può essere violata dalle autorità solo se c’è in gioco l’interesse nazionale, contemporaneamente il 45,7% ritiene che la riservatezza personale sia un bene intangibile e non possa essere infranta in nessun caso. L’incolumità personale diventa centrale nelle vite delle persone e alla ricerca del giusto trade off tra privacy e sicurezza.

L’utente oggi al centro del sistema mediatico

L’ingresso nell’era biomediatica ha coinciso con il rafforzamento della personalizzazione dei media grazie alla miniaturizzazione dei device tecnologici con la tecnologia cloud computing e la diffusione delle App per smartphone e tablet. Tutti strumenti in grado di ampliare le funzioni delle persone, potenziandone le facoltà, l’espressione e conquistando il primato dell’io-utente. Il soggetto-utente si trova catapultato al centro del sistema mediatico, per la facilità di poter costruire percorsi individuali sia nei contenuti sia per l’accesso alle informazioni. L’io-individuo si svincola dalla logica top-down che in passato era regolata da una rigida programmazione delle emittenti tradizionali: una comunicazione unidirezionale da parte delle fonti ufficiali destinata a un pubblico passivo, verso la diffusione di contenuti liberamente generati dall’utente stesso.
È proprio così che il Presidente del Censis De Rita pone l’attenzione sull’impatto che hanno i nuovi media sulla società e sul rapporto con le élite: “Gli strumenti della disintermediazione digitale si stanno infilando come cunei nel solco di divaricazione scavato tra élite e popolo, prestandosi all’opera di decostruzione delle diverse forme di autorità costituite, fino a sfociare nelle mutevoli forme del populismo, antisistema e radicale, che si stanno diffondendo rapidamente in Europa e in occidente”.

Una comunicazione… scorretta

I nuovi media, secondo De Rita, inducono a forme d’indifferenza anche tra i soggetti più istruiti e impegnati. Una forma di disintermediazione sociale che crea distanze, luci e ombre sulla comunicazione reale “politicamente corretta”. Un fenomeno collettivo del tutto trasversale che coinvolge giovani e adulti. Poi si sta radicando un nuovo mito nella cultura web: la convinzione che il lifelogging, i dispositivi di self-tracking e i servizi di social networking possano fornire risposte più efficaci ai bisogni della collettività di quanto finora sia stato fatto.
In questo scenario, l’incremento dei media grazie alle piattaforme 3.0, genera una forte disintermediazione sociale e rigidità tra “me” e il cittadino, mentre “chi cerca la mediazione, vuole fare casta”. Indifferenza, ribellione contro le élite, decostruzione dell’autorità, scontro tra giovani e vecchi, pare dipenda esclusivamente dai nuovi media.
La rete internet amplifica i movimenti della società, crea delle sovrastrutture che rischiano di spaccare la società in due: la casta e il popolo. L’idea che tutto possa essere disintermediato pone un quesito importate nell’era digitale: “Chi gestisce il potere”?

L’antipolitica della disintermediazione

La disintermediazione diventa antipolitica e la polverizzazione dell’autorità dipende anche dall’incapacità della democrazia e delle istituzioni di prendere decisioni e dare risposte alle nuove sfide sulla globalizzazione. La grande trasformazione dei media e della tecnologia digitale è una vera rivoluzione copernicana, una cultura web ideata dalla Silicon Valley dove tutto è interconnesso in tempo reale e diffuso in modo capillare in tutto il mondo. L’io-utente è al centro del sistema.

È naturale chiedersi se questi grandi cambiamenti fanno bene o male al mercato del lavoro. Gli italiani su questo punto si dividono: il 33% pensa che le tecnologie digitali distruggano posti di lavoro, il 21% che ne favoriscano la creazione e il 46% che non influenzino l’andamento dell’occupazione.

Cristina Montagni

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