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25 novembre, violenza sulle donne: il primo passo è lo stalking

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Stalking e molestie, anche sul luogo di lavoro, sono il primo passo che compiono gli uomini che vedono le donne come esseri inferiori e loro oggetti di piacere. Si comincia da lì, lentamente, sottilmente, e poi si scopre la mostruosità di una cultura becera che porta alla sopraffazione, alla violenza, a volte alla morte

Qual è il discrimine tra corteggiamento e molestia? Tra innamoramento e stalking? Diciamolo chiaramente: noi donne spesso le confondiamo, un po’ per ingenuità, un po’ per speranza, un po’ per vanità. Gli uomini che nascondono un segreto, quello del maschio predatore dominante, sono bravi ad apparire semplici corteggiatori appassionati, utilizzano delle tattiche, sanno chi, dove e quando colpire. E non lasciano scampo. Se vi sembra un bollettino di guerra e temete che si tratti di un’esagerazione, chiedetelo alle migliaia di vittime che ogni anno soffrono in silenzio o denunciano, che restano ferite internamente ed esternamente, che restano a terra esanimi.

In Italia sono 3 milioni e 466 mila (3.466.000) le donne che nella loro vita hanno subito stalking. Di queste, sono 2 milioni e 151 mila (2.151.000) le vittime di comportamenti persecutori da parte dell’ex partner. I dati li fornisce l’Istat e sono relativi al 2014. Le donne uccise dopo aver subito lo stalking da parte del loro ex sono state 147.000, quelle uccise a seguito di stalking da parte di partner attuali, parenti, amici o colleghi sono state 478.000. Nel nostro modernissimo Paese.
E, sempre nel nostro modernissimo Paese, ancora vige la regola sociale dello stare zitte, del non denunciare: il 78% delle vittime di stalking non chiede aiuto. E, tra chi lo chiede, solo il 48,3% poi denuncia lo stalker. Le donne che parlano sono poche dunque e lo fanno nel 15% dei casi rivolgendosi alle forze dell’ordine, nel 4,5% dei casi a un avvocato e solo nell’1,5% dei casi a un centro antiviolenza o antistalking.
Quando decidono di denunciare, le vittime di stalking scelgono di fare un esposto (il 9,2%) o chiedono un ammonimento (il 5,3%). Solo il 3,3% delle vittime si è costituita parte civile. Il 40,4% non fa nulla.
Le donne vittime di stalking di solito hanno tra i 25 e i 34 anni, quindi nel fiore della maturità sessuale e nel periodo in cui gli uomini vengono più attratti. Solitamente vengono perseguitate le donne più istruite e con una vita sociale attiva; gli atti persecutori vengono ripetuti per più volte alla settimana (nel 70% dei casi) e, se si parla di ex partner, iniziano immediatamente dopo la separazione, continuando per mesi, anche per più di un anno.
L’Istat ha compiuto questa indagine a distanza di 5 anni dall’emanazione della Legge che ha dichiarato reato lo stalking. Eppure a tutt’oggi sono poche le donne che denunciano il reato, anche se quelle che lo fanno dichiarano che subito dopo i comportamenti di stalking sono effettivamente cessati. Solo raramente (2%) sono invece aumentati.

Ma perché l’uomo non desiste? Perché spesso la donna gli crede, crede al suo pentimento e prova a stare con lui o a tornare con lui. E questo peggiora le cose. Come spiega la psicologa Paola Vinciguerra, “all’inizio si tratta di una violenza mascherata e la donna che la subisce nemmeno la riconosce. Però pian piano arriva a minare la sua autostima e la sua sicurezza. Questo perché lo scopo di questi uomini è rendere la donna vulnerabile, insicura e dipendente da loro, in modo che loro possano sentirsi migliori. Un sintomo di vigliaccheria perché in realtà questi uomini hanno paura che le loro compagne scoprano quanto in realtà essi siano inferiori ed inadeguati”.
“Purtroppo” prosegue la psicologa “dopo le violenze verbali e psicologiche, quando l’uomo sente di aver preso il comando, fa un altro passo: è sicuro di poter infierire e può arrivare anche all’aggressione fisica”.
Dopo gli episodi di violenza fisica, questi uomini si scusano, si dichiarano pentiti, chiedono il perdono delle compagne e le donne pensano che costoro stiano veramente male. In questo periodo da “luna di miele” il rapporto si rinsalda perché permeato da forti emozioni e appare più intenso. La donna crede che il suo partner sia veramente innamorato e cade nella trappola. Nella trappola perché la storia si ripete, lui ricomincia, piano piano, e si riparte con la violenza verbale, poi fisica. Per finire sempre come vuole lui, se la donna non si ribella e non lo denuncia.

E per capire la pericolosità della situazione basti pensare che da gennaio ad oggi è stata uccisa una donna ogni 74 ore. Prevalentemente dal marito o dal compagno. Lo dichiara l’associazione SOS Stalking specificando che anche se il dato è leggermente in calo (-9%) rispetto allo stesso periodo del 2015, se viene confrontato con quello dei due anni precedenti si nota invece un aumento. Lorenzo Puglisi, avvocato fondatore dell’associazione, spiega che “è importante che le donne imparino a riconoscere le situazioni a rischio: anche piccole avvisaglie fatte di minacce, insulti o comportamenti sopra le righe, devono costituire spie d’allarme”.
Da inizio gennaio a oggi i casi di femminicidio sono stati 102: la Lombardia è in testa con 17 vittime, seguita da Emilia Romagna con 14 e Veneto con 12. Dopo troviamo il Piemonte, con 11 donne uccise, la Toscana e la Campania con 10, il Lazio con 7, la Liguria con 6.

Con l’introduzione del reato di stalking però si è registrato qualche miglioramento – spiega il Ministro degli Interni Angelino Alfano. “Occorre investire di più nella prevenzione, con una campagna culturale a supporto della consapevolezza e maturità nuova, per non voltarsi dall’altra parte, per non far finta di non vedere o sentire cose che accadono anche nello stesso palazzo dove uno abita. Basta fare i numeri telefonici dell’emergenza e denunciare: noi proteggeremo il loro anonimato e puniremo chi ha compiuto l’atto. Non bisogna avere paura dunque di denunciare perché il nostro obiettivo è arrivare al colpevole”.

Quando si parla di cultura, di cambiamento di mentalità, di rispetto, bisogna anche vedere oltre e comprendere che gli atteggiamenti maschili anche all’interno del luogo di lavoro vanno modificati. Parliamo delle molestie alle donne, che troppo spesso vengono minimizzate, giudicate semplici atteggiamenti goliardici. Si tratta dei comportamenti a carattere sessuale non desiderati, di cui le donne sono fin troppo spesso oggetto sul luogo di lavoro. A denunciarlo sono i sindacati, cui le donne si rivolgono affinché le tutelino anche sotto questi aspetti, tanto è vero che la Cgil ha organizzato un seminario proprio sul tema delle molestie nei posti di lavoro.

La coordinatrice della Fisac (Federazione italiana sindacato assicurazioni credito) Cgil di Palermo, Elia Randazzo, afferma: “le molestie sui posti di lavoro ci sono e continuano a esserci anche nel settore bancario, in particolare in quegli ambiti dove sono più deboli i diritti delle lavoratrici, come per esempio nell’appalto assicurativo, composto in massima parte da donne, in cui l’atteggiamento padronale dei direttori delle agenzie è ancora molto forte. Sono numerosi i casi di donne molestate che sono state costrette a dimettersi o a essere trasferite mentre il molestatore – spesso il superiore gerarchico – rimane al suo posto”.

Le molestie sul luogo di lavoro sono di tanti tipi, e hanno la caratteristica comune di far sentire in difficoltà la donna, di farla sentire inferiore e senza possibilità di scelta, seguendo lo stesso itinerario dello stalking visto sopra. Si tratta di violenze psicologiche sottili e tra queste potremmo annoverare anche quella apparentemente più banale, ma in realtà molto insidiosa a livello subcosciente in quanto dà molto fastidio alle donne: quegli orrendi calendari con donne nude o seminude in pose provocanti (quando non del tutto pornografiche) appese alle pareti degli uffici di dirigenti e impiegati. Uffici pubblici o privati, dove transitano tante donne che si sentono così oggetto di piacere senza che alcuno le importuni direttamente. Ma quello è un avviso, un cartello che dice “io considero le donne così, solo oggetti per il mio piacere”. E l’ambiente di quell’azienda o di quell’ente o istituto, come può essere considerato?.

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