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Imprese, Confindustria lancia un patto per la fabbrica

Il “Patto per la fabbrica” incontra il consenso del ministro Poletti. Più scettici i sindacati: “Il contratto di primo livello resta il punto di partenza”

Una proposta di accordo tra tutti gli attori della fabbrica, imprenditori e lavoratori, per riportare l’Italia a crescere. A lanciare l’idea è il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che si dice “pronto ad un patto sulla questione industriale tra gli attori della fabbrica”. Un patto “per la crescita, per l’industria, per combattere le disuguaglianze”, consapevoli che “dobbiamo essere attori del cambiamento a partire dalle nostre fabbriche”.

Per Boccia è la questione industriale la chiave di volta per far ripartire il Paese, il tema da rimettere al centro della politica economica. Ed è con questa convinzione che il numero uno degli industriali si rivolge direttamente alle sigle sindacali di Cgil, Cisl e Uil per lanciare una vera e propria sfida, per diventare “uno dei più grandi Paesi industriali del mondo. Ce la faremo, facendo i conti con i vincoli di bilancio, ma pensando alla grande, perché in questo Paese dobbiamo ricominciare a pensare alla grande”. La strategia di viale Astronomia è molto chiara: bisogna passare “dal resistere al reagire, superare quell’ansietà che nel Sud diventa rassegnazione. Dobbiamo cambiare a partire da noi, senza traumi ma facendo i conti con le nostre potenzialità”.
Le relazioni industriali sono “un fattore di competitività del Paese”. Il sindacato rappresenta uno dei principali interlocutori per l’associazione datoriale ed è per questo che bisogna continuare sulla strada di un “confronto leale, sapendo che delegittimare l’altro vuol dire delegittimare se stesso. Da soli possiamo fare tanto, ma da soli non ce la faremo. Vale per tutti: governo, imprese, sindacati”.
Per portare avanti quello che è stato definito un patto per la fabbrica, bisogna guardare oltre lo Stivale e allargare il dialogo sulla questione industriale coinvolgendo l’altro grande Paese manifatturiero d’Europa, la Germania. Sulla produttività “si gioca la competitività del Paese” e allora occorre mettere al centro un’industria ad alto valore aggiunto, alta produttività, alta intensità di investimenti. Va realizzato quel “circolo virtuoso dell’economia” che prevede più produttività, più investimenti, più salari, più occupazione, più domanda.
La proposta di Confindustria ha ricevuto il plauso del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che vede questo tipo di contrattazione come una delle chiavi non solo per il lavoro, ma anche per l’impresa che cambia più rapidamente di idee e leggi: “se si risolve il problema della riforma contrattuale senza coinvolgere il governo ne sarò ben felice”, ha detto Poletti non senza una vena polemica.
Scettica la leader della Cgil, Susanna Camusso: “credo che la prima cornice e regola necessaria siano i contratti nazionali di lavoro, che devono essere un punto di partenza”. Per Camusso le posizioni sul primo livello di contrattazione “non cancellano e non impediscono la contrattazione di secondo livello, ma determinano un punto di uguaglianza per l’insieme dei lavoratori. Ci sarebbe bisogno che la contrattazione di secondo livello sempre più guardi all’innovazione ai temi della professionalità, al cambiamento che anche la tecnologia può determinare”.
Più aperti al dialogo Cisl e Uil. “La Cisl è pronta al confronto con Confindustria per un patto per la crescita e nuove relazioni industriali. Servono accordi e non slogan per aiutare i giovani”, ha osservato la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. Anche la Uil è “pronta per dare il via al cosiddetto patto della fabbrica: così le parti sociali possono diventare protagoniste della crescita della produttività – ha aggiunto il leader di via Lucullo, Carmelo Barbagallo –. A questo scopo, c’è uno strumento che alcune aziende già conoscono e hanno già applicato con successo: il benessere lavorativo”. Ed è proprio su queste basi che è “possibile costruire un nuovo modello contrattuale che valorizzi e diffonda il secondo livello. Bisogna confermare, comunque, un livello nazionale di cui, oggi, non è possibile fare a meno, pena l’ulteriore impoverimento dei lavoratori, con ricadute negative sul sistema delle imprese, sull’occupazione e sull’economia del Paese”.
Il primo incontro è già stato fissato sul calendario. “Abbiamo proposto al sindacato un patto per la fabbrica perché se non ci troviamo assieme su quale idea abbiamo dell’industria del futuro è difficile costruire le relazioni sindacali”, ha spiegato Boccia annunciando che ai primi dicembre ci sarà un primo confronto con le segreterie di Cgil, Cisl e Uil “per capire se possiamo convergere su qualche decisione”.

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