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Violenza sulle donne. La sentenza shock del Tribunale di Torino

MARTELLETTO GIUDICE

“Non Una di Meno” dice basta all’inadeguatezza dei Tribunali. Presidi e protesta sul web contro la sentenza shock di Torino che assolve un imputato per violenza sessuale perché la vittima non ha reagito con vigore giudicato sufficiente

Il 12 Aprile 2017 la rete “Non Una di Meno”, nella sua lotta contro ogni ogni violenza di genere, si è fatta promotrice di presidi di protesta davanti ai tribunali di tutta Italia, contro una sentenza emessa dal Tribunale di Torino il 15 Febbraio 2017, che ha fatto molto discutere.
La sentenza ha assolto con formula piena, in primo grado, l’imputato accusato di violenza sessuale ripetuta ai danni di una donna, avvenuta sei anni fa, con la motivazione che “la vittima non ha urlato o chiesto aiuto, ma avrebbe detto solamente “basta”, manifestando, sentita sui fatti, ricordi non nitidi e precisi”. Non solo: a trasformarsi in imputata è stata la donna, che potrebbe essere condannata per calunnia nei confronti dell’accusato.

Le argomentazioni addotte a sostegno della sentenza ed i risvolti che hanno ribaltato i ruoli di aggressore e vittima hanno suscitato indignazione e reazione in quella parte di società attiva contro i soprusi che le donne sono costrette a subire, anche quelli di una Legge che non sempre sembra giusta.
Le donne della rete “Non Una di Meno” di Milano, in occasione dell’invito alla protesta del 12 aprile, hanno diffuso un comunicato stampa intitolato infatti “Basta violenza nei tribunali contro le donne”, riconoscendo come fine della mobilitazione la denuncia “dell’inadeguatezza delle modalità processuali e la mancanza di preparazione di giudici e tribunali nel tutelare le vittime dei reati di violenza”.

Da sottolineare che la sentenza, essendo di primo grado, ha possibilità di essere rivista ed è quello per cui lavorerà l’avvocata Virginia Iorio, che difende la donna, confidando nella Giustizia.

Quello che la rete “Non Una di Meno” ha voluto portare all’attenzione è anche l’aspetto psicologico della vicenda. Ha ripreso infatti l’analisi delle circostanze in cui la donna coinvolta è stata sentita, fatta dall’avvocata Iorio ai microfoni di una nota radio torinese: l’avvocata ha evidenziato il lungo lasso di tempo tra gli accadimenti e il processo e la condizione emotiva di imbarazzo e di pudore della donna, fatta parlare davanti a un pubblico e in presenza del suo presunto stupratore.
Inoltre la rete “Non Una di Meno” ha raccolto il parere di Fabio Roia, giudice e presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano, dal quale si evince un’inadeguatezza interpretativa delle reazioni di quella che fino a prima della sentenza era una vittima. Roia ha infatti sottolineato: “la motivazione dei giudici sembra richiamare ad un catalogo comportamentale della vittima di violenza sessuale. Si tratta di un errore. Tutte le scienze complementari a quella giuridica indicano infatti l’impossibilità di definire in via aprioristica in che modo una donna possa reagire a dinamiche di violenza sessuale subita”.

Così le promotrici milanesi della protesta del 12 Aprile si sono dichiarate parte lesa e hanno dato vita, oltre ai presidi fisici, a una campagna di sensibilizzazione e supporto sul web, lanciando l’hashtag #hodettoBASTA e facendosi portavoce, insieme a tutti coloro che hanno aderito e aderiranno anche sul web, del dolore della donna coinvolta nella vicenda e di ogni donna non creduta, non ascoltata, intrappolata nella spirale del “non lo ha respinto con convinzione” .

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