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Un lavoratore su cinque soffre di stress da lavoro ma sono le donne a essere le più colpite, a causa delle disuguaglianze

Sono i dati diffusi dalla Società italiana di psichiatria, in occasione della giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre), a “scoperchiare la pentola”: su 28 milioni di lavoratori in Italia, circa 6 milioni hanno problemi di stress da lavoro. Di questi, oltre 3,2 milioni sono donne.

È anche questo il costo della mancata parità di genere sui luoghi di lavoro. Le cause infatti sono da ricercare – come spiegano gli psichiatri – nelle barriere culturali che rendono la carriera della donna più difficoltosa e impegnativa, nell’ingiustizia delle remunerazioni inferiori rispetto a quelle maschili per posizioni identiche a quelle dei colleghi, nella conseguente competitività, nel difficile clima aziendale. E, ovviamente, le responsabilità legate alla vita quotidiana che le vede ancora relegate al ruolo di uniche “care giver” (prestatrici di cure) all’interno della famiglia.

Per almeno un milione di donne le pressioni sono talmente pesanti da farle soffrire di un disturbo “clinicamente rilevante” che le porta a continue visite mediche specialistiche; per 500 mila lavoratrici si rivelano invece sotto forma di disturbi d’ansia, per 230 mila lo stress da lavoro si manifesta sotto forma di insonnia e per 220 mila di depressione (malattia estremamente seria).
I restanti 2,2 milioni di donne presentano disturbi transitori di ansia quali irritabilità, facilità al pianto, deficit di concentrazione, disturbi del sonno. Tutti sintomi riconducibili a un adattamento non efficace allo stress da lavoro.

E sono più vulnerabili agli stati d’ansia le donne giovani, anche per via delle alterazioni ormonali, soprattutto nei periodi premestruali ma anche durante la gravidanza e il puerperio. Stressate soprattutto le donne che lavorano a contatto con il pubblico, che non facilita di certo la serenità.

Ma come si interviene in questi casi? Purtroppo – spiega la società italiana di psichiatria in una nota – sono ancora poche o addirittura incuranti delle “variabili di genere” le azioni di tutela contro i fattori di stress da lavoro all’interno delle aziende. Nonostante i moniti del Governo italiano a prendersi cura della salute psichica delle proprie dipendenti.

Il fenomeno dello stress da lavoro per le donne non è comunque solo italiano: ne soffre tutta la popolazione europea, con importanti ripercussioni sullo stato di salute in generale, non solo sull’umore e lo stato emotivo. Ciò comporta, sul piano professionale, un rendimento inferiore e un buon numero di giornate lavorative perse. E il problema è così elevato da costare l’1% del PIL europeo.

È dunque necessario compiere della azioni di prevenzione collettiva e di promozione della salute anche sotto l’aspetto dello stress da lavoro, soprattutto all’interno delle imprese e nei luoghi di lavoro, pubblici o privati che siano. Tanto più che secondo alcuni studi il 25% delle giornate di lavoro perse è legato al male oscuro della depressione.

Per il presidente della Società italiana di psichiatria, Bernardo Carpiniello, i dati emersi dall’indagine “sono dati che spaventano, perché il lavoro – che per anni è stato fonte di reddito, di prospettive familiari e di realizzazione di sogni – è diventato nelle forme attuali causa di problemi e di patologie mentali. Con costi sociali umani altissimi”.
Secondo il direttore del Dipartimento salute mentale del FateBeneFratelli (ospedale romano), Claudio Mencacci, tutto questo ha “un effetto pesantissimo. Poco conta che lo si definisca frustrazione o demotivazione, ansia o depressione, esaurimento o altro. Questo disagio radicato tende a sfociare nel clinico e solleva una questione urgente: l’ambiente lavorativo va riformulato in una nuova ottica. Un punto di vista che sia finalmente capace di contenere e realizzare appieno il tesoro della diversità tra uomini e donne”.

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