Salute e benessere Società

Attenti alle fake news sulla sanità

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Gli italiani si automedicano spesso grazie alle informazioni che trovano sul web. Il problema è che ci si può confondere, visto che accanto a informazioni utili se ne trovano di false. Le fake news sulla sanità sono tra le più pericolose ma purtroppo circolano abbondantemente

Sono 49 milioni gli italiani che soffrono di piccoli disturbi della salute. Ma per 17 milioni di persone questi piccoli disturbi incidono pesantemente sulla propria vita, dal momento che sono molto frequenti e compromettono le relazioni sociali e il lavoro. Parliamo di disturbi come il mal di schiena (che affligge il 40,2% di queste persone), i problemi respiratori come tosse o mal di gola (che ne affligge il 36,5%), il mal di testa (25,9%), il mal di stomaco (15,7%), i problemi intestinali (13,2%).
Per trovare una soluzione a questo tipo di disturbi della salute, il 73,4% degli italiani è convinto che basti “informarsi su internet” per curarsi da soli e guarire. Questa convinzione è nata purtroppo a volte anche a causa dalla superficialità e dell’incapacità di alcuni medici di base, che sottovalutano i problemi di salute dei propri assistiti e offrono sempre le solite soluzioni che non producono effetti. Cure palliative assegnate senza nemmeno visitare il paziente o sottoporlo ad accertamenti più approfonditi. Il problema sta ancora più a monte: i medici – in base alla normativa vigente in materia di sanità – non possono più far fare analisi e accertamenti come una volta, perché se risultassero negative il Servizio sanitario nazionale le riterrebbe inutili e pertanto sarebbe il medico stesso che le ha prescritte a doverle pagare. Spiegato in parole povere e semplici. Per questa ragione i medici di base evitano di prescrivere accertamenti particolari e approfonditi e preferiscono pensare “di default” che qualsiasi sintomo riferito dal proprio assistito sia da rapportare a una qualche banale forma di patologia leggera e che i dolori e i disturbi si possano sopportare e che passino da soli con qualche palliativo alla moda.
Nonostante dunque si faccia un gran parlare di prevenzione, i fatti smentiscono questo clamore pubblicitario dal momento che i medici sono “invitati” a non prescrivere accertamenti se non a chi ha una grave patologia conclamata.

Un simile stato di cose porta a una sfiducia completa nelle istituzioni sanitarie da parte del cittadino che alla fine si vede quasi costretto a fare da sé. Lo dimostrano gli stessi dati rilevati da una ricerca del Censis su «Il valore socio-economico dell’automedicazione», realizzata in collaborazione con Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione, che fa parte di Federchimica) e presentata a Roma il 13 dicembre alla presenza anche del Presidente dell’Aifa Stefano Vella: la percentuale degli italiani che fa automedicazione sta aumentando, visto che nel 2007 era pari al 64,1% e che oggi è al 73,4%. Per il 56,5% degli italiani ci si può curare da sé perché ognuno conosce i propri piccoli disturbi e le risposte adeguate, per il 16,9% perché è il modo più rapido.
Ma fare da sé però ha una controindicazione forte: se si naviga sul web si trovano decine e decine di siti che offrono soluzioni a tutti i problemi di salute. A volte si tratta di soluzioni talmente “farlocche” da far aggravare il malcapitato. Sono infatti 15 milioni gli italiani che cercano sul web informazioni relative ai propri disturbi di salute e di questi ben 8,8 milioni sono stati vittime di fake news nel corso dell’anno. E sono 3,5 milioni i genitori che si sono imbattuti in indicazioni mediche sbagliate, magari date da blog di altri genitori che si autoproclamano esperti solo perché anche loro hanno avuto dei figli.

Come può allora riuscire una persona in difficoltà ad orientarsi in questo marasma? Le persone devono imparare a riconoscere i siti web ufficiali, quelli istituzionali e di organizzazioni riconosciute oppure quelli di giornali scientifici e di testate giornalistiche registrate. I giornali scientifici ufficiali hanno uno staff di referee, ovvero di scienziati qualificati che autorizzano la pubblicazione solo di articoli che abbiano superato il vaglio della comunità scientifica internazionale; le testate giornalistiche in cui operano giornalisti regolarmente iscritti all’Albo (pubblico e visionabile da tutti sul sito www.odg.it) che devono seguire regole deontologiche molto stringenti pena la cancellazione dall’Albo e la perdita del posto di lavoro, hanno per obbligo di legge il numero e la data di registrazione al tribunale pubblicata sulla homepage.

I farmaci da banco

Secondo la ricerca del Censis rispetto a dieci anni fa sono aumentate le persone alle prese con il mal di schiena e i dolori muscolari (dal 32,4% al 40,2% degli italiani), raffreddore, tosse, mal di gola (dal 34,7% al 36,5%), mal di stomaco e gastrite (dal 12,4% al 15,7%), problemi intestinali (dal 5,1% al 13,2%) e congiuntiviti (dall’1,5% al 3%). Sono numeri che descrivono un enorme fabbisogno sanitario per il quale esiste anche il ricorso ai farmaci da banco. Si tratta di farmaci che si possono acquistare senza ricetta, direttamente in farmacia o in qualsiasi negozio abilitato, spesso si trovano anche nei centri commerciali e nei supermercati. Con un’informazione corretta e una buona educazione alle scelte sulla salute, potremmo automedicarci anche così, se i nostri problemi non sono un segnale di qualcosa di più grave. Potremmo dunque approfittare dei consigli di un bravo farmacista e acquistare qualcosa di semplice per vedere se il nostro disturbo passa con il rimedio suggerito, se non lo fa ovviamente si tratta di qualcosa di più serio e ci dobbiamo rivolgere al medico spiegandogli che abbiamo già provato soluzioni di automedicazione ma che non hanno portato a risultati. In quel caso il dottore dovrebbe visitarci e farci fare un’analisi per capire se il disturbo che ci affligge è sintomo di una patologia più grave.

Fortunatamente sembra che gli italiani siano abbastanza maturi da capirlo. Infatti oggigiorno si curano da soli con farmaci da banco, senza bisogno della ricetta medica, 46 milioni di italiani. Di questi, 15 milioni lo fanno spesso. Ma la prima volta che assume un farmaco senza obbligo di ricetta per curare un piccolo disturbo, il 70,4% degli italiani chiede consiglio al medico o al farmacista, l’83,1% legge sempre il foglietto illustrativo (ottima abitudine) e il 68,4% afferma di comprenderlo appieno. Trascorsi alcuni giorni dall’assunzione del farmaco, se il disturbo persiste l’88,5% si rivolge al medico e il 36,2% al farmacista.

Per l’automedicazione gli italiani spendono il 39% in meno della media degli altri grandi Paesi europei e il 69% vorrebbe trovare sui siti web e sui social network informazioni certificate sulle piccole patologie e sui farmaci per curarle da assumere senza obbligo della ricetta medica. Ma per riconoscere i benefici individuali dei medicinali occorre una comunicazione corretta e l’educazione alle scelte di salute. Questo deve essere chiaro. L’automedicazione con i farmaci da banco non deve mai essere uno sregolato libero arbitrio soggettivo, ma deve fondarsi sempre su indicazioni mediche. Tratte da fonti adeguate.

Le spese per l’auto-cura

La spesa pro-capite per farmaci senza obbligo di prescrizione in Italia è pari in media a 40,2 euro all’anno, nel Regno Unito sale a 69,6 euro, in Germania a 80,1 euro, in Francia a 83,1 euro e il valore pro-capite medio tra i grandi Paesi europei è di 65,7 euro. Gli italiani spendono dunque, come dicevano, il 39% in meno della media degli altri grandi Paesi europei.
Secondo la ricerca del Censis, finanziata dall’Associazione nazionale farmaci di automedicazione, se si seguono le giuste indicazioni possono esserci molteplici benefici nel ricorrere ai farmaci da banco. Spiegano i relatori durante la presentazione della ricerca: “benefici per i malati, perché 17,6 milioni di italiani sono guariti dai piccoli disturbi grazie a un farmaco da automedicazione almeno in una occasione durante l’anno e così hanno potuto svolgere normalmente le loro attività. Per il Servizio sanitario nazionale, perché 17 milioni di italiani hanno evitato di scaricare l’onere delle cure sul sistema pubblico grazie ai farmaci da banco. Per l’economia, perché 15,4 milioni di lavoratori sono rimasti sul posto di lavoro proprio grazie all’effetto di un farmaco da automedicazione”.

Però attenzione: assumere farmaci da banco in quantità eccessive e in modo sregolato senza documentarsi in precedenza e leggere il foglietto illustrativo per controllare che non ci siano controindicazioni per il nostro stato fisiologico individuale, può essere pericoloso per gli effetti collaterali che potrebbero verificarsi. Quindi automedicarsi sì, perché potrebbe rappresentare una soluzione rapida ai nostri problemi di salute, ma con circospezione, seguendo i consigli del farmacista, dei siti web certificati e istituzionali, e leggendo sempre il foglietto illustrativo. E ricordatevi che, se il malessere non passa, bisogna andare dal medico e se necessario imporsi per farsi visitare seriamente.

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