Lavoro Mestieri e professioni

I 100 anni di Confcooperative

100 conf 2

Celebrato, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, il centenario della principale associazione di rappresentanza del movimento cooperativo

14 maggio 1947, l’Assemblea costituente approva l’articolo 45 (all’epoca 42) della Costituzione italiana in cui si riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata; 14 maggio 1919, viene fondata Confcooperative (Confederazione delle cooperative italiane) per rappresentare, assistere e tutelare le società cooperative (e oggi anche le imprese sociali) ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa; 14 maggio 2019, la confederazione compie 100 anni e può contare 18.500 imprese aderenti, 525.000 persone occupate, 66 miliardi di euro di fatturato, 3,2 milioni di soci.

Le ragioni del successo? Le ritroviamo tutte nell’umanità, ovvero nelle persone che formano le cooperative: si tratta di soci lavoratori con spirito di abnegazione e forza di volontà, disposti al sacrificio e alla condivisione. Perché in una cooperativa si moltiplicano le energie e si dividono le fatiche, come ha affermato l’attuale presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini. Le società cooperative sono infatti delle forme particolari di impresa, dove il capitale ha molta meno importanza rispetto all’individuo: “i soci contano tutti allo stesso modo, a prescindere dal capitale che apportano” spiega uno dei cooperatori di più antica data, Giovanni Previdi. “Nelle cooperative c’è sempre qualcuno che dà di più, gratuitamente, per far andare avanti il lavoro” aggiunge un altro pioniere del movimento cooperativo, Giuliano Vecchi.
E quello che in una società contemporanea come la nostra, votata al capitalismo, dove l’essere umano conta sempre meno in quanto tale, appare come una rivoluzione in realtà non lo è, dal momento che si tratta solo di aprire gli occhi su ciò che veramente è importante. E capire che l’essere umano, con il suo senso di fratellanza (o fraternité se più vi piace), ha un valore intrinseco, che il suo operato è una ricchezza sociale destinata a divenire ricchezza economica per sé e per gli altri.

Forse proprio per questa presa d’atto di una realtà tanto significativa, durante la celebrazione del centenario tenutasi a Roma presso l’Auditorium Parco della Musica i presenti si sono commossi. Si sono commossi nel sentire le storie di cooperatori come Carolina Beretta della PatrolLine Group, cooperativa napoletana fondata dai dipendenti di un’azienda produttrice di allarmi fallita, o come Giuseppe Correnti della Verbumcaudo, cooperativa siciliana che gestisce i terreni confiscati alla mafia da Giovanni Falcone; si sono commossi nel rivivere le gesta dei nostri padri costituenti quando affrontavano la discussione assembleare sul cooperativismo e davano vita all’articolo 45 della Costituzione; si sono commossi nell’ascoltare il coro delle Voci bianche dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia che intonava l’inno nazionale italiano; si sono commossi nell’ascoltare le parole dei decani, dei pionieri del movimento cooperativo italiano, che hanno saputo in poche brevi frasi trasmettere il senso di una vita votata al lavoro e la soddisfazione di un successo raggiunto insieme solo grazie alle proprie buone volontà.

E si è commosso anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale a sorpresa si è alzato dalla propria poltrona e ha voluto prendere la parola, a prescindere dal cerimoniale e dal programma che non lo prevedeva, per sottolineare il valore della solidarietà, evocato dalla nostra Costituzione che dà mandato alla Repubblica di promuoverla e sostenerla.

D’altro canto il movimento cooperativo nacque spontaneamente per volontà dei lavoratori già nella seconda metà dell’Ottocento. Si trattava di un’associazione libera di persone con un fine alto, un’associazione economica con un fine sociale ispirata alla mutualità. Non un’associazione politica come i partiti né un sindacato, ma qualcosa di diverso: un’iniziativa di lavoratori che si associano e riuniscono nelle proprie mani capitale e lavoro ma non a scopo di lucro, bensì di dignità umana e sociale. Luigi Einaudi, durante i lavori della Costituente, parlò della caratteristica speciale della cooperativa che risiede nell’apostolato e nell’eroismo dei cooperatori ribadendo che se non esiste questo senso di sacrificio e di apostolato nei cooperatori allora non può esistere una cooperativa.

Il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, nel suo intervento in occasione del centenario, ha aggiunto un’altra caratteristica speciale delle cooperative: la resilienza. La capacità, cioè, di superare le avversità. E se ci pensiamo bene le cooperative erano nate proprio per superare le avversità: nacquero per aiutare le fasce più povere della popolazione, soprattutto contadini che si univano e facevano economie di scala per poter acquistare le sementi a prezzi minori. Poi ci fu l’intervento provvidenziale dei parroci, che supportavano le cooperative per quanto concerneva il credito, e da lì la nascita delle prime casse rurali. Dalle casse rurali prese vita l’attuale Credito Cooperativo, un sistema bancario tra i più fiorenti del nostro Paese.
Con il tempo i settori in cui prese piede il movimento cooperativo si allargarono, fino ad includere quelli del turismo, della cultura, dello sport, della logistica, delle costruzioni, dei servizi. E, come ha spiegato il presidente Gardini, i cooperatori riuscirono ad umanizzarli, tanto che negli anni Ottanta si varcò il confine storico passando da associazionismo solidale ad impresa sociale: “oggi le cooperative sociali costituiscono una rete che ha in carico 7 milioni di cittadini che ricevono servizi di welfare e dà lavoro a oltre mezzo milione di persone. La cooperazione” ha aggiunto Gardini “moltiplica le energie e divide le fatiche, così negli anni della crisi è stata proprio la caratteristica della resilienza a permettere alle cooperative di resistere meglio delle altre imprese, perché hanno saputo sacrificare gli utili ma mantenere il lavoro”.

Di questa capacità ha parlato anche il prof. Enrico Giovannini durante la tavola rotonda che si è tenuta nella giornata celebrativa del centenario. Il docente dell’Università di Roma Tor Vergata ha posto l’accento sul fatto che il capitalismo deve cambiare e diventare più inclusivo e sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Non sarà facile e ci saranno degli “shock” da affrontare ma proprio il modello cooperativo può essere da esempio, con la sua resilienza, e aiutare a superare tali shock.
D’accordo con lui il prof. Stefano Zamagni, dell’Università di Bologna, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, secondo il quale quando una società è in crisi (e la nostra lo è) si deve scegliere tra tre strategie da mettere in campo: 1) rivoluzionaria, non più percorribile perché distrugge il vecchio ma non offre una visione futura, non propone il nuovo; 2) riformista, che va bene solo in tempi normali poiché non è una strategia di lungo periodo, è una sorta di “toppa” che si mette per andare avanti nel breve periodo e dunque non è percorribile in questi tempi storici; 3) trasformazionale, che è la più adatta al momento storico poiché offre un cambiamento completo che permette di modificare un intero sistema sociale ed economico in modo duraturo.
La forma cooperativa è proprio la più adatta a questa trasformazione epocale, poiché rimette al centro la persona, al centro del mondo economico oltre che sociale.

Solidarietà, mutualità, fraternità sono valori che ispirano dunque il movimento cooperativo e che oggi più che mai sono – e devono essere – di attualità per uscire da un periodo di capitalismo spinto che ci ha portato solo a una crisi che – se nulla viene modificato nel nostro modo di pensare l’economia – non ha vie d’uscita. Eppure il termine greco Krisis, da cui deriva, vuol dire scelta, decisione, transizione. Oggi ci troviamo dunque in un momento di cambiamento obbligato e la nostra scelta va fatta. Deve trattarsi però di una scelta lungimirante, che rimetta al centro la nostra umanità, anche nel lavoro. Proprio come fanno le cooperative.

Potrebbe interessarti