Lavoro Mestieri e professioni

Le rivendicazioni dei riders autonomi

Nata da pochi mesi ma già con oltre 600 associati, l’ANAR chiarisce in cosa consiste il vero lavoro dei riders autonomi, che non riescono a sedersi al tavolo con le istituzioni

 

I riders si autorappresentano: essendo lavoratori autonomi, hanno creato un’associazione nazionale per rivendicare i propri diritti al di fuori dei sindacati confederati perché – dichiarano – non siamo lavoratori subordinati, a noi non si applicano i Contratti collettivi nazionali, abbiamo la Partita Iva e non ci sentiamo rappresentati da loro. Per questo però non sono stati chiamati a partecipare ai tavoli di lavoro istituiti dalla Legge.

I riders non vogliono essere lavoratori subordinati
Ai tavoli di lavoro voluti dalla Legge 101/2019 siedono i maggiori sindacati e le associazioni più rappresentative e a novembre i lavori di chi siede lì per le trattative di rito, termineranno. Ma non saranno stati ascoltati i riders. Di questo si lamenta l’Anar, l’associazione nazionale autonoma dei riders, che ha stilato un manifesto con i propri principi per la regolamentazione del loro lavoro. Come prima cosa i riders sono sconcertati dall’essere definiti lavoratori subordinati e sono convinti che, se questa è la visione che hanno di loro i sindacati, non riusciranno ad ottenere alcuna vera tutela. L’Anar dichiara la propria voglia di “migliorare davvero il nostro lavoro mantenendo l’autonomia” ma sono “convinti sempre di più che, essendo una nuova tipologia di lavoro, è ideologicamente irraggiungibile per i sindacati tradizionali”. E aggiungono: “Quando hai un’azienda disposta a trattare direttamente con i lavoratori, cercando di migliorare le condizioni di lavoro, non ha senso affidarsi ad ‘estranei’ del settore per cercare una risoluzione”.

L’associazione dei riders
Secondo l’associazione dei riders, la libertà di un lavoratore risiede anche nell’autorganizzazione per la mediazione diretta lavoratore/azienda. “Il lavoro autonomo per noi non è una penalità ma un vantaggio, si deve uscire dall’idea di ‘fattorino’, ‘portapizze’ e simili: abbiamo una Partita Iva e di conseguenza possiamo offrire i nostri servizi privatamente oppure appoggiandoci ad una piattaforma che ci garantisca i clienti e il materiale, se richiesto, per iniziare. Ciò non significa essere dipendenti, ma collaborare con una piattaforma riduce il nostro ‘rischio d’impresa’.

L’autonomia dei riders
La possibilità di coniugare quella di rider con altre attività, la mancanza del controllo da parte del datore di lavoro e la multi-committenza sono i principali elementi che rendono quella dei riders un’attività autonoma per sua natura – spiega l’Anar. “E tali elementi sono diritti di cui non vogliamo essere privati. Questa è la ragione per cui il lavoro dipendente non è adatto a noi riders, in
quanto non ci garantirebbe la flessibilità che noi stessi richiediamo: comporterebbe infatti l’impossibilità di scegliere i giorni e le ore in cui lavorare, di poter collaborare con più piattaforme contemporaneamente, di poter rifiutare i turni scelti, di poter scegliere quali ordini accettare e quali rifiutare oltre ad avere un ingente perdita nei guadagni”.

L’identikit del rider

  • I rider decidono autonomamente dove, come, quando e quanto lavorare
  • Possono collaborare contemporaneamente con più piattaforme (multicommittenza), anche durante lo stesso orario (circa un terzo del totale)
  • Possono rifiutare le consegne proposte e/o disconnettersi dalle sessioni prenotate (se previste) in qualsiasi momento: sia durante lo svolgimento della sessione sia prima senza nessuna ripercussione
  • Il guadagno di una consegna è indipendente dalla sua durata effettiva e dal tragitto scelto e varia in base ai sistemi che ogni piattaforma utilizza per retribuire i propri riders, ciò consente al rider di poter scegliere anche la modalità di pagamento che preferisce.
  • I sistemi di assegnazione di ordini non svolgono alcuna discriminazione tra i riders
  • I riders sono giovani (età media 27 anni)
  • 3 riders su 4 (75%) sono studenti o collaborano come secondo lavoro
  • I riders svolgono le proprie prestazioni in media per 15 ore la settimana
  • I riders svolgono le proprie prestazioni in modo discontinuo e stagionale secondo le proprie necessità
  • La maggior parte dei riders, circa il 70%, collabora per meno di 6 mesi
  • I riders ricevono un guadagno medio orario compreso tra 9 e 16 euro lordi, che varia in funzione delle prestazioni svolte
  • Le piattaforme assicurano guadagni adeguati attraverso diversi sistemi di calcolo in base al proprio modello di business: su base oraria, a consegna, in base alla distanza e tramite sistemi misti, che possono comprendere parametri minimi.
  • Il mercato è in fase di continuo sviluppo ed evoluzione: non esiste un sistema unico adottato da tutte le piattaforme anche per consentire al rider di scegliere le modalità di lavoro che preferisce.

Il manifesto dei riders autonomi

  1. L’innovazione tecnologica ha creato nuove modalità di lavoro che non esistevano, nuova occupazione legale e ha generato nuovo fatturato diretto e indiretto. Indiretto come quello dei ristoranti che sfruttano questo servizio (partner) con un fatturato in aumento del 30% e, oltre ad un maggior guadagno, garantisce una visibilità importante per pubblicizzare il proprio negozio. I partner associati sono in costante crescita proprio perché accettano di buon grado un’entrata, come detto prima, in termini di guadagno e visibilità.
  2. I CCNL esistenti non sono applicabili alle piattaforme perché
  • non esistono precedenti per questa tipologia di lavoratori.
  • non esistono ancora organizzazioni rappresentative di questi lavoratori a parte ANAR che a pochi mesi dalla sua nascita conta più di 600 riders associati.
  • Bloccherebbero l’evoluzione di questo lavoro in costante cambiamento in positivo.
  • I riders verrebbero decimati e non potrebbe essere più un lavoro “per tutti” (per età, sesso ecc.) ma sarebbe bloccato da paletti inutili che non garantirebbero tutela alcuna.
  • Non è da escludere che le piattaforme si affiderebbero ad agenzie interinali per l’assunzione dei rider peggiorando ulteriormente la situazione. Un esempio: con un contratto interinale tramite una pizzeria privata un rider medio guadagna intorno ai 4,89 netti all’ora con 13esima, 14 esima e Tfr spalmati nelle varie buste paga durante l’anno, con turni decisi unilateralmente dal datore di lavoro comprese le ore extra.

 

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