Imprenditoria Imprenditoria femminile

Donne in Vigna, le imprenditrici del vino

Donne in Vigna è un’associazione formata da 5 imprenditrici del settore agroalimentare del comparto vitivinicolo del territorio della Tuscia, nell’alto Lazio

Le Donne in Vigna dimostrano la capacità delle donne di fare rete: svolgono la stessa attività sullo stesso territorio ma invece di competere collaborano, pur mandando avanti la propria azienda e facendone gli interessi, hanno compreso che la vera forza sta effettivamente nell’unione. Sentiamo le loro storie.

La filosofia delle Donne in Vigna
Le aziende agricole di cui sono titolari si chiamano: Le Lase, Tenuta La Pazzaglia, Terre di Marfisa, Vigne del Patrimonio, Vini Pacchiarotti e loro sono cinque donne impegnate al loro interno ad “allevare” viti e produrre vino. Si incontrano nelle manifestazioni di promozione dei vini, condividono il sentimento di appartenenza a un territorio, mettono in comune le loro esperienze e parlano anche delle proprie difficoltà, come si fa tra amiche, come si dovrebbe fare tra concorrenti. Hanno compreso che insieme si possono trovare soluzioni e si possono comunicare meglio il valore e la qualità dei propri prodotti e delle proprie imprese, esprimendo ognuna in modo diverso filosofia, spirito e cultura di un territorio. Se andrete a far loro visita potrete trovarle in cima a un tino a governare il vino, sul trattore a curare la terra, tra i filari con le forbici in mano a potare e a selezionare i germogli per “educare” le viti a dare il meglio di sé e potrete lasciarvi guidare da loro nella degustazione dei vini, per scoprire le emozioni di una sintesi straordinaria tra la natura e la mano femminile.

Noi abbiamo intervistato tutte e 5 le rappresentanti di queste aziende femminili. Ecco cosa abbiamo scoperto:

Le Lase, l’azienda di una delle Donne in Vigna
16 ettari di terreno di cui 12 piantati a vite. Una storia tutta al femminile che prende vita da quattro sorelle che nel 2004, “stregate dalla bellezza selvaggia ed antica della campagna etrusca”, scelgono queste terre argillose, attraversate dal fiume Tevere, ricche di minerali, per impiantarvi dei vigneti. Anche il logo lo scelgono femminile: un volto di donna con i capelli al vento unito a un tralcio di vite. Le etichette, i nomi dei propri vini sono un omaggio alla terra che amano: richiamano infatti gli elementi naturali (terra, fiamma, goccia e zefiro) e le divinità etrusche (Cautha, dea del sole; Thesan, dea dell’alba; Semia, dea della terra; Satres, dio del tempo).

 

Intervista alla rappresentante della tenuta Le Lase
I vini Le Lase sono realizzati dalla società agricola Le querce antiche, con sede a Orte (VT) in Vocabolo Resano (https://www.lelase.com/) e hanno vinto ben 48 premi i rossi (Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot, Canaiolo Nero, Sangiovese, Violone e Cabernet Franc sono le varietà utilizzate per produrne 4 tipi) e 22 premi i bianchi (Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Incrocio Manzoni sono le varietà utilizzate per produrne 4 tipi). A parlare con noi una delle quattro sorelle, Giada, che ci racconta come è nata questa idea:

Come vi è venuta l’idea di aprire un’azienda agricola in questo settore?
Per studi fatti, nessuna di noi pensava che avremmo lavorato in una azienda agricola… anche perchè non abbiamo una tradizione familiare in questo settore. Tutto è nato dalla passione di nostro padre che, poco prima della pensione, ha impiantato il primo vigneto e comprato altri ettari di terra circostanti. Un po’ tanto per essere un passatempo, quindi abbiamo deciso di aiutarlo in questa attività. E poi è scattata anche in noi la fiamma, perchè la vigna, nonostante la fatica fisica e mentale, è veramente magia.

L’azienda è tutta al femminile, che ruoli ricoprono le donne al suo interno?
Facciamo tutto, ma ci avvaliamo di figure professionali sia per la consulenza che per l’operatività: enologo, agronomo, cantiniere.

Qual è la caratteristica distintiva dei vostri vini?
Mi piace pensare che nei nostri vini si riscontri l’eleganza femminile, la cura che le donne mettono in ogni cosa che fanno. Di sicuro, come ci è stato spesso detto, interpretano il territorio ancor prima dei vitigni, con estremo rispetto, umiltà e semplicità.

La vostra è una viticoltura ecosostenibile. Cosa si intende?
Intendiamo dire che facciamo il massimo per rispettare e salvaguardare il territorio sul quale siamo, dando nel nostro piccolo, un contributo:

  • la cantina, ancora in fase di terminazione, è una costruzione antisismica ipogea a basso impatto ambientale;
  • siamo autosufficienti energicamente grazie ad un impianto fotovoltaico;
  • zero emissioni. tutti i processi sono “carbon neutral”;
  • recuperiamo e reutilizziamo tutti i sottoprodotti di processo, tramite lo spandimento agronomico, e la nostra concimazione è fatta solo con sostanze naturali;
  • tutte le nostre pratiche agronomiche sono in funzione del miglioramento del sistema pianta-ambiente per favorire la biodiversità.

Si può venire a visitare la vostra tenuta? Quali esperienze offrite ai vostri visitatori?
Certamente, si può venire a visitare la cantina e a fare una passeggiata tra i vigneti su prenotazione. Oltre alle degustazioni, a seconda delle stagioni, offriamo anche passeggiate nel bosco alla scoperta di piante selvatiche commestibili e pic nic in vigna.

Tenuta La Pazzaglia, l’azienda di una delle Donne in Vigna
Una tenuta di 37 ettari lavorata a vigna fin dal 1990 dalla famiglia Verdecchia, a Castiglione in Teverina (strada Bagnoregio n. 4 – http://www.tenutalapazzaglia.it/) con una guida al femminile. Vino “principe” della produzione è il Grechetto, in tutte le sue estensioni. L’azienda agricola destina la maggioranza della sua produzione al canale Ho.Re.Ca. (Hotellerie-Restaurant-Café) sia in Italia sia all’estero.

Intervista alla rappresentante della Tenuta La Pazzaglia
La famiglia Verdecchia, rappresentata da due sorelle e un fratello con ruoli distinti in cui le donne hanno la responsabilità della gestione della cantina, dell’amministrazione e delle vendite, conduce i vigneti con un sistema Bio, anche se non certificato. Noi abbiamo parlato con Mariateresa Verdecchia.

In che modo la vostra azienda applica le tecniche di coltivazione biologica?
Innanzitutto facciamo una premessa, non siamo un’azienda Bio certificata, ma cerchiamo di praticare una viticoltura di qualità per preservare ciò che abbiamo e di cui viviamo. Il nostro lavoro parte dal terreno praticando inerbimento, sovescio e concimazioni organiche; la gestione del vigneto è per lo più simile per tutti potatura, gestione della chioma… l’unica ns. difficoltà è quella di entrare tempestivamente nel vigneto, per effettuare trattamenti antiperonosporici di copertura in caso di piogge ripetute e persistenti, avendo un suolo prevalentemente argilloso e con forti pendenze, per cui i trattamenti vanno valutati secondo la stagionalità. Il Grechetto è un’uva che ci aiuta molto in questo perché più resistente ai sopra citati attacchi. In cantina quando si portano uve sane, non c’è molto su cui dover intervenire… va solamente sorvegliata l’evoluzione fino alla bottiglia. Anche in questa fase stiamo utilizzando per lo più tappo stelvin, che ci permette di imbottigliare con solforose più basse e soprattutto è riciclabile.

Il Grechetto è il vostro punto di forza: perché?
Abbiamo avuto un grande maestro, Sergio Mottura, che ci ha dato la possibilità di innamorarci di questo vino prima ed uvaggio poi… le ns. origini non sono a Castiglione in Teverina, per cui abbiamo utilizzato circa 20 anni per riuscire ad organizzare l’azienda, poi l’intuito di Mariateresa ed i suggerimenti di Sergio hanno fatto il resto.

 

Avete anche altre tipologie di vino?
Certamente sì. Per i bianchi, che sono 4, l’uvaggio principe è il Grechetto per cui: Miadimia base Grechetto in assemblaggio con Malvasia, Procanico, Verdello, Drupeggio; G109 Grechetto da clone 109 in purezza; Poggio Triale Grechetto da uve G5 in purezza; Sofia Bianco passito da uve grechetto. Per i rossi si producono: Palagio (che è un assemblaggio di uve Ciliegiolo, Sangiovese e Syraz), Aurelius Merlot, Cabernet sauvignon e Cabernet franc, Montijone Merlot in purezza. Per una produzione totale di 45.000/50.000 bottiglie l’anno.

Dove si sente di più la mano femminile all’interno della vostra azienda?
Sicuramente in cantina, nei vini la cosa che spicca nell’immediato è la pulizia, la linearità e la coerenza.

Perché avete preferito il canale Ho.Re.Ca.?
Innanzitutto per le quantità… la produzione aziendale in GDO durerebbe non più di tre mesi e in secondo luogo perché amiamo conoscere chi beve il nostro vino. Per noi il contatto diretto è di vitale importanza. Entrare in GDO significa essere un codice su uno scaffale, è sicuramente più semplice perché si scaricano pallett e si incassa, ma è tutto molto “freddo”, il vino è un prodotto vivo!

Ricevete visitatori nella tenuta anche per una eventuale vendita diretta?
Assolutamente sì, con preavviso, siamo onorati di ospitare visitatori in azienda, il solo fatto che si muovano per scoprire cosa facciamo ci lusinga.

Terre di Marfisa, l’azienda di una delle Donne in vigna
Azienda agricola fondata dalla famiglia Clarici, il cui nome deriva dalla nonna Marfisa, con sede a Roma ma con i vigneti localizzati nell’alta Tuscia viterbese, dove il terreno è di matrice tufacea di origine vulcanica. La tenuta di Terre di Marfisa si estende su 23 ettari a 380 metri slm, sufficienti a far scorgere, dai suoi dolci pendii collinari, il Mar Tirreno. L’azienda agricola non si occupa solo di vino, tanto è vero che a vigna sono coltivati 7 ettari, mentre 6 ettari sono coltivati a oliveto e su 2 ettari sorgono delle modernissime serre automatizzate grazie a impianti a energia solare (ospitano un impianto fotovoltaico da 220 Kw che fornisce energia rinnovabile all’azienda e al territorio circostante). Inoltre, sui terreni della tenuta sorgono un ristorante e un relais (Strada provinciale 47 Lamone, Km 7, Località Le Sparme, Farnese – VT).

Intervista alla rappresentante di Terre di Marfisa
A guidare l’azienda (https://www.terredimarfisa.it/) è Nathalie Clarici, che ha ereditato dalla nonna l’amore per questa terra, che si ritrova nel logo (collegato a Giulia Farnese, l’unicorno) e nei nomi dei vini, appositamente scelti in etrusco per sottolinearne le radici culturali (Tesham, Athumi, Athumi Calus, Thu Sha, Zamathi, Zamathi Iris, Anthaia).

In che modo vengono coniugate tradizione e innovazione nella tua azienda?
Apprezziamo e rispettiamo la tradizione nei richiami ai valori assoluti del passato, dai quali non vogliamo distaccarci perché ormai parte integrante di noi stessi. Vogliamo però non dimenticare che il progresso avanza e le nuove tecnologie possono agevolare il lavoro che, pur ricalcando sostanzialmente quanto si faceva in passato, può ora essere svolto con minore fatica, maggiore igiene e costante monitoraggio del prodotto nelle sue fasi evolutive.

Hai diversificato le attività ma qual è lo spirito che le accomuna?
La scelta di intraprendere questa avventura a Farnese è stata dettata esclusivamente dal cuore. Il fortissimo legame che abbiamo con Farnese, sia io con i miei cugini (siamo 14 nipoti) che mio padre con le sue 4 sorelle, è nato per aver trascorso nel podere di famiglia dei momenti di grande spensieratezza, di grande sintonia con la natura che era ogni giorno la nostra compagna di gioco, di forte unione familiare in lunghe e allegre tavolate deliziandoci con la cucina di nonna Marfisa. È per questo che nella tenuta acquistata, confinante con quella di famiglia, abbiamo prima di tutto consolidato il legame con la terra impiantando un oliveto e un vigneto, poi, dopo la realizzazione della cantina, abbiamo deciso di creare una struttura ricettiva perché volevamo che questo posto meraviglioso fosse conosciuto ed apprezzato anche da altri e la nostra speranza era quella di riuscire a trasmettere quel grande senso di pace e comunione che noi abbiamo sempre vissuto a Farnese. Sembra proprio che il nostro sogno si stia realizzando.

Quali sono le caratteristiche distintive dei vini che produci?
I vini rispecchiano il territorio, l’origine vulcanica dei nostri terreni la ritroviamo nel bicchiere, con vini che sono caratterizzati da una spiccata mineralità. Il tutto unito all’influenza del mar Tirreno che scorgiamo dal nostro poggio che ci regala dei bei vini sapidi. La scelta dei vitigni da impiantare è stata fatta tenuto conto proprio di queste caratteristiche geologiche e la scelta è ricaduta sul Vermentino e l’Incrocio manzoni per i vitigni a bacca bianca e su Sangiovese, Petit Verdot e Syrah per i vitigni a bacca rossa. Lo scorso anno abbiamo introdotto tra i nostri vini anche un Rosato, ottenuto grazie alla vinificazione in bianco delle uve Syrah e Sangiovese, al quale abbiamo voluto dare un nome femminile molto utilizzato tra le donne etrusche, Anthaia, il cui significato è Fiore.

Nella gestione della tua azienda, cosa senti di aver ereditato da tua nonna Marfisa?
Nonna Marfisa era una persona davvero speciale; il suo Amore per la famiglia si esprimeva in ogni dettaglio, nella cura e nelle attenzioni che dedicava alla casa e a tutti noi. Di lei sono orgogliosa di poter affermare di aver ripreso l’amore per quello che faccio e la meticolosa attenzione che dedico a tutto il percorso che conduce alla realizzazione dei nostri vini e del nostro olio. I risultati ottenuti sono certamente gratificanti.

Perché richiami nel logo e nella storia del podere, Giulia Farnese?
Giulia Farnese é certamente un personaggio di grande rilievo nella storia dei Farnese, per il suo carattere fermo e deciso e nella schiettezza del suo comportamento. L’unicorno che tiene in grembo in un celebre dipinto, ne é il simbolo più evidente. Il riferimento scelto, quindi, vuole intanto rendere omaggio a Farnese ed al suo passato, ma anche vuole essere il simbolo della determinazione con cui noi vogliamo portare avanti questo progetto, senza tentennamenti e senza compromessi.

Accogliete i visitatori anche per degustazioni ed acquisti di vini?
Certamente, amiamo condurre i visitatori in una lunga passeggiata in vigna per poter raccontare loro la nostra storia e il territorio così da far meglio capire i vini che assaggeranno poi al momento della degustazione in cantina.

Vigne del Patrimonio, l’azienda di una delle Donne in vigna
Spumanti prodotti con metodo classico. Questa è la forza e la caratteristica di quest’azienda agricola con sede nella Tuscia viterbese a Farnese e con i vigneti a Ischia di Castro, Strada vicinale Vepre – VT (www.vignedelpatrimonio.it – FB: Vigne del Patrimonio). Produce gli spumanti Alarosa Aladoro Alanera e un vino rosso fermo Vepre cabernet franc. Il terreno è vulcanico e collinare, anche qui giunge la brezza marina e la sfida è stata proprio questa: piantare qui dei vitigni che siamo soliti vedere nel Nord Italia.

 

Intervista alla rappresentante di Vigne del Patrimonio
Un’idea originale, un legame particolare col territorio della Tuscia: Provincia del Patrimonio di San Pietro è infatti il nome con cui si indicava la provincia di Viterbo quando faceva parte dello Stato Pontificio. Da qui il nome dell’azienda guidata da Rosa Capece, che ebbe l’idea originale di coltivare su queste terre vitigni che dessero vini spumanti di qualità. E così, con l’aiuto dell’Università agraria di Viterbo, ha effettuato delle ricerche pre-impianto che hanno condotto, 10 anni fa, a piantare Pinot nero e Cardonnay di cui oggi producono 20.000 bottiglie l’anno che si raddoppieranno presto grazie alla nuova vigna impiantata 4 anni fa. “40.000 bottiglie sarà il massimo che ci consenta di seguire sempre direttamente tutte le fasi” ci spiega Rosa.

Come vi è venuta l’idea di coltivare qui un vigneto che desse spumanti?
La personale passione per gli Spumanti che accomuna tutti e 3 i soci è stata l’origine di questa “sfida”: fare il “nostro”vino metodoclassico in un territorio di alta vocazione alla produzione di vini di qualità, dove però la coltivazione della vite si stava perdendo per la prevalenza della coltura di ulivi e per lo sviluppo della pastorizia, mentre la qualità e la ricchezza della terra di natura vulcanica insieme ad un clima ventilato e caratterizzato da notevoli escursioni termiche notturne, rappresentano gli elementi fondamentali per ottimi risultati vitivinicoli.

Quali particolarità hanno le vostre bollicine?
Dopo attente analisi svolte prima dell’impianto sotto la guida del prof. Marco Esti, ordinario di Enologia presso l’Università della Tuscia, enologo dell’azienda, abbiamo capito che, partendo dai vitigni più classici e adatti alla spumantificazione, cioè Pinot Nero e Chardonnay, ma grazie alle caratteristiche del terroire di origine vulcanico e del particolare, favorevole clima, avremmo ottenuto vini molto originali e affascinanti nel panorama delle “bollicine”. Infatti i nostri vini esprimono queste caratteristiche con ricchezza di profumi e aromi floreali, fruttati e balsamici sostenuti da importante struttura ed elegante mineralità che si prolungano a lungo nel palato.

Hai due soci uomini ma la tua è un’azienda dove è forte l’impronta femminile, spiega perché.
Confesso che non so bene come si possa definire o distinguere “l’impronta femminile” ovvero come all’esterno sia percepita. Posso dire che, rispetto ai miei soci, sono quella che può dedicare tutto l’impegno lavorativo all’azienda, quindi sono la più presente e visibile. In azienda poi, serve saper fare tutto: dalla conduzione del trattore alla potatura e selezione dei germogli in vigna, dal Remuage delle bottiglie al loro confezionamento, dalla progettazione degli spazi nelle strutture aziendali all’amministrazione, tenere i contatti con il pubblico e innumerevoli altre cose. Certamente in tutto questo si esprime la visione femminile fatta di cura e attenzione, di capacità di ascolto e di quella che considero forse la più spiccata delle peculiarità femminili: la capacità di interpretazione del linguaggio non verbale.  Un accenno appena va fatto a tutte le difficoltà che, per il fatto di essere donna, a volte, innegabilmente si affrontano e quindi alla specifica “resilienza” femminile che contribuisce a caratterizzare le attività con la nostra presenza.

Come si esprime il legame con il territorio della Tuscia?
Direi in sintesi un legame amoroso: abbiamo scoperto un territorio che ci ha conquistato prima con la sua bellezza, poi sorprendendoci con la varietà: dal mare al lago, le dolci colline e i vulcani, l’incanto dei boschi e la ricchezza di fiumi, cascate e acque termali, siti archeologici, paesini medioevali, città d’arte e la capacità di accoglienza degli abitanti. Una terra che dà molto e che hai voglia di ricambiare.

Producete anche un vino rosso, come mai questa eccezione?
La sorpresa di scoprire nella proprietà un’area con caratteristiche di terroir diverse ci ha portato a modificare il nostro progetto. Infatti la prima regola per fare vino è assecondare il terreno per ottenere il meglio dalle uve e dopo attenta analisi abbiamo accolto “l’invito della terra” impiantando viti di Cabernet franc e la terra ci ha poi restituito un vino rosso intenso, ricco ed elegante, il Vepre, che porta il nome della località così denominata, che a sua volta prende il nome da un arbusto (il prugnolo selvatico) che in autunno produce bacche blu simili a chicchi d’uva.

Accogliete i visitatori per degustazioni e acquisti diretti in azienda?
Molto volentieri accogliamo gli ospiti, in modo semplice in un piccolo Casaletto in Vigna per condividere l’emozione di stappare le bottiglie nel posto dove il vino comincia la sua storia. Nella Cantina poco distante, a Farnese, possiamo guidare gli ospiti alla scoperta dei delicati passaggi del metodoclassico e in una sala degustazione dedicata, fare assaggi tecnici dei vini accompagnandoli, a richiesta, con selezioni dei migliori prodotti di questa splendida terra di Tuscia.

Vini Pacchiarotti, l’azienda di una delle Donne in vigna
Azienda agricola nata nel 1998 situata nel Comune di Grotte di Castro, sorge a 500 metri slm e si affaccia sul Lago di Bolsena, del cui influsso climatico beneficiano le uve di aleatico. E infatti è proprio l’Aleatico il vino di punta di questa azienda femminile, condotta da Antonella Pacchiarotti. Con la particolarità di essere espressione del territorio e della storia del territorio, con una cantina del XVII secolo interamente scavata al piccone e recentemente ristrutturata “nel rispetto della tradizione ma con uno sguardo attento alle più moderne esigenze di produzione”. Ramatico, Pian di Stelle, Matèe, Cavarosso, Turan e Butunì sono i nomi dei vini prodotti (www.vinipacchiarotti.it).

Intervista alla rappresentante dei Vini Pacchiarotti
La proprietà si trova nella Tuscia laziale al confine con Toscana e Umbria, cuore della zona a Doc Aleatico di Gradoli. L’Azienda agricola nasce “con la volontà precisa di dare letteralmente radici ad una famiglia che, da generazioni, è espressione di questa terra” e nelle sue intenzioni vi è anche “la determinazione di esprimere il carattere femminile in un ambito, almeno da queste parti, a forte vocazione maschile”. Ne abbiamo parlato con la titolare, Antonella Pacchiarotti.

Foto di Tuscia Fotografia

Quando è perché è nata la tua azienda agricola?
Il progetto della mia Azienda prende vita nel ’98 quando ho deciso di acquistare i terreni e di impiantare il vigneto. Fino a quel momento mi ero occupata prevalentemente dei miei 3 figli, così, visto che loro stavano crescendo e diventando indipendenti, ho traslato l’attitudine all’allevamento, decidendo di occuparmi di vigna e di viti che come i figli, si allevano.

In che modo hai coniugato tradizione e innovazione?
Dalle mie parti tutti hanno sempre fatto vino per casa, chiunque aveva un po’ di vigna e una piccola cantina; quando ho deciso di intraprendere questo percorso, mi sono avvalsa della collaborazione di un enologo capace e (allora) giovane come me, quindi non più una metodologia di lavoro empirica basata sull’esperienza ma una attitudine più scientifica e tecnica secondo la moderna concezione dell’enologia. In più la cantina è dotata di tutti i macchinari che al giorno d’oggi servono per ottenere vini di qualità e che mi permettono anche di sperimentare, su questo vitigno, nuove e anche insolite e riuscite interpretazioni.

Quali sono le caratteristiche dei tuoi vini?
La principale caratteristica è che tutti e 6 i vini che produco vengono fatti con la stessa uva: l’Aleatico. Quando decisi di intraprendere questa avventura decisi anche di puntare sul vitigno più nobile della zona del Lago di Bolsena, l’Aleatico. La doc Aleatico di Gradoli è la seconda Doc più antica d’Italia (1972) e l’Aleatico è un vitigno davvero sorprendente, eclettico ed indimenticabile per chi lo incontra sul proprio cammino di degustazione. Di sicuro questa scelta, all’epoca, è stata coraggiosa: in zona le vigne erano prevalentemente caratterizzate dalla presenza di più varietà di vite ed in quel momento i vitigni autoctoni non godevano ancora della fama di cui per fortuna oggi possono giovarsi. In più l’Aleatico era principalmente conosciuto come vino dolce, da fine pasto, quindi la mia scommessa di vinificarlo secco e in 6 declinazioni differenti di colore e di gusto ha richiesto un grande sforzo comunicativo e di promozione volto a far conoscere le potenzialità di questo vitigno così eclettico, tale da raccogliere – forse con la sua versione più insolita tra quelle che produco, il Ramatico – anche importanti riconoscimenti da parte di guide di livello del settore.

Di quanti ettari è il podere e quante bottiglie produci annualmente in media?
La mia è una piccolissima proprietà, solo 3,5 ha, che seguo personalmente. Conosco ogni grappolo! Per questo ogni bottiglia è numerata: la mia è una piccola produzione per un pubblico appassionato e alla ricerca di vini di carattere che esprimono forte identità territoriale. Nelle annate migliori arrivo a produrre circa 10.000 bottiglie.

Quanto è dura essere donna in questo ambiente lavorativo e in questo territorio?
Certamente non posso negare che, quando questa mia avventura è iniziata, i contadini del posto mi hanno guardato con un po’ di diffidenza, oggi però vengono a chiedermi consigli su come produrre meglio i loro vini. E comunque, in generale, per me, come per le mie colleghe, affermarsi in questo mondo ha significato dover abbattere molti muri di pregiudizio di genere e, pian piano, far capire che noi donne, in questo campo abbiamo senza dubbio un punto di vista speciale: quello di chi è abituato da sempre a “prendersi cura” con passione ed amorevolezza, in più in noi donne non manca una dose di coraggio e visione che ci permette di sperimentare ed avventurarci su sentieri mai battuti prima.

Ricevete il pubblico per degustazioni e acquisti diretti?
Accolgo con piacere coloro che vogliono passare in cantina, a conoscere la mia realtà lavorativa e a conoscere con me i miei vini, ovviamente, essendo da sola, ed avendo piacere di dedicare ai miei clienti il tempo dovuto, è necessario prendere un appuntamento.

Tre delle Donne in Vigna brindano con la direttrice di Donna in Affari, Daniela Molina, e con la coordinatrice Floriana Farina

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