Campagna antiviolenza Società

I Centri Antiviolenza in Italia, l’indagine Istat

Centri antiviolenza e Case rifugio sono oggetto di una rilevazione annuale a partire dal 2018. L’indagine è condotta dall’Istat in collaborazione con DPO e Regioni

Pubblicato il report della seconda edizione dell’indagine sui Centri antiviolenza. Svolta nel 2019 e riferita all’attività svolta nell’anno precedente, l’indagine è stata condotta dall’Istat in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità (Dpo) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le Regioni.

La prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne
La Convenzione del Consiglio d’Europa (nota come Convenzione di Istanbul, del 2011) sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e contro la violenza domestica prevede che gli Stati aderenti – tra cui l’Italia, che l’ha ratificata nel 2013 (vedi nostro articolo: https://www.donnainaffari.it/2013/05/violenza-donne-convenzione-di-istanbul-ratificata-oggi/) – predispongano “servizi specializzati di supporto immediato, nel breve e lungo periodo, per ogni vittima di un qualsiasi atto di violenza che rientra nel campo di applicazione” della Convenzione.
L’Intesa Stato, Regioni e Province Autonome siglata in Italia nel 2014 stabilisce che i Centri antiviolenza sono “strutture in cui sono accolte – a titolo gratuito – le donne di tutte le età – e i loro figli minorenni -vittime di violenza, indipendentemente dal luogo di residenza”.

I Centri antiviolenza e le Case rifugio
I Centri antiviolenza costituiscono il fulcro della rete territoriale della presa in carico della vittima di violenza. Analogamente, le Case Rifugio sono “strutture dedicate, a indirizzo segreto, che forniscono alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, con l’obiettivo di proteggere le donne e i loro figli e di salvaguardarne l’incolumità fisica e psichica”.

La violenza contro le donne in Italia
L’Istat e il Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri rendono anche disponibile, tramite uno specifico sistema informativo, un quadro integrato e aggiornato, sulla violenza contro le donne in Italia, allo scopo di fornire informazioni e indicatori di qualità, che permettano una visione di insieme su questo fenomeno, attraverso l’integrazione di dati provenienti da varie fonti (Istat, Dipartimento per le pari opportunità, Ministeri, Regioni, Consiglio nazionale delle ricerche, Centri antiviolenza, Case rifugio e altri servizi come il numero verde 1522). Il sistema deriva dal Piano nazionale contro la violenza sulle donne e vuole essere un osservatorio di elevata qualità per permettere agli organi di governo e a tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel contrasto alla violenza di genere di monitorare i diversi aspetti del fenomeno e combatterlo con mezzi adeguati al fine di raggiungere gli obiettivi della Convenzione di Istanbul.

Il Report sui Centri antiviolenza
Al 31 dicembre 2018 erano 302 i Centri antiviolenza (CAV) segnalati dalle Regioni, pari a 0,05 Centri per 10mila abitanti, valore stabile rispetto al 2017. Di questi, 30 hanno iniziato la loro attività nel 2018.
Rispetto al 2017 risultano in aumento (+13,6%) le donne che si sono rivolte ai CAV: sono state 49.394 nel 2018, 17,2 ogni 10mila. Le donne che hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza sono 30.056, delle quali il 63,5% lo ha iniziato nel 2018.
Il 63% delle donne che hanno iniziato il percorso di allontanamento dalla violenza ha figli, minorenni nel 67,7% dei casi. Le donne straniere costituiscono il 28%.
I Centri antiviolenza hanno una reperibilità elevata essendo aperti in media 5,2 giorni a settimana per circa 7 ore al giorno; il 68,5% ha una reperibilità nelle 24 ore, il 69,6% ha la segreteria telefonica attiva quando non è aperto, il 22,6% ha messo a disposizione delle utenti un numero verde, il 50,2% ha una linea telefonica dedicata agli operatori. Inoltre, il 95,3% aderisce al numero 1522.

Centri antiviolenza. Chi offre quali servizi
I Centri sono promossi da soggetti privati nel 61,9% dei casi e quasi tutti operano da più di 5 anni (96%). Si occupano esclusivamente di violenza di genere il 66% degli enti privati promotori e il 57% degli enti privati gestori.
I servizi offerti dai Centri antiviolenza sono molteplici. I più frequenti sono quelli di ascolto e accoglienza, di orientamento e accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale (entrambi 96,5%), supporto legale (93,8%), supporto e consulenza psicologica (92,2%), sostegno all’autonomia (87,5%), percorso di allontanamento (84,0%) e orientamento lavorativo (80,5%).
Tra i servizi previsti dall’Intesa del 2014 sono meno erogati il servizio di supporto alloggiativo (66,5%) e quello di supporto ai minori. Tra i servizi non previsti dall’Intesa sono meno frequenti quelli di sostegno alla genitorialità (62,3%), di pronto intervento (58,8%) e di mediazione linguistica (45,9). Al Sud e nelle Isole, i servizi spesso sono erogati direttamente dai Centri mentre al Nord prevale il modello misto in cui sono coinvolti anche altri servizi/strutture territoriali.
Il 49,4% dei Centri antiviolenza dispone di sportelli sul territorio che forniscono servizi simili a quelli del Centro al fine di raggiungere un numero maggiore di donne.
I Centri puntano sulla qualità dei servizi offerti, investendo sulla formazione obbligatoria delle proprie operatrici (svolta dall’87,9% dei Centri) e sull’attività di supervisione, inerente sia l’organizzazione sia le attività svolte insieme alle donne, condotte dall’86% dei Centri.

La rete territoriale antiviolenza
L’82,9% dei Centri antiviolenza aderisce a una rete territoriale, quasi sempre formalizzata attraverso convenzioni o protocolli d’intesa/accordi (92,5% dei casi). La rete territoriale antiviolenza è coordinata prevalentemente da Enti territoriali quali Comune, Prefettura (ambiti della programmazione sociale e socio-sanitaria) o Provincia/Città metropolitana. Solo il 9,9% delle reti attribuisce al CAV la funzione di coordinamento.
Fanno parte delle reti molti soggetti: oltre agli Enti territoriali responsabili sul territorio dell’erogazione dei servizi sociali (97,7%), figurano soggetti del comparto sicurezza (92,5%), associazioni di volontariato (76,5%), soggetti del comparto giustizia (66,7%) o altri enti e soggetti (52,2%).

Lavorare nei Centri Antiviolenza
Le operatrici che lavorano nei Centri antiviolenza sono 4.494, di cui 2.492 (55,5%) impegnate esclusivamente in forma volontaria e 2.002 retribuite. La figura professionale che più frequentemente svolge un numero maggiore di ore in forma volontaria è l’operatrice di accoglienza, che ha un ruolo chiave per le attività svolte dal Centro.

Chi finanzia i Centri Antiviolenza
La forma di finanziamento principale dei Centri prevede un mix di fondi pubblici e privati (51,4% dei casi). Il 39,3% riceve esclusivamente finanziamenti pubblici, il 2,7% solo finanziamenti privati. In totale, i finanziamenti pubblici alimentano l’attività del 90% dei Centri antiviolenza.

APPROFONDIMENTO SUI TIPI DI CENTRI ANTIVIOLENZA IN ITALIA
Di seguito riportiamo l’approfondimento fornito dall’Istat:

Le tipologie dei Centri antiviolenza
I Centri antiviolenza sono stati raggruppati sulla base dei risultati di un’analisi multidimensionale che ha preso in considerazione, da un lato, la loro offerta alle donne, dall’altro, le strategie organizzative adottate per rispondere ai bisogni delle utenti. L’analisi conferma, rispetto al 2017, la presenza di sei modelli organizzativi diversi.

I Centri medi, integrati nella rete. Il gruppo include il 26,5% dei CAV. Si tratta di Centri di medie dimensioni il cui Ente promotore si occupa anche di violenza di genere. Questi Centri nel 2018 hanno seguito in media tra le 50 e le 100 donne nel percorso di uscita dalla violenza. Sono Centri che fanno parte integrante della rete territoriale antiviolenza, alla quale partecipano anche i servizi sanitari (Asl, ospedali), il comparto della sicurezza e le associazioni di volontariato. Sono finanziati esclusivamente con fondi pubblici e possono contare da sei a 10 persone che operano al loro interno al fine di erogare i servizi previsti dall’Intesa Stato-Regioni.

I Centri che erogano solo servizi di base ma sono supportati dalla rete. E’ composto dall’8,9% dei CAV; sono strutture che fanno parte di una rete territoriale ampia, comprendente oltre agli enti locali anche il settore sanitario e il comparto della sicurezza. Sono Centri prevalentemente finanziati in modalità esclusiva dai fondi pubblici al cui interno operano poche figure professionali che erogano i servizi essenziali, demandando i restanti servizi agli altri enti che partecipano alla rete.

I Centri con una presenza forte e autonoma che agiscono anche insieme alla rete. Il  gruppo raccoglie il 29,2% dei Centri. Sono strutture abbastanza grandi in termini sia di donne seguite, sia di personale, aperte più di 5 giorni la settimana. Tali Centri offrono una pluralità di servizi (erogati direttamente o da altre strutture territoriali) e svolgono attività di prevenzione e informazione presso le scuole e di formazione alle forze dell’ordine, agli avvocati e agli ordini professionali. Sono i Centri “storici”, gestiti direttamente da un soggetto privato che si occupano esclusivamente di violenza di genere. Nei pochi casi in cui la gestione dei servizi non è diretta questa viene demandata a un soggetto privato specializzato in violenza di genere. Il loro radicamento sul territorio è confermato anche dalla presenza di una rete territoriale antiviolenza molto articolata, di cui fanno parte il Comune e i servizi sanitari ma anche forze dell’ordine, procure e tribunali. Questi Centri ricevono finanziamenti sia pubblici sia privati.

I Centri piccoli, ma non isolati dalla rete. Il quarto gruppo (15,6% dei CAV) è composto da Centri piccoli ma incardinati all’interno di una rete territoriale antiviolenza che li supporta e li affianca nell’erogazione dei servizi necessari alla finalizzazione del progetto di uscita dalla violenza.

I Centri piccoli, che forniscono solo servizi di base. E’ quello più esiguo (3,9%), afferiscono i Centri anti violenza molto piccoli, aperti meno di 5 giorni a settimana che contano quasi esclusivamente su personale volontario.

I Centri piccoli che forniscono pochi servizi essenziali, dove la rete non esiste. L’ultimo gruppo (16% dei CAV) è composto da Centri che si collocano in territori dove la rete antiviolenza non esiste. Sono Centri che aderiscono al 1522, sono aperti più di 5 giorni a settimana e sono attivi sul territorio attraverso l’organizzazione di attività formative rivolte all’esterno. Il personale di questi Centri antiviolenza è prevalentemente composto da operatrici di accoglienza e avvocate per l’erogazione dei servizi di base. Le regioni maggiormente associate a questi Centri sono Puglia e Campania.

Potrebbe interessarti