Lavoro Normative

Tra licenziamenti vietati e cassa integrazione imprese alle strette

Licenziamenti vietati e cassa integrazione a compensazione, previsti dagli ultimi decreti, non tengono conto del fatto che la cassa integrazione ha un costo per le aziende

Tra licenziamenti vietati e cassa integrazione le aziende continuano a rimetterci. Le ultime novità introdotte dai provvedimenti emergenziali adottati per la pandemia, infatti, prevedono il divieto di licenziamento fino al 31 gennaio 2021 e la possibilità di compensare tale divieto con l’accesso agli ammortizzatori sociali Covid-19. Ma la cassa integrazione non è mai gratuita per le imprese, anche quando non è soggetta a oneri diretti. E i costi della Cassa integrazione che gravano sull’azienda possono ammontare anche a svariate migliaia di euro l’anno. Lo sottolinea – e lo dimostra – la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Foto di M. Sideri

Licenziamenti vietati e Cassa integrazione non si compensano
Nel caso di totale sospensione dell’attività lavorativa, l’accesso agli ammortizzatori sociali Covid-19 non è mai gratuito. Sebbene venga azzerato il contributo richiesto dalla normativa ordinaria per i periodi di cassa integrazione fruiti dall’azienda, permangono alcuni oneri a carico dei datori di lavoro. Tra le voci di spesa, il TFR, il ticket licenziamento, gli scatti di anzianità, il periodo di comporto, i ratei di ferie, i contributi per ammortizzatori sociali, il cui totale può anche ammontare a svariate migliaia di euro l’anno. A precisarlo è la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che nell’approfondimento del 7 novembre 2020 ha stilato, con tabelle esemplificative, un elenco dei costi per la cassa integrazione a carico di 4 aziende appartenenti a settori diversi (metalmeccanica industria, commercio, alberghiero, ristorazione), suddivisi per differenti periodi di fruizione degli ammortizzatori, categorie di lavoratori e mansioni.

Licenziamenti vietati e Cassa integrazione a compensazione senza… badare a spese
Tra le voci di spesa pesa, innanzitutto, il trattamento di fine rapporto, che per la totale durata della sospensione continua a maturare sulla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito qualora avesse svolto la propria prestazione lavorativa. Un onere significativo per i datori di lavoro, che incide a prescindere dall’effettiva prestazione del lavoratore in questi difficili mesi emergenziali. Ad esempio, nel settore metalmeccanico industria il costo medio mensile del TFR a carico dell’azienda per singolo dipendente a seconda dei livelli contrattuali può variare da 120,64 euro mensili per un lavoratore inquadrato al 3° livello fino a 144,47 euro per il dipendente inquadrato al 5° livello superiore. Nel commercio, invece, si passa da 132, 83 euro per un impiegato del 3° livello a 166, 52 euro per un responsabile di 1° livello.

Licenziamenti vietati e Cassa integrazione, le differenze di costo
A quanto sopra detto si aggiunge il costo per il c.d. ticket di licenziamento. Nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che darebbe diritto all’indennità di disoccupazione NASpI, il datore di lavoro è tenuto a versare una somma pari al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. E c’è anche da considerare che durante il periodo di cassa integrazione l’anzianità di servizio non si sospende, pertanto tutti gli istituti ad essa collegati e previsti dai diversi CCNL, come scatti di anzianità, periodo di comporto, diversa maturazione dei ratei di ferie etc., continueranno a produrre i loro effetti.

Licenziamenti vietati e Cassa integrazione, gli oneri previsti dai contratti collettivi
I principali contratti collettivi prevedono altri istituti che possono incrementare ulteriormente gli oneri a carico delle imprese in questo periodo, tra i quali i contributi ai fondi sanitari o agli enti bilaterali. E per finire vi sono i costi che mensilmente sostengono le aziende soggette al contributo per ammortizzatori sociali. È vero che sono destinati a un Fondo specifico, diverso da quello Emergenziale, ma per gli imprenditori è pur sempre un costo mensile per ottenere, in caso di necessità, la copertura degli ammortizzatori sociali.

I costi della Cassa integrazione
Nel prospetto realizzato dalla Fondazione studi Consulenti del lavoro (http://www.consulentidellavoro.it/siti-istituzionali/fs/approfondimenti/13365-ecco-quanto-costa-ad-un-azienda-la-cassa-integrazione) si noterà come tutti i costi evidenziati in precedenza sono quantificabili in molte migliaia di euro l’anno. Ma in cambio del non licenziamento, come procedono i pagamenti della Cassa integrazione Covid? Riportiamo di seguito i dati che ci ha inviato l’Inps stessa in un comunicato.

Pagamenti della Cassa integrazione Covid. Lavoratori in attesa del proprio turno
Ogni 15 giorni l’Inps comunica i dati aggiornati sui pagamenti di Cassa integrazione da parte dell’Istituto nel periodo di emergenza Covid. L’ultimo aggiornamento risale al 5 novembre 2020 ed è relativo ai dati del 3 novembre: da questo risulta che in totale sono state erogate 13.604.533 prestazioni, direttamente dall’Istituto, da maggio (primo mese utile a fronte di richieste CIG presentate per marzo e aprile), a fronte di 13.811.862 domande pervenute, che riguardano 3.492.329 beneficiari di cui 3.480.213 hanno ricevuto pagamenti. Ad oggi, dunque, il 99,65% dei lavoratori ha ricevuto pagamenti, mentre i restanti in attesa di un primo pagamento sono passati da oltre 17.000 a circa 12.000, di cui oltre 6.000 sono relativi a richieste presentate (SR41) solo il mese scorso. Le altre, riferite a mesi precedenti, sono attualmente oggetto di una specifica attenzione e diretta interlocuzione del personale dell’Istituto con le aziende, per risolvere caso per caso i problemi di diversa natura nella domanda.

Licenziamenti vietati e cassa integrazione, gli ultimi 15 giorni
In 15 giorni sono state erogate direttamente dall’istituto 781.967 integrazioni mensili mentre quelle ancora da pagare passano dai 267.625 a 207.329 trattamenti, dei quali il 73% si riferisce a richieste CIG di ottobre (pari a 151.090 pratiche presentate da pochi giorni), quasi il 13% riguarda richieste pervenute a settembre (26.232 trattamenti), quasi il 5% (9.862 pratiche) è su richieste di agosto, oltre il 9% (20.049) è relativo a domande pervenute tra maggio e luglio.

Anticipi CIG
In questi mesi di emergenza l’Inps ha gestito prestazioni CIG dirette o a conguaglio alle aziende, per un totale di 6,5 milioni di lavoratori, ma – spiega l’Istituto – la priorità resta quella di attivare tutto l’impegno e le soluzioni possibili per superare le criticità di ogni singola situazione in sospeso e ricorda che è possibile chiedere un anticipo del 40% della CIG. Tale anticipo verrebbe erogato in tempi ridotti, circa 15 giorni dalla domanda, e con possibilità di rettifica rapida in merito alle ore effettivamente usufruite.

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