Pari opportunità Società

Italia in zona rosa grazie alle attiviste del Giusto Mezzo

Un fine settimana in cui possiamo definire l’ Italia in zona rosa con i fiocchi del Giusto Mezzo esposti in 388 località e 19 regioni

Centinaia di attiviste con i loro fiocchi colorati hanno portato l’ Italia in zona rosa, da Trieste a Palermo, passando per Cagliari, le donne del Giusto Mezzo hanno attaccato a lampioni, pali, alberi, panchine, balaustre, semafori, ringhiere, davanti a scuole, bancomat, musei, palazzi pubblici, monumenti, spiagge, fiumi, con una piccola incursione a Bruxelles, di fronte al Parlamento europeo, migliaia di cartoline, appese con dei nastri rosa, con un QR code che rimanda alla petizione (https://ilgiustomezzo.it/firma-petizione/) rivolta al Governo, già firmata da 55.950 persone, primo atto del movimento nato su ispirazione di Half of it.

La petizione
La petizione chiede al presidente del Consiglio dei Ministri, prima Giuseppe Conte e ora Mario Draghi, di utilizzare metà dei soldi messi a disposizione dall’Unione Europea attraverso il Recovery Fund per politiche integrate e investimenti moltiplicatori sulla parità di genere e l’occupazione femminile: asili, servizi di cura, congedo di paternità obbligatorio, superamento del gap salariale.

I fiocchi dell’ Italia in zona rosa. L’operazione continua
Non sono solo le donne a presentare queste richieste: nel Giusto Mezzo ci sono attiviste e attivisti, e insieme tra venerdì, sabato e domenica hanno appeso i fiocchi rosa dal Nord al Sud Italia, raggiungendo quasi 390 tra grandi città e piccoli Comuni. E l’operazione continuerà anche nei prossimi giorni: anche se fiocchi e card verranno rimosse nel fine settimana, nel rispetto dell’ambiente, la battaglia del Giusto Mezzo non si ferma. E si prepara a invadere l’Italia con la sua onda rosa. Segnaliamo che anche Il Giusto Mezzo ha aderito all’iniziativa di Donna in Affari in favore delle lavoratrici romane che parte dalla compilazione del seguente questionario: https://forms.gle/RcZSrY8HLARvAP6MA

Il testo della petizione

Signor Presidente del Consiglio, Signore Ministre e Ministri,

Vi scriviamo perché riteniamo indispensabile che la governance dei fondi di Next Generation Eu sia gestita in Italia in modo paritario, sia nella composizione dei comitati sia nella scelta dei progetti e nella destinazione del denaro – due aspetti indissolubilmente legati.
A quanto leggiamo sui giornali, la governance del piano italiano per Next Generation EU sarà affidata al Comitato interministeriale degli affari europei (Ciae) per l’occasione composto da tutti i ministri: 8 donne e 14 uomini. Il piano di attuazione e la vigilanza politica dovrebbero invece essere assegnati a un comitato esecutivo formato dal Presidente del Consiglio e da due ministri “di spesa”: Economia Sviluppo economico. Tre uomini. Dovreste promuovere l’uguaglianza e la parità e non prevedete competenze femminili nella cabina di regia.

Abbiamo letto la bozza di proposta per gli assi di spesa del NGEU e le relative risorse e, con sommo sconcerto, abbiamo scoperto che  per le politiche di parità si prevedono solo 4,2 miliardi, inseriti nella voce “politiche sociali”, cui si destinano nel complesso 17,1 miliardi.

Noi non solleviamo esclusivamente un tema di genere, ma un tema di crescita. Ma con queste cifre non si arriva nemmeno al traguardo fissato dall’Europa sui nidi nel 2010. E’ una delle ragioni per cui insistiamo sulla valutazione di impatto di genere ex-ante e ex-post, un’analisi dei costi e dei benefici per l’impiego più utile dei fondi.

Ci auguriamo che abbiate imparato dagli errori commessi durante la prima ondata della pandemia, quando  la task force istituita per la ripartenza e guidata dal manager Vittorio Colao fu composta quasi esclusivamente da uomini. C’è voluta una mobilitazione generale perché, tardivamente, metteste riparo. L’ingresso di più eccellenti competenze femminili in quel Comitato ha definito la parità fra i sessi per quello che è, un asse a se stante, una questione cruciale non solo per le donne ma per tutti, e fondamentale per la ripresa del Paese. Quelle proposte, sviluppate nel documento “Iniziative per il rilancio Italia 2020”, sono pragmatiche e fattibili: auspichiamo che siano riprese. É la stessa Europa, peraltro, a indicare la parità tra uomo e donna nel processo decisionale come target-chiave, che va perseguita integrando la dimensione di genere in tutte le politiche, in tutti i programmi. Le linee guida del piano italiano individuano a cascata nell’inclusione di genere, sociale e territoriale una delle sei missioni da tradurre in progetti.

Non si tratta di astratti principi, ma di una rilevante questione economica. Conosciamo tutte e tutti i numeri della crisi che ha colpito soprattutto le donne. Il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi d’Europa: una media del 50,1% con disparità regionali che vanno dal 60,4% della Lombardia al 29,8% della Sicilia. Il bilancio del Covid19 sul mercato del lavoro, ancora del tutto parziale, vede tra il secondo trimestre 2020 e lo stesso periodo dello scorso anno 470 mila occupate in meno: un calo del 4,7%. Nella breve ripresa estiva il lavoro recuperato è stato più maschile che femminile. L’impatto della crisi su assistenza all’infanzia, commercio, turismo, ristorazione, i servizi in cui lavorano moltissime le donne, è durissimo. Crisi e lockdown hanno gravato sul già complesso equilibrio casa-lavoro delle italiane, perché lo smart working e la chiusura totale o parziale delle scuole, delle attività sportive e ricreative, rappresentano un carico senza precedenti. E le donne sono tante anche fra i lavoratori che non si sono mai fermati durante la pandemia: salute, largo consumo, assistenza. E troppe sono anche rimaste a casa chiuse con i loro aguzzini, come dimostrano i dati del 1522, il numero antiviolenza e antistalking. 
Eppure, le donne in questo Paese, pur essendo state le protagoniste della battaglia contro il Covid, sono poche nei vertici dei partiti, nelle cariche pubbliche e nei luoghi decisionali, e sono poche anche nel mercato del lavoro. E pochi sono i bambini e le bambine che hanno accesso al nido, e pochi usufruiscono del tempo pieno, soprattutto al Sud.

Per questi motivi, qualunque sia la scelta organizzativa del governo per la gestione di Next Generation EU, vogliamo mettere in chiaro subito che nulla può essere fatto senza le competenze femminili. Vogliamo salvare questo Paese e cogliere un’occasione storica per abbattere le discriminazioni economiche, culturali e sociali che immiseriscono metà della popolazione. Fare senza le donne, senza tenere la parità come asse principale, attraverso lo sviluppo dell’occupazione e di un piano straordinario di infrastrutture sociali, significa impoverire tutti. Ci sono decine di nomi femminili da proporre per qualunque comitato si voglia inaugurare: avete solo l’imbarazzo della scelta.

Aspettiamo un vostro riscontro e per ora vi ringraziamo

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