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Next generation EU, opportunità o delusione

Entro aprile i Paesi membri devono far pervenire le proposte di utilizzo del Recovery Fund ma il Next generation EU potrebbe essere una delusione per le donne

La grande opportunità del Next Generation EU capita una sola volta nella storia ma i tre pilastri su cui si basa (transizione ecologica, digitalizzazione, coesione sociale) sono – almeno i primi due, cui andrà la maggior parte delle risorse – quasi totalmente appannaggio maschile e ancora una volta le donne potrebbero restare ai margini e perdere un’occasione più unica che rara.

Cos’è il Next generation EU
Il Next generation EU è uno strumento messo in campo dall’Unione Europeo per aiutare i Paesi membri a ripartire dopo la pandemia perseguendo gli obiettivi che l’Europa già si era data in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Viene anche chiamato Recovery Fund (fondi per il recupero) per intendere che si tratta di risorse eccezionali stanziate per recuperare il gap economico/culturale causato dallo stop dovuto alla pandemia. Le risorse ammontano a 750 miliardi di euro e ogni Paese membro ne ha una quota ma deve dichiarare come intende utilizzarli tramite un apposito piano (il famoso Recovery Plan) che deve sottoporre all’UE entro aprile di quest’anno, dunque fra poche settimane. Le bozze del recovery plan italiano hanno scatenato dubbi e perplessità e fatto cadere un governo e ora si spera in quanto farà il governo Draghi. Ma in tutto questo quale spazio è stato dato alle donne?

La maratona per l’Europa delle donne
Sabato 27 febbraio, dal primo pomeriggio a tarda sera, gli Stati generali delle donne hanno organizzato una maratona online alla quale hanno partecipato tutte le organizzazioni femminili europee più rappresentative e di cui il nostro giornale è stato tra i media partner (https://www.donnainaffari.it/2021/02/maratona-per-l-europa-delle-donne/). Isa Maggi, in qualità di coordinatrice nazionale degli Stati generali delle donne, ha presentato l’evento che è stato trasmesso in diretta sulla pagina youtube dell’organizzazione (e che volendo si può rivedere al seguente link: https://youtu.be/BHwzJNfkmc4.
Durante l’evento donne e uomini esperti di politiche europee e di pari opportunità di genere hanno preso la parola per chiarire per quali motivi le donne potrebbero ricevere una scottante delusione dall’utilizzo di questi fondi e per l’ennesima volta essere marginalizzate, con grave danno per l’intera economia nazionale ed europea.

Half of it
L’intervento video di Alexandra Geese è stato particolarmente esplicativo. Alexandra è una parlamentare europea che rappresenta i Verdi tedeschi ed è componente di commissioni che hanno un ruolo predominante nell’ambito del Next generation EU: Commissione per i bilanci, Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, Commissione speciale sull’intelligenza artificiale in un’era digitale, Commissione per lo sviluppo regionale, ecc. A metà maggio 2020, quando ha controllato attentamente le politiche previste dal Next Generation EU, ha lanciato la campagna Half of It per chiedere che la metà del recovery plan sia destinata alle donne “perché ho visto che durante la pandemia erano sempre le donne a farsi carico della cura della famiglia una cura supplementare e non retribuita; che il 70% delle persone che hanno perso il lavoro a seguito della crisi era composto da donne; che il 57% delle risorse del Next generation Eu è destinato a settori dove lavorano quasi esclusivamente uomini. Quindi che si stavano dando risorse a chi di fatto non ha perso il lavoro. E la ritengo una decisione stupida e ingiusta, che rinforza la segregazione delle donne nel mercato del lavoro. Invece bisognerebbe fare il contrario: inserire le donne nei settori tecnici e gli uomini nei lavori di cura”.

Il ruolo delle donne nell’economia europea e italiana
Antonio Parenti, capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea, durante la maratona per l’Europa ha spiegato che l’UE è molto sensibile al tema della parità di genere e lo è non solo per un motivo di uguaglianza sociale ma anche per un motivo economico: ogni anno viene perso tra il 4 e il 5% del PIL (prodotto interno lordo, l’intera ricchezza di una nazione) per il mancato coinvolgimento delle donne nelle politiche di un Paese. Il Next generation EU è un fondo che deve essere usato – attraverso prestiti e sovvenzioni – per un cambio di passo nella società italiana, tanto è vero che la parità di genere sarà uno dei criteri di valutazione delle proposte che verranno presentate: al governo italiano non conviene dunque far finta di niente. Secondo Parenti occorre una presenza più forte e strutturata, consolidata, delle donne a livello economico e politico e bisogna approfittare proprio dell’opportunità del Next generation EU, perché se perdiamo questo treno, non tornerà. Non sono previsti altri interventi simili né nel breve né nel lungo periodo.

Dire cosa serve adesso, prima che sia troppo tardi
In Italia non si è riusciti ad attuare molte, troppe politiche – ha chiarito il parlamentare europeo del PD Brando Benisei – riguardanti temi importanti come energia e mobilità green, lavoro di donne e giovani, perché non si avevano sufficienti risorse per arrivare fino in fondo e così oggi ci troviamo di fronte a grandi differenze a livello territoriale e sociale. Per questo è importante che proprio ora, urgentemente, visto che c’è tempo solo fino ad aprile, i territori stessi facciano arrivare le proprie proposte e le proprie istanze altrimenti c’è il pericolo che le decisioni vengano accentrate e non si considerino le esigenze reali della popolazione.

Noi di Donna in Affari al riguardo ci teniamo a sottolineare che ci siamo messe in moto da tempo per raccogliere le istanze delle donne a livello territoriale, tramite il nostro questionario (https://forms.gle/RcZSrY8HLARvAP6MA) che potrebbe essere utilissimo per indirizzare le politiche dirette alle donne in vari ambiti. Suggeriamo alle nostre lettrici di compilarlo subito e ai nostri lettori di dirlo a tutte le donne che conoscono.

Un’Italia fanalino di coda europeo
Pier Virgilio Dastoli, presidente dell’Italian European Movement (https://www.movimentoeuropeo.it/), ha presieduto la tavola rotonda dal titolo “L’Europa che verrà” specificando che sarà quella che saremo capaci di costruire. Il Parlamento europeo dovrà svolgere un ruolo costituente per avviare una riforma dell’UE in senso federale considerando che fra meno di 20 anni se non si cambia rotta tutti i Paesi europei (fra cui l’Italia) usciranno dal G7 a causa del loro scarso PIL e addirittura dal G20. E l’Italia, che è già fanalino di coda in molti ambiti, potrebbe essere la prima a farlo. Per evitarlo è doveroso coinvolgere le donne e non solo come destinatarie di politiche di genere ma come protagoniste attive della politica, e lo devono essere in modo orizzontale, trasversale. Lo afferma Bruno Marasà, responsabile dell’ufficio di informazione del Parlamento europeo a Milano, che ha partecipato al tavolo. “Il Next generation EU indica la strada, e nella bozza del recovery plan italiano si considerava la parità di genere tra le priorità, ora dobbiamo vedere se con il cambio di governo sarà confermata”. Luisa Trumellini, segretario nazionale del Movimento federalista europeo (https://www.mfe.it/port/),  aggiunge che nel Next Generation EU è insita una sfida enorme: quella per colmare il gap sulla parità di genere e che per vincerla occorre che le donne arrivino ai posti di potere in tutti i settori. “Il loro contributo è fondamentale per lo sviluppo della società. La questione di genere è il crocevia di tutte le battaglie, ma attenzione: ogni passo che facciamo in avanti va consolidato altrimenti è sempre presente il rischio di tornare indietro”.

Liberare le donne dal fardello della cura familiare
Linda Laura Sabbadini, presidente dell’Engagement Group Women 20 (correlato al G20 – https://www.g20.org/en/engagement-groups.html), sottolinea che questa crisi è stata definita la recessione delle donne perché ha colpito soprattutto il settore dei servizi, dove sono coinvolte soprattutto donne. E se già prima della crisi pandemica il tasso di occupazione femminile era l’ultimo in Europa, ora la situazione è notevolmente peggiorata e, invece di reagire investendo sulle potenzialità femminili, si danno risorse ai settori a prevalenza assoluta maschile. In questo modo il governo italiano continua a generare disuguaglianza e discriminazione di genere. Il nuovo governo dovrebbe cercare di equiparare la situazione, magari dando alle imprese femminili dei settori considerati (Green e digitale) o a quelle che assumono un maggio numero di donne o le hanno in posizioni apicali un meccanismo premiale. E contemporaneamente bisogna sviluppare azioni che portino le imprenditrici a liberarsi dal fardello enorme e limitante della cura familiare. Bisogna dare incentivi importanti alle imprese femminili e monitorare seriamente le politiche e quanto verrà inserito nel Recovery plan italiano, controllando se la parità di genere sarà effettivamente implementata o se si tratta solo di belle parole.

Un cambio di paradigma: dalle politiche per le donne alle politiche delle donne
Le donne sono state finora destinatarie di politiche decise dagli uomini per loro ma bisogna approfittare del Next generation EU per modificare questo paradigma di base. Antonia Carparelli, consigliera per la governance economica della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, parla di sradicare gli stereotipi di genere, di indirizzare le risorse del Next generation UE alla parità di genere, all’empowerment femminile su scala globale, alla leadership femminile. Perché le donne sono state le prime vittime di questa pandemia e della conseguente crisi economica e non possono essere relegate in secondo piano. Forse i governanti non lo hanno ancora ben compreso ma nel loro Recovery plan devono dimostrare – pena l’inammissibilità – che i fondi verranno utilizzati (tutti) per contribuire alla parità di genere. Per poterlo fare bisogna coinvolgere le donne nelle politiche decisionali da un ruolo non subordinato ma attivo e proattivo, perché “c’è differenza tra misure per le donne e misure delle donne”.

Un lavoro di qualità
Gianna Fracassi, segretaria confederale nazionale della CGIL, chiarisce le esigenze delle lavoratrici: un lavoro di qualità, basta con la segregazione delle donne dal mercato del lavoro, fare un piano di assunzioni nei settori pubblici, rafforzare i servizi educativi per l’infanzia, rafforzare i sistemi di istruzione e ricerca (in Italia ci sono tantissime ricercatrici), investire nelle infrastrutture sociali, rafforzare i diritti, dal momento che il fenomeno dei working poors è tutto femminile. Ma il suo appello si sofferma su una questione importante: bisogna fare “massa critica”, altrimenti non si cambierà nulla.

Perché non riusciamo a fare massa critica
Vogliamo sottolinearlo: nonostante le tante donne che in Italia si stanno muovendo per risvegliare le “dormienti” che si lasciano guidare in tutto e per tutto dagli uomini restando relegate ai ruoli che essi hanno scelto per loro da centinaia di anni, la massa critica necessaria a portare all’attenzione dei decisori italiani, europei e mondiali la necessità di un cambiamento essenziale delle politiche di genere non c’è. Sono troppe, la maggioranza, le donne che ancora si voltano dall’altra parte. Ne è prova che in troppe si nascondono dietro la frase “non ho tempo” senza capire che se impiegassero un po’ di quel tempo – che invece hanno eccome – nel fare un minimo sforzo per aiutare chi si impegna per loro, poi di tempo ne avrebbero veramente molto di più. Che dire: sembra che a molte donne in realtà il lavoro che altre stanno facendo per i loro diritti non interessi. E di questo traggono vantaggio le politiche maschili che continueranno a perpetrare ingiustizie nei confronti delle donne. Quindi esortiamo ancora una volta le donne che ci leggono a veicolare il messaggio delle tante organizzazioni che si stanno battendo per i diritti femminili, alle loro amiche, parenti, conoscenti. Bisogna svegliarsi: la parità dei diritti ancora non c’è.

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