Lavoro Mestieri e professioni

Fnopi, in Italia mancano 63.000 infermieri

Rispetto alla media europea, in Italia, secondo la Fnopi, vi è carenza di infermieri. Le paghe sono, inoltre, le più basse tra i Paesi più industrializzati

La carenza degli infermieri è documentata da molto tempo e, peraltro, ogni anno sembra peggiorare, con rischi seri per la salute – spiega la Fnopi all’agenzia DIRE. In Italia, ad ora, secondo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) mancano all’appello più di 63.000 infermieri: se nei Paesi UE si viaggia a circa 1.000 infermieri ogni 100.000 abitanti, nel nostro paese non si arriva nemmeno a 600 unità.

Carenza di infermieri nelle varie regioni secondo la Fnopi
Stando al centro studi della Fnopi, il mancato fabbisogno di infermieri si fa sentire in tutte le regioni: si va dagli oltre 9.000 professionisti mancanti in Lombardia, ai quasi 7.000 nel Lazio, 6.300 in Campania, 5.700 in Sicilia, 4.800 in Puglia, 4.500 in Veneto, 4.000 in Piemonte e 3.700 in Toscana (tanto per citare le regioni con i numeri più significativi). I nostri infermieri sono, per di più, i meno pagati tra i paesi industrializzati. “Sono i meno pagati tra quelli degli Stati maggiormente industrializzati in Europa e in tutto il mondo occidentale” afferma la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, che a Firenze inaugura un congresso itinerante da maggio a dicembre, organizzato in 20 appuntamenti.

Le problematiche relative ad assunzioni e retribuzioni di infermieri
Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi blocchi del turnover, superati solo dai provvedimenti introdotti dal DL Crescita nel 2019. Nel 2020, poi, con i provvedimenti e gli interventi che si sono susseguiti a causa della pandemia da Covid (in particolare il decreto Rilancio) è stata prevista l’integrazione degli organici infermieristici: prima con contratti flessibili, poi, dal 2021, con contratti a tempo indeterminato. Tuttavia “l’intervento, seppure assolutamente meritorio, è parziale e copre le necessità legate all’emergenza” sottolinea la Fnopi.
Oltre a questo, si spiega, “uno dei problemi maggiori da affrontare, rispetto alla crescita e alle aumentate responsabilità e specializzazioni della professione infermieristica, è sicuramente quello delle retribuzioni. Oggi questa voce è inserita nel più vasto contenitore del ‘personale non dirigente’, anche se a molti infermieri sono affidati ruoli di coordinamento e di responsabilità anche di distretti sanitari. Da questo nasce l’esigenza di un’area infermieristica separata, in cui sia possibile riconoscere i diversi livelli di responsabilità e di merito e prevederne un’adeguata, conseguente, retribuzione”.

Le parole della presidente della Fnopi
Il gap sul fabbisogno “ha dimostrato i suoi effetti negativi proprio durante la pandemia e ora, con il necessario recupero di un’assistenza di qualità anche verso i pazienti non Covid, potrebbe trasformarsi in un serio rischio per la salute” spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche. “I fattori che hanno portato a questa situazione sono molteplici, come il contenimento della spesa, il blocco del turnover e i provvedimenti che negli ultimi dieci, quindici anni, hanno contingentato la possibilità di assumere da parte delle aziende. Aziende che non hanno assunto perché non si poteva, non perché non ne avessero bisogno. E questo in qualche modo ha poi disincentivato i numeri della formazione” sottolinea Mangiacavalli (vedi anche nostra intervista: https://www.donnainaffari.it/2020/04/professione-infermiera-covid-19/).

La formazione degli infermieri
Un punto, quest’ultimo, che apre una riflessione: “Mediamente servono quattro, cinque anni per formare un infermiere. È vero che la laurea abilitante è triennale, tuttavia il percorso degli studi è molto concentrato, così in molti lo allungano di un semestre” osserva la presidente. “In moltissimi, poi, procedono con percorsi di formazione ulteriori. Quindi è evidente che bisogna partire con anticipo e se si fosse tenuto conto delle nostre richieste avremmo circa 14.000 infermieri in più e già in servizio”.
E Mangiacavalli conclude con una nota positiva spiegando che quest’anno “c’è stato un impulso importante: sono stati previsti quasi 23.000 posti, la totalità delle possibilità, ed è iniziato un confronto importante con i ministeri dell’Università, della Salute e con la Conferenza delle Regioni affinché si possa andare a strutturare una ridefinizione del fabbisogno formativo, di base e specialistico, che tenga conto dei mutati bisogni di salute dei cittadini”.

Fonte (e foto): Agenzia DIRE

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