Ambiente Imprenditoria

Forum Energia e Ambiente, a cura del Rotary Club

Il Rotary Club Roma Castelli romani ha organizzato il forum scientifico su Energia e Ambiente, evento coordinato dal capo ufficio stampa del CNR

Energia e ambiente
“I movimenti ambientalisti sono nati negli USA intorno agli Anni Sessanta; dopo 50 anni tutto il mondo è diventato ambientalista. Tutti promuovono la transizione ecologica. La discussione si è spostata allora su come attuarla, considerando che almeno un miliardo di persone ancora nemmeno hanno l’elettricità”. Sono le parole di Chicco Testa, presidente FISE-Assoambiente e già presidente di Sorgenia, di ENEL, di Legambiente ed ex parlamentare, da sempre attivista ambientalista, durante il Forum tenutosi sabato 29 maggio 2021 presso il centro Mariapoli a Castel Gandolfo. Un evento organizzato dal Rotary Club Roma Castelli romani, presieduto dalla dott.ssa Maria Luisa Lucchetta Quercia.

 

pres. Maria Luisa Lucchetta Quercia

Il Forum Energia e Ambiente
La considerazione di Chicco Testa dalla quale siamo voluti partire per scrivere questo servizio ci sembra l’aire che secondo noi ha dato impulso a questo forum su Energia e Ambiente coordinato da Marco Ferrazzoli, capo ufficio stampa del CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), al quale hanno partecipato diversi esponenti del mondo scientifico italiano. Un forum che si allontana dal mainstream, il pensiero dominante in ambito ecologista, in quanto pone in evidenza problematiche e aspetti taciuti della transizione energetica. La domanda che ci si è posta è se le energie rinnovabili, così come le stiamo producendo, siano effettivamente sostenibili dal punto di vista ambientale. E la risposta non sembra essere così certa. Si tratta, lo sappiamo, di un argomento molto delicato ma di cui è bene ascoltare più pareri allo scopo di supportare scelte politiche, economiche e sociali ragionate e ragionevoli.

Il complicato rapporto tra energia e ambiente
L’ingegnere nucleare dell’Enea Massimo Sepielli, del comitato direttivo ASTRI (Associazione di scienziati e tecnologi per la ricerca italiana) ha subito sottolineato la necessità di trovare un equilibrio tra sviluppo sostenibile, energia e ambiente tenendo presente che da sempre la disponibilità di energia è alla base dello sviluppo umano. “L’uomo è sempre progredito” ha detto facendo notare che non può esistere una “decrescita felice” proprio perché è grazie alla tecnologia e al progresso che oggi abbiamo una vita più lunga e di qualità, soprattutto – appunto – nei Paesi maggiormente sviluppati. Di vita di qualità non si può parlare nei Paesi in via di sviluppo, i cui abitanti emigrano a migliaia: “se la decrescita ci rendesse felici dovrebbe avvenire il contrario” precisa Sepielli. I flussi migratori da sempre si muovono in effetti laddove il tenore di vita è più alto e cioè nei luoghi in cui l’energia è sicura. L’energia rappresenta un valore del quale la vita umana non può fare a meno, e lo hanno ben capito i Governi, al punto che oggi le battaglie si sono spostate dai campi di combattimento alle politiche energetiche. Ma la visione di Sepielli si spinge oltre e porta a riflettere su una questione sottaciuta: per creare energie rinnovabili occorrono minerali, metalli ed elementi rari, quali l’antimonio, il gallio o il germano; si potranno aprire delle guerre commerciali per appropriarsene visto che la domanda di energia è costantemente in aumento, soprattutto da parte dei Paesi in via di sviluppo per le ragioni sopra addotte. Nella lotta per procurarsi tali elementi chi ne farà le spese sarà proprio – paradossalmente – l’ambiente naturale.

Ottenere energia rinnovabile: a quale costo?
Esiste un lato oscuro dell’energia verde, informazioni di cui nessuno parla per seguire quello che abbiamo definito mainstream ecologista. Ne ha parlato il presidente di IsAG (Istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie) Enrico Mariutti, storico ed esperto di ambiente, specificando che la transizione energetica ci viene “venduta” come un processo win-win, in cui tutti vincono. “In realtà non è così” afferma “poiché ci sono complessità da superare di ordine strategico, ambientale, economico, sociale e persino umanitario”. Dal punto di vista strategico si è partiti da subito in modo erroneo fin dal 1997, con il protocollo di Kyoto: invece di decarbonizzare le fonti di energia si è scelto di decarbonizzare le attività economiche, rendendo obbligatorio il confronto e il coinvolgimento di migliaia di stakeholders. In poche parole si è complicato il percorso e si è complicata la vita di tutte le imprese. Dal punto di vista ambientale il discorso è sorprendente e inaspettato: mentre con i combustibili fossili si estrae dal suolo energia già pronta e concentrata che liberiamo, le energie rinnovabili devono essere create. Significa che non si ha bisogno di semplici impianti di estrazione o di trasformazione ma di costruire impianti complessi e costosi in termini proprio ambientali. Il blocco di una batteria per auto elettrica ha bisogno, per essere realizzato, di materiali rari e costosi che si trovano nei luoghi più incontaminati del mondo, come ad esempio il litio nei laghi salati del Cile, che dovranno essere devastati per estrarlo. E se la road map di azzeramento delle emissioni di CO2 ci impone entro il 2050 di raggiungere lo zero (nessuna emissione) grazie a una quota di energie rinnovabili pari all’86%, ecco palesarsi il problema economico: la spesa che occorrerebbe affrontare per realizzare questo sogno (utopistico) tra 10 anni sarà di 5.000 miliardi di dollari l’anno, ovvero più del doppio di quanto si spende in tutto il mondo per la difesa e più di quanto tutti gli Stati del mondo spendono in sanità.

Energia e ambiente, con il popolo inconsapevole al centro
E dal punto di vista sociale e umanitario? Mariutti chiarisce: “la transizione ecologica sottrarrà risorse alle prossime generazioni. I 30 milioni di posti di lavoro che si creeranno grazie ad essa in realtà saranno tutti in Cina perché è il Paese che domina tutta la catena delle energie rinnovabili e delle auto elettriche. E ricadranno sulla gente comune i costi: per fare un esempio, secondo il report IEA (International energy agency) entro 5 anni saranno fuori legge tutte le caldaie a pellet, a gasolio, ecc. ma la spesa per la loro sostituzione ricadrà sulla popolazione. In tutti i Paesi il petrolio oggi garantisce una quota di PIL ma in Africa questa quota è addirittura del 20%, i cui abitanti hanno una rendita proprio dai combustibili fossili. Questi combustibili danno da mangiare a Paesi come il Niger e altri in via di sviluppo. Significa che 2 miliardi di persone non avranno la possibilità di fare questa transizione ecologica che si trasformerà in una guerra tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Per non parlare di tutto il potere che stiamo mettendo nelle mani della Cina. Sarà lei a guadagnare da questo passaggio alle energie rinnovabili, mentre probabilmente anche noi ne resteremo fuori se non modifichiamo il nostro atteggiamento retorico”.

La Basilicata, maggior esempio italiano di produttore di energia
In Italia abbiamo una regione, la Basilicata, che rappresenta un esempio evidente di produzione di energia da combustibili fossili, con i suoi pro e i suoi contro. Proprio lì sono concentrati gli stabilimenti di estrazione di petrolio e gas. Come spiega il Sindaco di Marsicovetere (Potenza) Marco Zipparri, nel triennio 2018-2020 dei 20,6 milioni di tonnellate di greggio necessarie a soddisfare la richiesta nazionale, ben 12 milioni provengono dalla Basilicata, da cui partono 156.000 barili al giorno. Il 15% del fabbisogno nazionale ed europeo è coperto da questa regione italiana. Ma – sottolinea Zipparri – chi abita qui deve pagare uno scotto. “Ci sono stati numerosi incidenti che hanno avute ricadute pesanti sul territorio e di conseguenza sulla cittadinanza. Sversamenti e perdite dai serbatoi di stoccaggio ad esempio. Ma anche perdite importanti lungo tutto l’oleodotto. E poi le emissioni in atmosfera, per quanto oggi tenute sotto controllo da Arpa ed Ispra. Ma per il nostro territorio è urgente un cambiamento, e persino l’Eni sta immaginando una Energy Valley per la decarbonizzazione fino al 2045. La Lucania vuole inserirsi in questo percorso”.

Per parlare di energia e ambiente non si può prescindere dai territori
Angelo Spena, ingegnere membro del direttivo Astri e docente all’Università di Roma Tor Vergata, è convinto della necessità di nuovi modelli di business collegati alla decarbonizzazione, basati sulle esigenze dei singoli territori, basati dunque più sulla Blu Economy che sulla Green economy. Oggigiorno sono coinvolti nel processo verso un uso massiccio di energie rinnovabili 65 multinazionali ma solo 35 nazioni. Così gli investitori sollecitano il cambiamento utilizzando il mainstream di pensiero incanalato per sovvertire i paradigmi, senza cristallizzarsi sulla necessità di tempi lunghi. Ma non si valutano le esigenze dei singoli territori, per esempio in alcuni luoghi l’impianto di pannelli fotovoltaici, che creano isole di calore al suolo, può essere controproducente, levando la possibilità di usare il terreno ad altri scopi più utili in quella zona. Non ci si pone, in Italia, il problema della manutenzione dei bacini idroelettrici (forma di energia sostenibile per eccellenza). E non si approfondisce la possibilità di usare l’energia nucleare che, soprattutto dopo gli studi di questi ultimi anni, è considerata la fonte più sicura per l’ambiente. Secondo Spena il problema è economico: un campo fotovoltaico dà una rendita dopo 4 mesi, una centrale nucleare lo dà dopo 20 anni.

Verso l’elettrificazione globale
Il presidente dell’Astri, Sergio Bartalucci, introducendo il forum, ha enumerato i problemi che sta suscitando il riscaldamento globale e le soluzioni trovate dalle organizzazioni mondiali ed europee. Naturalmente la gestione della politica energetica ha un impatto anche sull’occupazione e sulla salute dunque bisogna allontanarsi dalle ideologie politiche “la neutralità climatica si raggiunge solo evitando posizioni ideologiche” afferma Bartalucci, aggiungendo che purtroppo dal 1979, cioè da quando il problema si è posto all’attenzione globale, sono state fatte tante dichiarazioni di principio ma nulla di concreto è stato ancora realizzato. Entro il 2050 le emissioni di CO2 dovranno arrivare a quota zero. L’Europa pesa per il 10% su tali emissioni e si è attivata con una serie di regole da seguire ma il resto del mondo, che influisce molto di più sull’ambiente e sulla salute umana, non sta facendo nulla o quasi. Le politiche europee prevedono che la forma di energia da utilizzare per i trasporti, il riscaldamento, la meccanizzazione industriale, ecc. debba essere sempre più elettrica, arrivando al 30% nel 2030 e al 50% nel 2050. Le fonti di energia rinnovabile però non sono sufficienti a dare la potenza necessaria per sostituire le attuali fonti e non sono nemmeno stabili – aggiunge Bartalucci. La potenza elettrica sviluppata dall’energia eolica è di 0,56 al metro quadrato, l’energia solare sviluppa solo 10 watt al metro quadrato, “il che significa che se volessimo coprire il fabbisogno nazionale dovremmo occupare di pannelli solari una superficie di 27.000 chilometri quadrati, più del Piemonte”. L’intermittenza, la bassa potenza, la lontananza (per l’effetto Joule l’energia con la distanza viene dissipata), nonché l’enorme quantità di minerali che vanno estratti sono tutti svantaggi che, insieme con gli alti costi (che finiscono nelle bollette degli utenti), vanno presi in considerazione nello sviluppo delle politiche climatiche.

Energia e ambiente, le soluzioni proposte
Scienziati e tecnici intervenuti al Forum sono concordi nel criticare la politica energetica che si sta portando avanti in Europa e in Italia. Nonostante sia emersa la necessità di avere un’energia che non impatti sull’ambiente né sulla salute umana, è anche vero che il metodo da attuare per arrivare al cambiamento deve essere valutato sotto tutti gli aspetti. Ora come ora, per dirla con il presidente dell’Isag, Enrico Mariutti, il piano europeo “è utopistico: ci servirebbe un recovery plan ogni anno”.

avvocata Cinzia Pasquale

Una soluzione possibile è quella di coinvolgere i territori, come suggerisce il prof. Angelo Spena, creando delle comunità energetiche con il consenso dei cittadini perché si attuino politiche locali ad hoc. L’avvocata Cinzia Pasquale, presidente della Camera forense ambientale, un organismo nato nel 2017 in Basilicata, propone a supporto dei politici e come mediatore tra cittadini e politici, la legislazione energetica. “Lo strumento che media tra scienza e politica è il diritto” afferma. “La normativa dell’UE deve confrontarsi con quella degli Stati membri perché l’energia deve essere un elemento di stabilizzazione, di pace, non ha attinenza solo con l’economia. Armonizzare le leggi non è facile ma per questo si parla di Governance dell’energia che va però gestita con una modalità nuova: attraverso le Authority. Oggi abbiamo l’ARERA, un ente imparziale che deve regolare i rapporti tra politici e tecnici tutelando i cittadini. Le istituzioni però devono aprirsi agli esterni, agli scienziati, ai tecnici. Perché la gestione ambientale richiede diverse competenze, quindi scienziati, tecnici, giuristi e politici devono dialogare tra loro”.

prof. Emilia Costa

Conclusioni
I relatori nella giornata di approfondimento sul tema Energia e Ambiente sono stati molti e hanno toccato diversi aspetti, compreso quello del rapporto tra ambiente e salute, di cui ha parlato la neuroscienziata Emilia Costa, professore emerito alla Sapienza Università di Roma, sottolineando come le variazioni climatiche abbiano sempre avuto un impatto sulla salute umana ma come questo sia oggi notevolmente maggiore e come vada ancora studiato e approfondito il concetto di interazione tra ambiente e individuo “soprattutto perché da questa interazione costante e continua dipende la nostra vita”. Un altro argomento analizzato – da parte del prof. Pierangelo Sardi (già consigliere CNEL) – è stato quello dei condizionamenti delle scelte energetiche, mentre si sono succeduti anche interventi in collegamento esterno da parte di esponenti del Rotary, scienziati e ricercatori come il biologo Valerio Laghi dall’Istituto L. Pasteur di Parigi. Presente anche il vicesindaco di Castel Gandolfo, Cristiano Bavaro, che ha aperto i lavori con un indirizzo di saluto.

vicesindaco Cristiano Bavaro

Il tema del rapporto tra energia e ambiente è stato trattato in modo diverso da quello cui siamo abituati, in cui si pensa solo ai benefici che potremmo avere dall’utilizzo di un’energia a basso impatto ambientale. Infatti, se questo è assodato, se l’obiettivo da raggiungere è certo, ancora non si parla di come raggiungerlo sul serio. La domanda dunque è: il fine giustifica i mezzi? No, a quanto abbiamo sentito non ci sembra proprio: bisogna che i mezzi non ci rechino maggior danni “strada facendo”.

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