Fisco e norme Imprenditoria

Unimpresa chiede cancellazione norme Decreto Dignità

Col Decreto Dignità salgono i costi per le aziende, aumenta il costo dei contributi per i contratti a tempo mettendo a rischio i rinnovi

Questa la denuncia di Unimpresa, l’Unione nazionale delle micro, piccole e medie imprese rispetto ai contenuti del Decreto Dignità che, secondo il consigliere nazionale Giovanni Assi, contiene “norme da cancellare subito: serve più flessibilità per garantire maggiore occupazione”.

Il Decreto Dignità e la “spinta al nero”
Il cosiddetto Decreto Dignità introduce alcune limitazioni per i contratti di lavoro a tempo determinato e in particolare un aumento dei contributi previdenziali dello 0,5%, il tetto a 12 mesi senza causale e un massimo di quattro rinnovi. Tali limitazioni – denuncia il consigliere Assi – in realtà stanno limitando la creazione di nuovi posti di lavoro, spingendo sempre di più le piccole e medie imprese a forme di occupazione “in nero”. Secondo Assi “non c’è più tempo per pensare, bisogna immediatamente e definitivamente cancellare il Decreto Dignità e rendere il mercato del lavoro più flessibile”.

Un mercato del lavoro malato
Secondo il consigliere nazionale di Unimpresa gli ultimi dati Istat diffusi in questi giorni continuano a mostrare un mercato del lavoro malato. Rispetto a febbraio 2020 – ultimo mese prima dell’inizio della pandemia – il numero di occupati è sceso di oltre 700mila unità e si è in attesa di vedere gli effetti della fine del blocco dei licenziamenti. Gli unici segnali positivi giungono (seppur in maniera timida) proprio dal ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato: da gennaio a maggio infatti le quasi 180mila persone in più che ha registrato il mercato del lavoro sono quasi tutte con contratto a tempo determinato.

Un clima di incertezza
“Siamo in un clima di grande incertezza dove da una parte le nostre imprese vivono con soddisfazione l’avvio di una nuova fase economica in forte risalita ma dall’altra parte nessuno dimentica quello che è accaduto lo scorso anno quando, con la fine dell’estate e l’arrivo della stagione autunnale e la riapertura di scuole ed uffici, si è ripiombati nell’incubo pandemico” aggiunge Assi. “Da ultimo, ad aumentare lo stato di incertezza contribuiscono le dichiarazioni del Ministro Speranza sulla particolarmente insidiosa variante Delta e la pressoché inesistenza di politiche attive poste in essere dagli ultimi decreti che non hanno minimamente incentivato il ricorso alla stabilizzazione. E ancora: il contratto di rioccupazione che ha stabilito un imbarazzante sgravio di sei mesi, come al solito subordinato all’autorizzazione della Commissione Ue, che giungerà chissà tra quanti e quanti mesi, a fronte di assunzioni a tempo indeterminato”.

Il lavoro flessibile
A giudizio di Assi “l’unica soluzione possibile per le aziende è il ricorso a tipologie di lavoro flessibili che permettano alle aziende e ai dipendenti di riprendere l’attività lavorativa monitorando l’andamento del lavoro (e della pandemia) prorogando di volta in volta i contratti. È pertanto indispensabile eliminare tutte quelle inutili limitazioni che il decreto legge 87 del 2018 convertito dalla legge 96 del 2018 ha inserito e che già di fatto, in maniera molto molto timida e parziale, nel periodo pandemico sono state sospese, chiaro segnale che a questo Decreto Dignità non ci crede più nessuno, tanto vale eliminarlo subito e totalmente”.

Le richieste di Unimpresa al Ministro del Lavoro
“Restrizioni che già in epoca pre-pandemica si erano dimostrate assolutamente inadeguate avendo come unico risultato quello di ‘espellere’ dal mercato del lavoro quelle risorse che raggiungevano i limiti e soprattutto incentivando il ricorso al lavoro nero a causa anche dell’inspiegabile incremento del costo del lavoro” continua Assi. “Sì, perché il Decreto Dignità, tra le altre limitazioni, ha non solo ridotto la durata (massimo 12 mesi senza causale), riducendone contestualmente il numero dei contratti prorogabili a soli quattro, ma ha pure incrementato il costo del lavoro già alle stelle con uno 0,50% aggiuntivo di contribuzione Inps per ciascun rinnovo. Si chiede, pertanto, al Ministro del Lavoro Orlando di non tergiversare più e iniziare davvero con coraggio l’epoca delle riforme, quelle serie del lavoro, cessando definitivamente l’epoca degli interventi ‘tampone’ fatti esclusivamente di politiche passive e di compromessi sindacali che hanno confermato il nostro Paese in fondo alla classifica internazionale per tasso di disoccupazione giovanile (31,7%), aprendoci così finalmente ad una nuova stagione fatta di un mercato del lavoro moderno, flessibile e competitivo”.

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