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Intervista alla neo-presidente CEVI, Matilde Poggi

Intervista esclusiva a Matilde Poggi, neo Presidente dei Vignaioli Europei – CEVI Confederazione europea dei vignaioli indipendenti

Matilde Poggi, presidente FIVI (Federazione italiana vignaioli indipendenti) è stata eletta a luglio 2021 presidente Confederazione europea dei vignaioli indipendenti, prendendo il posto di Thomas Montagne. Una donna, un’imprenditrice, che ricopre una carica di prestigio in rappresentanza di un settore basilare per l’economia italiana: Donna in Affari l’ha intervistata.

La nostra intervista a Matilde Poggi

Osservare e conoscere il proprio territorio, che rappresenta il dna di ogni vino; adattarsi alle mutate richieste del mercato, aumentando la diversificazione dei canali di vendita. In un mondo che corre sempre più veloce, in cui la pandemia ha influenzato anche le nostre abitudini alimentari, il segreto di un buon vino è innovazione applicata alla tradizione.
Parola di Matilde Poggi, una pasionaria dei vini autoctoni, neoeletta Presidente dei Vignaioli Europei.

Di recente è stata nominata Presidente dei Vignaioli Europei. È la prima volta per l’Italia alla guida di questa importante realtà. Come si caratterizzerà la sua presidenza: sarà all’insegna della discontinuità?
La mia nomina è un passo importante per Cevi, che rafforza la sua natura europea. Thomas Montagne ha fatto un eccellente lavoro e io intendo proseguire su questo solco, dando anche un maggiore spazio a tutte le federazioni nazionali che ne fanno parte.

La pandemia legata al Covid-19 ha inevitabilmente influenzato anche le abitudini alimentari aumentando il consumo domestico e l’e-commerce. In che modo il mercato del vino in Italia e nel mondo è cambiato?
I consumi di vino si sono spostati da fuori casa all’interno della casa. Ritengo sia un segnale rilevante di un cambiamento che rimarrà anche in futuro, quando si tornerà alla normalità e alle riaperture. Importante sarà per noi vignaioli adattarci a queste mutate abitudini, aumentando la diversificazione dei nostri canali di vendita.

Lei è stata definita in più occasioni la pasionaria dei vitigni autoctoni; produce Bardolino, il rosso del Garda con le stesse uve dell’Amarone (Corvina e Rondinella). Cos’è per lei il vino, innovazione o tradizione?
Il vino è innovazione applicata alla tradizione; è una materia viva e ognuno di noi deve saperla interpretare in modo corretto. Occorre in primis saper osservare e conoscere il proprio territorio, che deve essere il dna di ogni vino. Giustamente si ricorda che il Bardolino nasce dalle stesse uve del Valpolicella e dell’Amarone, ma da suoli e microclima diversi, pur essendo le due zone vicinissime. Si deve innovare per potersi adeguare anche ai cambiamenti climatici che, in maniera importante, stanno incidendo sulla qualità dell’uva da vino.

Facciamo un passo indietro, dove tutto è iniziato. In che modo la vita l’ha portata a produrre vino? È stato amore a prima vista?
Sono nata in una famiglia di vignaioli che hanno cominciato a vinificare e imbottigliare negli anni 60. Quindi la vigna e il vino fanno parte dei miei ricordi di vita fin da quando ero piccola. Negli anni 80 ho deciso, combattendo la reticenza di mio padre, di iniziare a vinificare parte delle uve di famiglia. Non sono propriamente figlia d’arte perché mio padre si occupava d’altro e mi sono pertanto sentita libera di fare i vini che piacevano a me, spesso andando contro le tendenze del momento. Ho passato con difficoltà i tempi in cui si cercavano vini strutturati, alcolici, con presenza importante di tannini, i tempi dei vini morbidi, per arrivare a oggi in cui Bardolino e Chiaretto sono vini moderni e attuali. Ho sempre tirato dritto con la mia idea di vino.

Oltre ad essere un’imprenditrice di successo, è anche mamma di tre figlie. In un mondo che va sempre più veloce come si fa a coniugare vita privata e impegni professionali? Secondo lei quali misure mancano al nostro Paese per favorire le politiche di conciliazione vita-lavoro?
Conosco molte donne che hanno rinunciato a una gravidanza perché prive di sostegno. Dovrebbe essere una delle priorità di ogni Paese democratico pensare al futuro e quindi dare la possibilità alle donne di poter avere una famiglia e una vita di lavoro. Sono tanti i fronti su cui si potrebbe lavorare: flessibilità degli orari di lavoro garantiti insieme alla possibilità di accedere al lavoro da casa. Sicuramente servono anche gli asili nido per i primi anni, ma occorre avere disponibilità di tempo per esserci anche dopo l’orario scolastico. In alternativa alla flessibilità sul lavoro sarebbero utili degli assegni familiari finché i figli non raggiungono la maggiore età.

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