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Femminicidi, a Roma il triste primato

Capitale d’Italia e capitale dei femminicidi, tocca a Roma, seguita da Milano, il primo posto della lista nera, in base all’analisi di UIL Lazio

Quindici femminicidi in undici mesi è il bilancio di questi delitti nel 2021 nel Lazio, dove il numero delle donne uccise è raddoppiato rispetto al 2020 e per la prima volta ha superato quello degli uomini assassinati, facendo di Roma, con i suoi ben 14 casi, la città italiana con il maggior numero di vittime (seguita a distanza da Milano: 8 casi nel 2021 contro i 4 del 2020). La quasi totalità (13 su 15) sono avvenuti in famiglia, mentre i rimanenti due sono collegati alla sfera amicale. Il 90% dei casi coinvolge vittime e carnefici di nazionalità italiana.

Vogliamo smetterla?
I dati realizzati ed elaborati dalla UIL del Lazio e dall’Eures in merito ai femminicidi nel Lazio nel 2021 dimostrano ancora una volta che la nostra ormai arcaica cultura sociale ci penalizza ci offende e ci limita in ogni ambito, in ogni azione, ma soprattutto ci toglie la dignità e la vita. E questo va gridato con forza. Per tale motivo, dopo aver pubblicato una informazione positiva, ovvero del Premio che viene dato agli uomini illuminati che lavorano con le donne per la parità di genere (https://www.donnainaffari.it/2021/11/premio-uomini-illuminati-edizione-2021/), in questa settimana contro la violenza sulle donne collegata alla giornata internazionale del 25 novembre, abbiamo deciso di dare spazio – tra i tanti comunicati ricevuti in questi giorni – all’analisi di UIL Lazio, perché ci sembra che la loro denuncia sia emblematica di una situazione cancerosa che continua a diffondersi peggiorando questo corpo già devastato della nostra povera Italia.

E poi si suicidano
Lo ascoltiamo spesso al telegiornale o lo leggiamo sui giornali: gli uomini dopo aver commesso il femminicidio della loro compagna si suicidano. Soprattutto nell’ultimo biennio: nel Lazio gli autori-suicidi erano il 23,1% nel 2019 ma sono divenuti il 62,5% nel 2020 e il 60% nel 2021 (9 sui 15 censiti). La maggior parte dei femminicidi-suicidi avviene all’interno della coppia: l’80% dei casi registrati nel 2021 (dove 8 dei 10 femminicidi di coppia si sono conclusi anche con il suicidio dell’autore), mentre interessa un terzo dei figli che hanno ucciso la propria madre nel 2021. E a quest’ultimo riguardo vorremmo ricollegarci a un nostro precedente articolo: https://www.donnainaffari.it/2021/11/violenza-dei-figli-maschi-sulle-madri/.

Le cause? Non sempre e solo gelosia
“Alla gelosia, al possesso e ai disturbi psichici si aggiunge, come motivazione di forte conflitto all’interno della coppia, anche la precarietà economica che in periodo di Covid è ulteriormente precipitata” spiegano gli analisti. Si stima infatti che la pandemia abbia bruciato cinque anni di avanzamento dell’occupazione – che in un anno è scesa nel Lazio di ben due punti percentuali (la contrazione più significativa degli ultimi trent’anni), con picchi di circa il meno 3% nella sola città di Roma, prevalentemente per la sua vocazione terziaria. A farne le spese soprattutto le donne. Tra il 2019 e il 2020 il lavoro femminile scende del 3,1% a livello regionale e del 4% nella Capitale, ovvero 33 mila lavoratrici in meno in un anno. “Una situazione di precarietà economica e debolezza che non aiuta certo la donna a fuggire da un contesto spesso opprimente e violento” commenta il segretario generale della UIL Lazio, Alberto Civica. “Precarietà che se da un lato non può assolutamente rappresentare una scusante, dall’altro però può divenire un’aggravante nella perdita di autonomia e fiducia. È anche per questo che bisognerebbe agire in maniera sinergica su più fronti, perché potenziare il lavoro significa anche trasmettere alle donne vittime di contesti violenti maggiore autonomia e forza e aiutarle a sentirsi meno sole. Cose fondamentali che purtroppo le istituzioni non riescono ancora a garantire”.

Fuggire da un partner violento
Nella maggior parte dei casi le donne uccise avevano deciso di allontanarsi dal partner violento o da un uomo che non amavano più. Sono infatti la gelosia e il possesso le motivazioni più ricorrenti degli omicidi, seguite da disturbi psichici o, in alcune situazioni minoritarie, dai cosiddetti femminicidi compassionevoli, legati cioè a lunghe malattie della compagna e spesso alla perdita della sua autonomia funzionale. Tragedie e gesti che l’isolamento e la mancata capacità relazionale hanno ulteriormente acuito e che la convivenza protratta e forzata dei mesi del lockdown ha esasperato. “Ciò non significa che il Covid possa rappresentare una benché minima giustificazione a tali atti” commenta Alberto Civica. “Ma sicuramente la pandemia ha impedito a molte donne di chiedere aiuto esterno costringendole a sopportare conflitti e liti in maniera continuativa, senza riuscire a evadere da una realtà spesso soffocante e claustrofobica”. Realtà che coinvolge purtroppo l’intero nucleo famigliare e che quest’anno più di altri vede anche i figli protagonisti. Sia nel ruolo del carnefice (tre delle quindici vittime sono state uccise dai figli), sia nel ruolo della vittima, dove diventano l’oggetto di punizione verso la madre. Una vergogna che si aggiunge alla vergogna di questi uomini insulsi e deboli di mente e di spirito.

Un sistema fragile che resta a guardare
Secondo il segretario della UIL Lazio tutto ciò evidenzia la fragilità di un sistema che, nonostante annunci e commemorazioni di questi giorni, non ha ancora la capacità di prevenire certe tragedie. “Perché molte di esse si sarebbero potute evitare, se solo si fosse prestata la giusta attenzione alle denunce o alle segnalazioni di disagio. E invece continuiamo a fare la conta delle morti che aumentano in maniera drammatica, senza individuare una via d’uscita e anzi, spesso, penalizzando a livello locale e nazionale l’ambito sociale che avrebbe bisogno di maggiori risorse e maggiore conoscenza e attenzione”.
Civica aggiunge: “Come si possono evitare queste tragedie se si continua a parlare di raptus o a giudicare abiti e comportamenti della vittima come se fossero un‘attenuante? E come si può imporre per legge che un ex marito o compagno violento debba frequentare ugualmente i figli? Poi ci ritroviamo le lacrime e l’impotenza dinanzi a crimini efferati che scuotono le coscienze di ognuno di noi, ma probabilmente non le azioni della politica”.

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