Lavoro Mestieri e professioni

Mugnai e giovani panificatori, artigiani professionali

Promuovere una filiera di alta qualità dal campo alla tavola, con la professionalizzazione di un mestiere antico, mugnai e giovani panificatori insieme

Un cambio di paradigma per il mondo dell’agricoltura, della molitura e della panificazione è quello alla base dell’incontro tenutosi lo scorso 8 novembre in Umbria tra mugnai e giovani panificatori. Un incontro promosso dal Gruppo Farchioni in collaborazione con il Gruppo giovani panificatori al quale hanno partecipato esperti universitari e imprese della filiera del pane, se così possiamo dire, ovvero i professionisti dell’arte bianca, come amano farsi chiamare.

Il gruppo dei giovani panificatori con Pompeo Farchioni (al centro)

Giornata di incontro e panificazione
L’incontro si è tenuto presso il Mulino Farchioni e con l’occasione è stata presentata ai professionisti panificatori provenienti da Lazio e Campania la nuova macina in pietra dello stabilimento, che si aggiunge all’altra, il tradizionale impianto a cilindri, per integrare così la produzione di farine con: la supermacina, la macinata grossa e la macinata fina. Farine capaci di trattenere le peculiarità del germe di grano, con l’obiettivo di offrire una scelta ampia e diversificata capace di garantire la sicurezza della materia prima e la sostenibilità della produzione. Come ha spiegato lo stesso presidente Pompeo Farchioni durante l’incontro, è intenzione del Gruppo avvicinare gli agricoltori italiani alle aziende di trasformazione locali per difendere il Made in Italy evitando l’importazione “selvaggia” di grani esteri e, contemporaneamente, alimentare nei consumatori la consapevolezza di ciò che mettono sulle loro tavole.

La provenienza delle farine
Il grano proveniente dall’estero spesso, come avverte Coldiretti, contiene pesticidi e contaminanti pericolosi per la salute umana. Per questo è essenziale controllare che il grano, la materia prima della farina sia italiana e certificata. La Farchioni spiega che riesce a coprire l’88% del proprio fabbisogno di materia prima con frumento tenero 100% italiano grazie ad accordi di filiera che vengono sottoscritti con i coltivatori, un’iniziativa portata avanti fin dal 2007. Gli agricoltori devono sottoscrivere un rigoroso disciplinare di produzione che regolamenta le caratteristiche del terreno, il tipo di varietà, l’epoca della semina e la dose di semina, le concimazioni, le difese colturali. In questo modo vengono selezionati i fornitori locali e si ha la certezza della territorialità della materia prima con tutto ciò che ne consegue di positivo. “Oltre a queste filiere interne, abbiamo circa 180.000 quintali di frumento tenero speciale altamente selezionato grazie agli accordi con il gruppo Consorzi agrari d’Italia. Selezioniamo grano speciale sia in Umbria che negli altri consorzi nazionali aderenti al gruppo” spiga il team Farchioni.

 

Il valore aggiunto della sostenibilità
In pieno accordo coltivatori, mugnai e giovani panificatori per quanto riguarda la sostenibilità ambientale e sociale. Tra le azioni messe in campo, il progetto Filiera Italiana, in sinergia con Coldiretti, e nel 2021 il lancio del primo Bilancio di Sostenibilità del gruppo Farchioni. La scelta di legarsi ai panificatori è dovuta proprio alla condivisione dei valori strategici, a partire dall’offerta ai consumatori di prodotti di qualità etici e sostenibili, rispettosi della salute e dell’ambiente.

Il Gruppo Giovani Panificatori
E proprio Pompeo Farchioni ebbe l’idea, nell’ottobre 2016, di fondare l’associazione dei giovani panificatori, con l’intento di valorizzare la panificazione di qualità attraverso metodi di lavorazione che riportano alla tradizione, dal ritorno al lievito madre all’uso di farine italiane selezionate. All’interno dello stabilimento un forno e un laboratorio dedicati, dove il Gruppo Giovani Panificatori ha dato modo ai presenti di assaggiare pizza e pane di varie tipologie fatti là per là seguendo questi criteri.

 

Lavorare nel mondo della panificazione
Divulgare la sapienza artigiana e formare chi vuole intraprendere la professione del panificatore è tra gli obiettivi del gruppo dei giovani panificatori presieduto da Mauro Maurizi, panificatore romano. “Questo mestiere si può fare in modo più imprenditoriale, moderno, dando opportunità di lavoro ai giovani” spiega Maurizi. “Parlo di organizzazione imprenditoriale, basta con il concetto del fornaio sudato in canottiera con i peli visibili: noi siamo professionisti e siamo sempre vestiti con abiti puliti, in giacca anche in laboratorio; facciamo delle riunioni organizzative con tutto lo staff, ciascuno viene responsabilizzato perché se c’è qualche problema da risolvere bisogna farlo con coscienza, ciascuno con il proprio impegno personale in quanto se l’azienda va male va male per tutti e se va bene va bene per tutti”. Secondo Maurizi il panificatore deve essere considerato dal pubblico al pari dello chef o del pasticcere, deve avere pari dignità. Ed è questo ciò che insegna anche ai giovani che forma, che siano immigrati o donne provenienti da situazioni difficili, vittime di violenza e abusi, che vogliono imparare questa professione per guadagnarsi da vivere in modo autonomo. E chi viene formato da lui trova impiego, perché di lavoro in questo campo ce n’è.

La macina a pietra
Innovazione e tradizione vanno spesso a braccetto e la ragione c’è. Come spiega Paolo Musci, del team Farchioni accompagnando i visitatori a vedere lo stabilimento, le due tipologie di macina danno prodotti differenti. E oggi abbiamo la possibilità di controllare momento per momento la produzione fin dall’arrivo del grano. Importantissima la pulizia prima della molitura, altrimenti troveremmo di tutto nella farina, perché tutte le impurità, gli insetti, le polveri, ecc. verrebbero macinate con il chicco. Per questa ragione la pulitura e la decorticazione del grano vanno fatte prima. Ma la macina a pietra permette comunque di utilizzare il grano con la crusca, la parte esterna che protegge il chicco, mantenendo così le fibre, le vitamine del gruppo B, i minerali contenute appunto nella crusca nonché l’amido e le proteine contenute nell’endosperma e gli antiossidanti, la vitamina E e le altre vitamine del gruppo B contenuti nel germe del grano. La farina così ottenuta sarà più leggera, altamente digeribile, ricca di fibre e dal gusto più intenso. Inoltre, è più facile da lavorare e ha una miglior lievitazione. Partendo così da lavorazioni diversificate, la Farchioni ha spiegato che dai grani umbri a km zero può fare farine per panificazione e farine speciali, farine poco raffinate, farine macinate a pietra, farine integrali.

Il processo della macinazione a pietra
Una macina a pietra è costituita da due mole orizzontali, una fissa e l’altra mobile. Il grano entra dall’alto al centro del macchinario e deve passare tra le due mole: lo spazio in cui passa è regolabile manualmente a seconda dello spessore che si vuole dare alla farina (la granulometria) per ottenere una farina grossolana (tutto corpo), fina o super macina. Il grano viene così pressato e sfregato in modo che lo sfarinato ottenuto contenga il 100% del chicco di grano. Per questo la farina che se ne ricava ha un colore più scuro e i granuli sono più “spigolosi”. Ma i nutrienti sono intatti.

Le leggi, la nota stonata
Durante l’incontro si è anche parlato delle tecniche che usano i panificatori, ad esempio c’è chi aggiunge olio chi no, ma è comunque importante confrontarsi. Anche per ottenere prezzi più vantaggiosi è meglio fare gruppo tra fornai. E scambiarsi consigli. Ad esempio riguardo gli ingredienti, che possono essere anche innovativi. Oggigiorno ci sono decine e decine di tipologie di pane diverse. Si tratta di un interscambio tra professionisti. Ma soprattutto fare gruppo può avere una valenza nei confronti dei decisori politici italiani, che non conoscendo le specifiche artigianalità danno indicazioni e fanno regolamenti di cui si capisce poco il senso, spesso a scapito della qualità dei prodotti alimentari. Ad esempio i giovani panificatori mostrano come il cestino per la lievitazione del pane vietato in Italia sia invece utilizzato in Francia e con il marchio CE, oppure come la lavorazione obbligatoria su acciaio blocchi la lievitazione, che deve essere lenta e omogenea, cosa che non avviene con un ripiano freddo che al contrario la ferma. C’è grande differenza se si lavora su legno, su marmo o su acciaio: questo mugnai e giovani panificatori, come i fornai più anziani, lo sanno bene ma i politici no e calano su tutti noi, che il pane lo mangiamo quotidianamente, leggi incongrue che pesano come un macigno sullo stomaco, veramente poco digeribili.

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