Diritti Lavoro

Occupazione femminile, Rapporto Plus dell’Inapp

L’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche ha presentato il Rapporto Plus 2022. Le evidenze del capitolo sull’occupazione femminile

Occupazione femminile stabile ancora un’utopia, con una donna su 5 fuori dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio e non solo per “scelta” familiare bensì – in un terzo dei casi – a seguito di licenziamento o mancato rinnovo del contratto.

Occupazione femminile, una corsa a ostacoli
“Il percorso delle donne verso una piena e stabile occupazione è spesso una vera e propria corsa a ostacoli” commenta i dati Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp. “Si parla spesso di fuga di cervelli, ma esiste un’altra forma di dispersione del capitale umano che è quella legata al mancato sostegno e valorizzazione dell’occupazione femminile. Non bastano interventi spot, serve una appropriata calibrazione di tutte le politiche per evitare che gli effetti di genere, talvolta palesi, talvolta nascosti, penalizzino la partecipazione delle donne”.

Occupazione femminile e maternità
Dopo la nascita di un figlio quasi 1 donna su 5 (18%) tra i 18 e i 49 anni non lavora più e solo il 43,6% permane nell’occupazione (il 29% nel Sud e Isole). Motivazione prevalente? la conciliazione tra lavoro e cura (52%), seguita dal mancato rinnovo del contratto o licenziamento (29%) e da valutazioni di opportunità e convenienza economica (19%). E se ai dati aggiungiamo un ulteriore elemento rilevato, ovvero che la quota di quante non lavoravano né prima né dopo la maternità è del 31,8% e del 6,6% quella di quante hanno trovato lavoro dopo la nascita del figlio il quadro è completo: l’Italia non è ancora culturalmente pronta al lavoro delle donne.

Il Rapporto Plus
Il “Rapporto Plus 2022. Comprendere la complessità del lavoro” raccoglie i risultati dell’indagine Inapp-Plus condotta su un campione di 45.000 individui dai 18 ai 74 anni. L’impianto dell’indagine è stato disegnato per cogliere alcuni fenomeni latenti nel nostro mercato del lavoro, quali l’inserimento lavorativo dei giovani, il prolungamento della vita attiva, la partecipazione della componente femminile e la ricerca di lavoro. Il volume si compone di 11 capitoli: il quinto capitolo è dedicato al gap di genere nel mercato del lavoro e nell’attività di cura. “Si tratta di un fenomeno che ha pesanti effetti demografici ed economici” ha osservato il prof. Fadda: “L’Italia è l’ultimo Paese per tasso di fecondità in Europa, e proprio nel 2022 è stato toccato il minimo storico di 400.000 nuovi nati; peraltro, la maternità continua a rappresentare una causa strutturale di caduta della partecipazione femminile al mondo del lavoro. Il Paese non può più sopportare, oltre alla ‘fuga di cervelli’, anche questa altra forma di dispersione del capitale umano legata alla mancata valorizzazione e sostegno dell’occupazione femminile”.

Il calo dell’occupazione femminile legato alla genitorialità
Sul calo della partecipazione femminile al mondo del lavoro dopo la maternità pesano: condizione familiare, servizi di welfare e istruzione. Nei nuclei familiari composti da un solo genitore sono più elevate le quote di uscita dall’occupazione dopo la maternità: 23% contro 18% tra le coppie. Nelle coppie invece è maggiore la permanenza nella non occupazione: 32% contro il 20% tra i monogenitori. Per conciliare lavoro e cura dei figli, circa un quarto degli intervistati ritiene fondamentale un orario di lavoro più flessibile, mentre un 10% indica la possibilità di sfruttare il telelavoro o lo smart working. Il part-time è più frequentemente indicato dalle donne (12,4% rispetto al 7,9% degli uomini). Quest’ultimo dato, unito a quello relativo all’utilizzo dei congedi parentali (68,6% per le donne contro il 26,9% degli uomini) ribadisce un modello familiare che relega la componente femminile nel ruolo di caregiver principale, con evidenti ripercussioni occupazionali e retributive sia nel breve e che nel lungo periodo.

Il welfare. La difficoltà di accesso agli asili nido
Continua ad esserci poca disponibilità e accessibilità, anche economica, agli asili nido. “La scarsità di servizi per la prima infanzia” si legge nel Rapporto “è confermata dalla percentuale di genitori occupati che dichiara di non aver mandato i propri figli in età compresa tra 0 e 36 mesi all’asilo nido (56%). Tra coloro che invece mandano i figli al nido, poco meno della metà (48%) ha usufruito del servizio pubblico mentre una quota pari al 40% ha utilizzato un asilo nido privato e, al crescere del reddito disponibile, aumenta il ricorso ai servizi di asilo nido privati”. Per le famiglie che non possono farsi carico di tutti gli impegni di cura dei figli, i nonni sembrano essere l’alternativa più utilizzata (58%). Si tratta di un’opzione economicamente vantaggiosa e in generale flessibile. La risorsa principale del “welfare-fai-da-te” è utilizzata soprattutto nel Mezzogiorno (63%).

Verso un’occupazione femminile stabile
Il titolo di studio protegge dalla perdita del lavoro, anche se solo in parte. Restano infatti nel mercato del lavoro le più istruite (il 65% delle laureate), ma smette di lavorare oltre il 16% (sia di laureate, che di diplomate) contro il 21% delle madri con la licenza media.
“Il percorso delle donne verso una piena e stabile occupazione è spesso una vera e propria corsa a ostacoli” ha puntualizzato Fadda “e ciò nonostante tra le lavoratici si registrino percentuali di laureate e di altamente qualificate più che doppie rispetto agli uomini. Ma si osserva una marcata distanza anche nell’accesso e nelle caratteristiche dei ruoli di responsabilità: le donne con ruoli apicali hanno la supervisione di una sola persona contro le sette persone supervisionate dai lavoratori maschi. Il cambio di passo non può essere affidato a singoli interventi spot, ma richiede una organica convergenza di tutte le politiche (da quelle fiscali ai sistemi di welfare, dagli orari di lavoro alle politiche per la famiglia) per sostenere da un lato le scelte di procreare e allevare i figli e dall’altro l’effettiva parità di genere in tutta la vita lavorativa e sociale, e vorrei aggiungere, anche pensionistica”.

Il Rapporto è consultabile alla pagina web del sito Inapp: https://www.inapp.gov.it/pubblicazioni/rapporto/edizioni-pubblicate/rapporto-inapp-2022

Potrebbe interessarti