Diritti Lavoro

Accesso al lavoro e disabilità

Lavoro e disabilità da trasformare in nuove opportunità. Reti da potenziare e preconcetti da eliminare. Gli spunti nell’incontro promosso da Donna in Affari

Parità di accesso al lavoro e disabilità: a che punto siamo? Sono molte le tematiche emerse nel corso dell’evento “Lavorare con una disabilità”, promosso dalla testata giornalistica Donna in Affari e moderato dalla direttrice Daniela Molina, che si è tenuto a Roma lo scorso 28 marzo presso la Sala Tevere della Regione Lazio. In particolare, si è parlato di come trasformare una condizione di mancanza di qualche abilità in opportunità per cambiare e per affermarsi nella vita attraverso il lavoro.

Daniela Molina, direttrice Donna in Affari

Accesso al lavoro e disabilità, un binomio difficile
L’interazione con gli spazi, gli oggetti e le persone è fondamentale e le problematiche della quotidianità spesso sono poco conosciute. Quello della disabilità è un concetto pieno di sfumature; se ne parla da decenni, gli strumenti esistono e gli interventi si promuovono, ma spesso non sono efficaci, perché manca la condivisione tra gli “addetti ai lavori”, soprattutto a livello territoriale,
All’origine, sarebbe necessario cambiare il concetto stesso di disabilità da un punto di vista culturale, perché non esistono solo le difficoltà congenite o gravi: sono molte anche quelle più lievi o considerate normali, ad esempio dovute all’anzianità, oppure a un cambiamento dello stato di salute. In caso contrario, si rischierebbe di discriminare il lavoratore disabile, di far cadere la sua autostima, di non riconoscergli un diritto garantito dalla Costituzione. Sono soprattutto le persone con difficoltà psichiche a fare le spese di questi preconcetti, ma anche le altre categorie di disabili hanno problemi in tal senso. Un aiuto può venire dai terapisti occupazionali, il cui supporto è auspicabile per rimuovere le barriere di qualunque tipo, non solo architettoniche.

Gli interventi
Riguardo all’accesso al lavoro e disabilità, è appena scaduto il bando pubblicato dalla Regione Lazio (https://www.donnainaffari.it/2024/03/lavorare-con-una-disabilita-evento-di-donna-in-affari/),  destinato a 217 disabili da collocare in strutture pubbliche di Roma e provincia. L’intervento sulla disabilità è arrivato dopo nove anni dall’ultimo emesso in materia, come ha sottolineato l’Assessore al Lavoro, Scuola, Formazione, Ricerca, Merito, Giuseppe Schiboni. “La disabilità non è un ostacolo, ma un’opportunità di crescita. Stiamo lavorando per migliorare gli strumenti esistenti e implementarli nell’ottica dell’inclusione delle patologie più gravi. L’obiettivo è di evitare la cronicizzazione della disoccupazione e l’anestetizzazione del fabbisogno lavorativo da parte dei disabili, che chiedono parità di accesso e non forme di assistenza”.
Ogni intervento è auspicabile, ma occorre fare di più.

Famiglie protettive con le figlie, mancanza di reti
Le difficoltà nella vita quotidiana sono molte e per i giovani c’è il problema della formazione. Le famiglie temono le insidie del mondo al di fuori delle mura domestiche e spesso sono troppo protettive, impedendo ai loro figli di uscire dall’ambito domestico e di trovare la propria strada attraverso il lavoro e l’interazione con gli altri. Nicola Titta, educatore professionale e Consigliere dell’Ordine dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni tecniche sanitarie, ha verificato sul campo la realtà di tutto ciò ed ha sottolineato come sia fondamentale capire se davvero le persone siano in grado di relazionarsi con le altre, se conoscano l’effettivo valore del denaro o riescano a spostarsi da casa per raggiungere il posto di lavoro.
“Nei territori abbiamo delle punte di diamante che non sappiamo sfruttare” ha detto l’educatore, che ha anche raccontato le difficoltà che incontrano i ragazzi a iscriversi ai Centri per l’impiego, perché non conoscono quella realtà, non sanno come fare e hanno bisogno dell’aiuto degli operatori. È un problema di esigibilità dei diritti; per questo Nicola Titta ha invitato tutti gli addetti ai lavori a fare una rilevazione locale.
Parlando di accesso al lavoro e disabilità Comuni, Unioni di Comuni, Distretti socio sanitari potrebbero fare la differenza: da lì bisognerebbe ripartire, dando aiuti economici a realtà locali che possono creare opportunità e avviamento, non solo inserimento al lavoro.
Quanto alla difficoltà delle famiglie a “lasciar andare” i propri figli, il problema si presenta soprattutto per le donne. “Immaginiamo quanto sia difficile, nella nostra cultura, lasciar andare la propria figlia disabile al lavoro, perché deve affrontare il percorso da casa al lavoro e viceversa. Paradossalmente, è molto più facile lavorare con ragazze che non hanno famiglia, che si dimostrano più brave e attive delle altre nei contesti lavorativi” ha precisato Titta.

Sostegno psicologico
Le famiglie hanno bisogno di sostegno di vario tipo, anche psicologico, al pari dei loro parenti disabili.
“L’Inail finanzia gli interventi per il recupero della persona a tutto tondo – ha detto Pamela Maddaloni, dirigente Inail della Direzione centrale prestazioni socio sanitarie e Disability manager centrale – in particolare abbiamo avviato un rapporto con il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi per finanziare il supporto psicologico su tutto il territorio nazionale. Pensate a quanto un incidente possa essere determinante nell’assetto familiare, al bisogno di aiuto che possono avere i parenti, i conviventi e coloro che non sono familiari, ma vivono con le persone in difficoltà.”
Si tratta di un punto di partenza che presuppone la valorizzazione di tutte le figure – medici, infermieri, assistenti sociali, tecnici e professionisti sanitari – che girano intorno a questa ottica costruttiva, come ha sottolineato Maddaloni.
“Bisogna esaltare il concetto della valorizzazione delle persone, non pensare a quello che non possono dare più, o che non hanno potuto dare dall’inizio, ma porre in evidenza quello che sono in grado di fare in modo positivo”.
Ciascuno di noi può trovarsi in condizioni di salute che diventano disabilità, ad esempio a causa dell’anzianità o della perdita, anche temporanea, di un’abilità.

Terapista occupazionale per risolvere i problemi
Una figura professionale “a tutto tondo”, in grado di dare un aiuto concreto a chi ha difficoltà, è quella del terapista occupazionale.
“La parola occupazione, mutuata dall’inglese – ha detto Luigia Fioramonti, presidente della Commissione d’Albo dei Terapisti occupazionali di Roma e provincia – si riferisce alle attività quotidiane che tutti noi compiamo per noi stessi e per gli altri e includono tutte le azioni che facciamo ogni giorno, che dobbiamo o che vogliamo fare, che gli altri si aspettano da noi.”

L’attività del terapista – ha spiegato Fioramonti – riguarda la cura di sé, le attività all’interno e all’esterno della casa, quelle che si svolgono nella comunità in cui si è inseriti; inoltre, si riferisce alla produttività, alle azioni che hanno luogo, secondo l’età, nel gioco, nello studio o nell’ambito lavorativo. Infine, l’esperto occupazionale aiuta nelle attività del tempo libero. Tutto ciò richiede un equilibrio, che ognuno di noi sviluppa spontaneamente dando di volta in volta più spazio al lavoro o al tempo libero, ad esempio, o viceversa, in relazione alle necessità del momento.
A volte le famiglie, ha spiegato la presidente dei Terapisti occupazionali romani, pagano dei “tirocini” o delle attività lavorative finte, che servono a tenere impegnati i loro figli due o tre volte a settimana e che non avranno mai degli sbocchi reali. Dobbiamo invece trovare delle soluzioni lavorative per quei ragazzi, perché il lavoro è dignità.

Un concetto molto importante per questi terapisti e per i loro clienti – che non sono pazienti e non subiscono le scelte dell’operatore – è quello dell’autonomia, che è la capacità di fare delle scelte e di agire in base ad esse. Altra cosa è l’indipendenza, che consiste nel saper fare le cose da soli.
“Dobbiamo evitare l’insuccesso – ha detto Fioramonti – perché non possiamo esporre una persona a otto ore di lavoro se sappiamo che non potrà tollerarle. Abbiamo gli strumenti: a luglio 2023 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un importante lavoro in cui vengono delineati gli interventi riabilitativi essenziali per venti condizioni di salute, che sono quelle che hanno più alta prevalenza, e sono indicati i target, gli operatori, i tempi e le strade. Il nostro è un lavoro di tipo sanitario, è vero, ma serve alle persone per poter vivere con dignità e con libertà”.

Accesso al lavoro e disabilità. Difficoltà psichiche e preconcetti
I malati psichici sono quelli che subiscono maggiormente il peso di pregiudizi e di problemi d’inserimento e mantenimento del posto di lavoro. A sottolinearlo è stata Ambra Pierantoni, vicepresidente della Commissione d’Albo dei Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica di Roma e provincia: “C’è un sistema pregiudiziale che aggrava il funzionamento della persona, incide sull’autostima e spesso determina quell’interiorizzazione dello stigma, che rende molto difficile il lavoro. Il tecnico della riabilitazione s’inserisce in un gruppo multidisciplinare e dà un supporto alla persona nell’inserimento lavorativo, facendo una valutazione dei suoi bisogni e desideri, avviando un percorso progettuale, condividendolo con lui o con lei, con i familiari e con tutta la rete.” L’esperto aiuta la persona ad avere consapevolezza dei propri punti di forza e a gestire lo stress. L’evidenza scientifica ci dice che, integrando tutti gli interventi, il percorso riabilitativo ha maggiore efficacia.

Attuare una rivoluzione culturale
“Abbiamo la possibilità, tutti insieme, di portare avanti un discorso culturale, è un po’ una rivoluzione copernicana – ha detto Francesca Del Gado, membro della Commissione d’Albo dei Logopedisti di Roma e provincia – perché la persona è una risorsa sempre e comunque, ha dei diritti. Se teniamo a mente queste cose, forse riusciamo a inserire e reinserire le persone in modo più efficace per la società, portando benefici non solo agli individui che hanno la differenza. L’obiettivo finale è prenderci cura e far stare bene le persone, non riattivare una funzione.”

 

Accesso al mondo del lavoro e disabilità. Il supporto dell’Ordine professionale dei tecnici sanitari
Il ruolo dei terapisti è fondamentale e l’Ordine professionale rappresenta ben diciotto realtà del settore.
“In questa fase di risanamento del nostro sistema sanitario, l’area della riabilitazione va rafforzata con un massiccio reclutamento di professioni sanitarie” ha detto Andrea Lenza, Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP (Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione) di Roma e provincia.
“Per quanto riguarda il discorso sociale – ha sottolineato Lenza – diventa difficile distinguere i bisogni sanitari da quelli sociali, bisogna trattare a trecentosessanta gradi. Le strutture pubbliche sono prive di facilitatori, le barriere architettoniche e culturali sono tante. Il nostro Ordine è a disposizione dei decisori per fornire il ruolo tecnico necessario”.

Accesso al lavoro e disabilità. Lavori nuovi per una diversa inclusione
Ogni disabilità comporta un’attenzione diversa, da modellare sui bisogni di chi la vive; occorre tenerne conto nel momento in cui si elaborano i progetti di aiuto, soprattutto nell’ambito dell’istruzione, della formazione e del lavoro. Spesso non ci accorgiamo delle problematiche cui un disabile va incontro e sarebbe auspicabile arrivare a una vera inclusione in ogni settore. Il percorso da fare, tuttavia, è ancora lungo.
“Le persone sono eterogenee, così le abilità” ha detto Deborah Donadio, Coach LIS e Responsabile Area multimediale della Cooperativa Crei, che ha messo a disposizione dei relatori dell’incontro alcune interpreti nella Lingua dei Segni. “I bambini sordi frequentano la scuola, ma hanno delle difficoltà; io stessa ne ho avute. L’insegnante di sostegno è una persona che ha delle competenze, è vero, ma non strettamente legate alla sordità. Gli strumenti vanno invece adattati alla persona sorda, perché ha diritto a imparare. Costa fatica, a chi non sente, accedere all’informazione.”

La relatrice ha raccontato le sue esperienze, tra cui quella di Coach LIS nel mondo dello spettacolo, grazie alla quale fornisce un supporto agli attori sia in merito alla Lingua dei Segni, sia per quanto riguarda gli spazi, importanti per esprimersi al meglio, per muovere le mani.
Ulteriore esperienza di Deborah Donadio è quella relativa alla serie “Lampadino e Caramella”, in onda su Rai Yo Yo, un cartone animato unico nel suo genere, perché accessibile a tutti: non udenti, udenti, autistici, ipovedenti. È in arrivo la terza serie e Donadio si augura che venga trasmessa in orari adatti ai bambini, perché costituisce una forma di sensibilizzazione e un dialogo costruttivo da portare avanti. La relatrice rappresenta un esempio di come la disabilità non impedisca a una persona di realizzarsi proprio nei settori a lei più congeniali, in questo caso lo spettacolo, l’attività creativa, la multimedialità.

Perseguire sogni e interessi con nuove professioni
L’incontro organizzato da Donna in Affari ha messo in luce le esperienze positive di chi ha indirizzato la sua vita verso l’attività più consona, facendo in modo che una condizione di diversa abilità non ostacolasse le legittime ambizioni.
Stefania Leone, Segretario generale ADS – Associazione disabili visivi onlus e componente del Consiglio direttivo Fe.D.Man (Federazione Disability Management), ha perso la vista a 29 anni, quando studiava informatica, ma ha trovato comunque il modo per concludere l’iter universitario e per lavorare con soddisfazione in un’azienda del settore. “Se non avessi finito l’università, oggi probabilmente farei un lavoro diverso da quello che avevo sperato; con tutto il rispetto per qualunque attività, sarebbe stato un ripiego. Ho avuto la fortuna di scoprire che a Bologna c’era un istituto per ciechi che faceva progetti d’informatica per persone con disabilità visiva ed erano finanziati dalla Regione, dai Fondi europei e dalle aziende del settore informatico. Noi siamo in grado di supportare le persone con disabilità visiva, ma spesso non si sa. Cerchiamo di promuovere dei corsi di formazione con l’istituto S. Alessio di Roma e con la Regione. L’azienda ha il terrore di dover spendere chissà quanto per assumere il lavoratore disabile, ma a quel punto interviene il Disability manager. A volte bastano pochi accorgimenti per fare in modo che si abbattano le barriere architettoniche, quelle senso-percettive per ciechi e per sordi, quelle culturali.”
Ciò che occorre, secondo la Disability Manager, è inventare nuovi mestieri. La protagonista della serie televisiva Blanca, ad esempio, svolge un lavoro che è stato ideato dall’Istituto S. Alessio con un corso messo a punto qualche anno fa, grazie al quale diversi non vedenti di tutta Italia sono diventati esperti nella decodifica di intercettazioni telefoniche.

Accesso al lavoro e disabilità. Una buona prassi a garanzia del futuro
Un esempio di buona pratica è quello del Villaggio dell’Amicizia di Ceccano, realizzato grazie alla collaborazione tra la Diocesi di Frosinone, le famiglie dei disabili, che contribuiscono anche economicamente, il Terzo Settore e quello pubblico, perché i progetti sono sostenuti dal Distretto sociale B del capoluogo ciociaro.
“Noi ci occupiamo di persone con disabilità intellettiva – ha detto Andrea Orefice, responsabile del settore socio assistenziale della Cooperativa sociale Diaconia – e il lavoro è molto complesso e difficile, perché la persona si autoconvince di non essere adatta al lavoro e fuoriesce dal percorso lavorativo.” Nel corso del tempo, la Cooperativa ha avviato diversi progetti all’interno del Villaggio, alcuni dei quali legati al “dopo di noi” e volti a dare un futuro ai ragazzi disabili che non possono contare sul sostegno familiare quando i genitori muoiono. “Due ragazzi su 25 hanno ottenuto un contratto di lavoro vero e proprio, si occupano di animali e danno il loro contributo nei laboratori di trasformazione, dove vengono preparati prodotti della terra, che poi vengono venduti anche attraverso la nostra bottega.” ha precisato Andrea Orefice. “Le pari opportunità hanno un costo, non dobbiamo dimenticarlo. Sarebbe opportuno premiare tutte quelle realtà che hanno questo tipo di attenzione, nonché quei clienti che possono aiutarle ad andare avanti.”

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