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Indagine OCSE 2011: l’Italia investe meno di tutti nell’istruzione

Indagine OCSE 2011: l’Italia investe meno di tutti nell’istruzione

Mentre gli altri Paesi appartenenti all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) assegnano alla voce di bilancio “istruzione” il 6,1% del loro PIL (Prodotto Interno Lordo), l’Italia pensa che questa voce di spesa non debba ottenere più del 4,8%. E i docenti italiani sono quelli  trattati peggio

Tanto per cominciare gli stipendi degli insegnanti italiani sono tra i più bassi d’Europa. E i docenti italiani guadagnano ben il 40% di meno rispetto agli altri lavoratori italiani con lo stesso titolo di studio.
Inoltre, percepiscono aumenti  dovuti a scatti di anzianità con una lentezza tale che solo dopo 35 anni di attività riescono a raggiungere il livello massimo di stipendio (cosa che negli altri Paesi OCSE si ottiene dopo 25 anni).

E se facciamo il paragone con gli altri Paesi, mentre nell’ultimo anno gli stipendi sono aumentati mediamente del 7%, nel nostro sono addirittura diminuiti dell’1%.

Ma non è tutto: l’Italia non investe nemmeno sullo studio in generale, tanto è vero che l’investimento procapite (per ogni studente) tra il 2000 e il 2008 è aumentato appena del 6% e per quanto riguarda la classifica degli aumenti di soldi spesi per l’istruzione di ciascuno studente essa è penultima (l’ultima nazione è la Francia). Gli altri Paesi dell’OCSE hanno invece aumentato gli investimenti del 34%, comprendendo che la forza di un Paese e il suo futuro dipendono dalle capacità e dalle competenze dei propri giovani.

L’Italia ha poi fatto dei tagli ai fondi diretti agli istituti di istruzione privata, evitando così di creare troppa “concorrenza”: le risorse per gli istituti privati adesso sono solo l’8,6% della spesa diretta all’istruzione, mentre negli altri Paesi si destina quasi il doppio, il 16,5%.

Per quanto riguarda poi l’università, la forbice tra la spesa stabilita per essa dall’Italia e quella degli altri membri dell’OCSE  si sta allargando ogni anno di più.

I Paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (in inglese nota come OECD, acronimo di Organisation for Economic Cooperation and Development) sono i seguenti:

  • Australia
  • Austria
  • Belgium
  • Canada
  • Cile
  • Repubblica Ceca
  • Corea
  • Danimarca
  • Estonia
  • Finlandia
  • Francia
  • Germania
  • Giappone
  • Grecia
  • Islanda
  • Irlanda
  • Israele
  • Italia
  • Lussemburgo
  • Messico
  • Nuova Zelanda
  • Norvegia
  • Paesi Bassi (Olanda)
  • Polonia
  • Portogallo
  • Regno Unito (Gran Bretagna)
  • Repubblica Slovacca
  • Slovenia
  • Spagna
  • Svezia
  • Svizzera
  • Turchia
  • Ungheria
  • USA (Stati Uniti d’America)

Questo l’elenco dei Paesi investigati dall’OCSE nel rapporto 2011 sull’istruzione, che per la prima volta analizza Paesi quali Brasile, Cina, India, Indonesia, Russia e Sudafrica:

  • ARG Argentina
  • AUS Australia
  • AUT Austria
  • BEL Belgium
  • BFL Belgium (Flemish Community)
  • BFR Belgium (French Community)
  • BRA Brazil
  • CAN Canada
  • CHE Switzerland
  • CHL Chile
  • CHN China
  • CZE Czech Republic
  • DEU Germany
  • DNK Denmark
  • ENG England
  • ESP Spain
  • EST Estonie
  • FIN Finland
  • FRA France
  • GRC Greece
  • HUN Hungary
  • IDN Indonesia
  • IND India
  • IRL Ireland
  • ISL Iceland
  • ISR Israel
  • ITA Italy
  • JPN Japan
  • KOR Korea
  • LUX Luxembourg
  • MEX Mexico
  • NLD Netherlands
  • NOR Norway
  • NZL New Zealand
  • POL Poland
  • PRT Portugal
  • RUS Russian Federation
  • SAU Saudi Arabia
  • SCO Scotland
  • SVK Slovak Republic
  • SVN Slovenia
  • SWE Sweden
  • TUR Turkey
  • UKM United Kingdom
  • USA United States
  • ZAF South Africa

Il rapporto annuale dal titolo “Education at a Glance” che l’OCSE (o OECD) compila allo scopo di supportare i Paesi aderenti nelle loro politiche di sviluppo, mostra pertanto un’Italia decisamente al di sotto della media per quanto riguarda l’istruzione, il che significa un’Italia che pensa solo ai conti del presente senza preoccuparsi di immettersi così facendo in un vicolo cieco: se non si investe in questo ambito non si investe nello sviluppo e nel futuro.

Il rapporto completo, stilato in inglese lo troverete in allegato all’articolo.
Esso denuncia tra l’altro il fatto che le persone in possesso di una laurea durante la crisi economica globale hanno avuto meno problemi rispetto a chi non aveva qualifiche elevate. Ciò significa che avere un alto livello di istruzione è cruciale per avere delle buone prospettive lavorative.

I disoccupati laureati in tutto sono infatti solo il 4,4% (come nel 2009) mentre quelli che hanno lasciato gli studi prima, senza laurea, sono aumentati dell’11,5% (l’8% in più rispetto allo scorso 2010) aggiungendo problema al problema (della disoccupazione giovanile, che oggi nell’area OECD è pari al 17%).

Secondo il Segretario Generale dell’OCSE, Angel Gurrìa, esiste un costo che la società affronta per ogni individuo che non prende una laurea: “Dobbiamo evitare il rischio di perdere una generazione di persone qualificate e capaci. Per fare questo occorre che i governi aumentano gli investimenti sulla qualità dell’istruzione. Essi devono destinare risorse nei loro bilanci a questo scopo, specialmente se si tratta di quei Paesi che corrono un rischio particolarmente alto” tra i quali in particolare l’Italia (aggiungiamo noi).

“Per investimenti nell’Istruzione” continua Gurrìa “non si intendono solo quelli in denaro ma anche quelli nelle persone, nel futuro”.
Il punto è che secondo le attuali prospettive, l’82% dei giovani che completeranno gli studi di secondo livello, avranno difficoltà a trovare un posto di lavoro.
L’allarme è altissimo soprattutto per il fatto che più del 50% dei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni non stanno frequentando una scuola e sono al contempo inoccupati (non hanno mai lavorato).

In molti dei Paesi studiati durante l’indagine, i giovani che non hanno né un impiego né una qualifica scolastica, ricevono un supporto economico, dunque sono a carico delle famiglie (o così si presume). Se vengono confrontati con i gruppi di età maggiore, probabilmente saranno il doppio coloro che abbandoneranno completamente la ricerca di un posto di lavoro uscendo pertanto dal mercato del lavoro.

Insomma  i Governi per evitare il dissesto economico hanno bisogno di investire nell’istruzione o dovranno preoccuparsi di avere un aumento esponenziale di futuri disoccupati che prima o poi dovranno essere mantenuti dallo Stato, che sarà obbligato a realizzare politiche di assistenzialismo totale. Se invece i governi impegneranno parte dei loro fondi di bilancio nell’istruzione dei giovani, nel lungo termine i loro bilanci beneficeranno di tali investimenti. Tra l’altro chi lavora paga le tasse e dunque lo Stato anziché avere una perdita avrà un’entrata.

Per fare un esempio, si sappia che un individuo che ha ricevuto un’istruzione superiore versa mediamente tra tasse e contributi sociali 91 mila dollari durante l’arco della sua vita lavorativa; più di quanto il Governo spende per la sua istruzione universitaria.

Per finire, un cenno alla differenza di genere. Le giovani donne terminano gli studi superiori e si diplomano più degli uomini in tutti i Paesi dell’OCSE ad eccezione della Svizzera e della Germania.
Ci sono più donne laureate che uomini e più donne che studiano all’università rispetto agli uomini. Ciò avviene in tutti i Paesi dell’OCSE. Le donne prediligono gli studi relativi all’insegnamento, alla medicina, al sociale, nonché gli studi umanistici e quelli artistici. Gli uomini invece preferiscono l’ingegneria, l’artigianato e le costruzioni.

Allegati

pdf Rapporto-OCSE-sull-istruzione-2011.pdf

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