L’ICT nelle imprese italiane
L’Istat ha divulgato il rapporto sullo stato delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione all’interno delle imprese italiane nell’anno 2011. Ne emerge che il quasi la totalità delle imprese ha una connessione a internet ed è potenzialmente pronta a cavalcare l’onda dell’innovazione secondo le direttive europee, ma le infrastrutture italiane non sono ancora adeguate a supportare la velocità dei collegamenti
Il 94,3% delle imprese con più di 10 addetti ha la connessione a internet; l’88,3% di esse, pur essendo connessa con tecnologie a banda larga, per il 73,3% dispone ancora di velocità troppo basse: inferiori ai 10 Mbit per secondo. Da ciò emerge la necessità di predisporre le infrastrutture ad hoc per aumentare la velocità di accesso alle informazioni, soprattutto dal momento che le aziende italiane dovranno d’ora in avanti comunicare solo tramite internet con gli uffici pubblici.
L’adeguamento alle normative europee pone dei vincoli che non si riusciranno ad assecondare se il Governo non impone un salto in avanti per quanto concerne i collegamenti tramite banda larga – reali e non solo vantati – per tutto il territorio nazionale.
Non si può pretendere che le aziende operino correttamente in questo ambito se non le si supporta mediante controlli sulle linee di comunicazione per verificare che, quando si paga per un accesso alla banda larga e per una velocità di connessione adeguata a scaricare/elaborare/inviare la mole di dati necessaria ad espletare le pratiche burocratiche via internet, tale accesso e tale velocità siano effettivi. Non basta infatti dire alle aziende che d’ora in poi, per una maggior semplificazione degli adempimenti, dovranno operare tramite web; occorre anche metterle in condizione di poterlo fare nel migliore dei modi.
Non è un caso se nel 2010 solo il 65,2% delle imprese ha usato i servizi online della Pubblica Amministrazione e solo il 39,3% ha inviato alla PA moduli compilati online. Consideriamo che tra questi moduli sono comprese le dichiarazione relative al reddito d’impresa, all’IVA, alla dogana, ai contributi dei dipendenti; si tratta pertanto di un servizio quanto mai utile che però è stato sottoutilizzato. Il motivo, secondo i dati raccolti dall’Istat, sta nell’eccessiva difficoltà e nel dispendio di tempo richiesto dalle procedure amministrative online, che invece dovrebbero “semplificare la vita” alle imprenditrici e agli imprenditori. In realtà, dal momento in cui la stessa PA richiede un successivo ulteriore invio delle stesse pratiche anche in forma cartacea, per un’impresa su due ciò equivale a uno spreco di tempo, che vanifica le potenzialità di risparmio temporale offerte dal web.
Per quanto concerne i rapporti tra imprese e altri soggetti, come altre imprese o banche, per il 56% delle aziende essi sono automatizzati. Il commercio elettronico viene effettuato da tre imprese su dieci, ma sono pochissime quelle che vendono online i propri prodotti o servizi: si tratta solo del 5,4% delle imprese e del 5% del proprio fatturato, nonostante il mercato dell’online sia in netta crescita. Ciò significa che ancora non tutte le aziende riescono a comprendere come utilizzare al meglio le opportunità offerte dal web, quelle che ne sanno approfittare maggiormente sono le imprese editoriale e quelle alberghiere. D’altro canto si ricorda che il 95% delle imprese italiane sono micro e PMI, e che il divario tra queste e le grandi imprese è ancora molto accentuato: per quanto riguarda l’utilizzo delle tecnologie di terza generazione, il commercio elettronico e per l’accesso a internet con tutti i servizi collegati, compresi i moduli per la PA e le procedure amministrative, è di oltre il 30%.
Altro tema caldo è quello delle tecnologie verdi o Green ICT: ormai un’impresa su due adotta iniziative finalizzate a ridurre il consumo energetico degli apparecchi elettronici per l’informazione e la comunicazione, anche in considerazione del fatto che l’innovazione tecnologica sostenibile è altamente sostenuta dall’Unione Europea che eroga fondi, distribuiti a livello regionale, a questo scopo. Ciononostante, in Italia si hanno ancora problemi a reperire personale esperto in tal senso e qui è proprio la mancanza di tecnici competenti a fare da freno alle aziende.