Contro la violenza di genere: normativa, centri antiviolenza e sostegni economici dalle istituzioni
Aumentano in Italia i centri antiviolenza, e si sviluppa la legislazione specifica che regolamenta un tema così delicato e importante: il punto sulla situazione attuale, le eccellenze nel settore e la necessità di tutelare queste presenze, evitandone la chiusura per mancanza di fondi
Sono più di 70 i centri antiviolenza attivi in Italia, quasi uno per provincia, con sedi più numerose nei capoluoghi maggiori (Roma, Napoli, Torino) e qualche sporadica presenza nei comuni non capoluogo del territorio.
Di norma si tratta di spazi sostenuti, se non addirittura curati e gestiti, dagli enti locali: un particolare importante, questo, che, nonostante le difficoltà legate al reperimento dei fondi, sottolinea l’interesse crescente delle istituzioni verso la piaga della violenza di genere, e rappresenta un segnale manifesto della lenta ma costante attività di adeguamento della nostra legislazione alle nuove problematiche emergenti in tema di sicurezza delle persone, in particolare delle donne e dei minori.
Normativa europea, legislazione nazionale, decreti regionali: il diritto contro la violenza contro le donne
Risale al 2002 il primo documento legislativo dell’Unione Europea in tema di violenza di genere: si tratta della Raccomandazione Rec(2002)5 sulla protezione delle donne dalla violenza, emessa il 30 Aprile 2002 e inviata a tutti gli Stati Membri dal Comitato dei Ministri. E’ seguita nel 2004, su iniziativa del Parlamento Europeo, la Decisione 803/2004/CE, che ha istituito il Programma Daphne II e ha dato il via al varo di una serie di documenti, adottati dal Consiglio d’Europa, finalizzati a combattere e a prevenire la violenza sulle donne, compresa quella domestica.
La legislazione italiana possiede numerose leggi che regolano a grandi linee il tema, ma le più importanti e specifiche sono quelle contro lo stalking (Legge 23 aprile 2009 n°38), contro la violenza nelle relazioni familiari (Legge 5 Aprile 2001 n° 154), contro la violenza sessuale (Legge 15 Febbraio 1996 n° 66) e contro la tratta delle persone (Legge 11 Agosto 2003 n° 228).
L’elemento più significativo di questa analisi è rappresentato però dalle tante leggi regionali in materia di violenza di genere, adottate progressivamente, tra il 1986 e il 2008, dai singoli Consigli di Sicilia, Lazio, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Abruzzo, Campania, Liguria, Sardegna, Calabria, Toscana, Marche e Piemonte.
I centri antiviolenza e il portale governativo antiviolenza (numero verde 1522): strumenti contro gli abusi sulle donne e sui minori
Le norme varate a livello regionale investono direttamente il problema della violenza di genere, riconoscendola come violazione dei diritti umani fondamentali, della dignità e della libertà, e individuando in via ufficiale strumenti utili a contrastare e prevenire gli abusi sulle donne, perpetrati anche in ambito domestico.
Quasi tutti i testi di legge in esame contemplano e promuovono la realizzazione dei centri antiviolenza, che sono di norma inseriti negli strumenti di programmazione territoriale e per i quali si prevede l’instaurazione di rapporti costanti e funzionali, finalizzati anche a promuovere Protocolli d’intesa, con gli Enti pubblici cui compete l’assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati di violenza (Enti locali, Aziende sanitarie, Forze dell’Ordine, Autorità giudiziaria e Istituzioni scolastiche operanti sul territorio).
A curare la realizzazione di tali centri sono di norma enti pubblici singoli o associati, associazioni iscritte all’albo del volontariato, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale e imprese sociali, preferibilmente con esperienza nel settore, che si occupano anche di raccogliere i dati relativi all’utenza e le statistiche sull’incidenza delle violenze.
I Centri hanno primariamente lo scopo di fornire alle vittime ascolto e sostegno, sia in termini psicologici che di assistenza legale, e di promuovere la cultura della legalità e del rispetto, attraverso iniziative culturali e sociali di prevenzione, di informazione, di sensibilizzazione e di denuncia, anche in collaborazione con enti, istituzioni, associazioni e privati.
A livello nazionale, è importante ricordare l’esistenza del portale nazionale antiviolenza, promosso dal Dipartimento Pari Oppotunità del Consiglio dei Ministri, che mette a disposizione il numero verde 1522, sempre attivo e pronto a ricevere le denuncie delle donne, e un sito internet nel quale è possibile reperire numerose informazioni, anche di tipo giuridico (cfr. Link allegato).
Il caso della Liguria: l’impegno della Regione e il sostegno dei cittadini
La Liguria presenta una legislazione contro la violenza di genere assai puntuale, e può contare su sei centri, attivi dal 2008, dislocati nei quattro comuni capoluogo (due a Genova) e a Mignanego (GE). Essi forniscono consulenza legale, sostegno psicologico, inserimento in strutture alloggiative e/o in gruppi di auto-aiuto, e promuovono anche percorsi formativi, tirocini e/o borse di lavoro per le vittime della violenza. Secondo i dati registrati dai centri liguri, il fenomeno è in crescita tra le generazioni più giovani, e non riguarda affatto esclusivamente gli stranieri: il 57% delle donne che denunciano, di norma madri, ha infatti tra i 20 e i 50 anni, e ben il 64% è di origini italiane.
Nei tre anni di attività, più volte i centri liguri hanno rischiato la chiusura per mancanza di sovvenzioni: una campagna di raccolta fondi determinata e costante ha consentito però di mantenerli in vita fino ad oggi, e di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro importanza attraverso concerti, conferenze, spot pubblicitari diffusi via web con la partecipazione di personaggi famosi, eventi di vario genere.
Nel corso di uno di questi, recentemente realizzato e dedicato alla commercializzazione di abiti, borse e gioielli realizzati dalle detenute del carcere di Pontedecimo, l’assessora alle Politiche Sociali e Pari Opportunità della Regione Liguria, Lorena Rambaudi, ha promesso nuovi stanziamenti istituzionali in favore dei centri antiviolenza, per un totale di 130mila euro da conteggiare nel bilancio della Regione. L’esistenza di questi centri, “dove sono le donne ad offrire ascolto e aiuto ad altre donne, è fondamentale per contrastare un fenomeno che per molti resta ancora oscuro” ha detto l’assessora Rambaudi annunciando l’intenzione della Regione di finanziare anche corsi di formazione per gli operatori delle ASL, finalizzati all’aggiornamento sull’assistenza alle donne vittime di mutilazioni genitali.
Laura Carmen Paladino