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Media, forte e combattiva: così l’impresa dei Cavalieri del lavoro

Media, forte e combattiva: così l’impresa dei Cavalieri del lavoro

Uscire dalla crisi è possibile. L’importante è puntare su design, qualità e capitale umano, soprattutto femminile. Una ricerca del Censis fotografa le medie imprese dei Cavalieri del lavoro

Si tratta della prima rilevazione nell’ambito dell’Osservatorio omonimo, promossa dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Oltre il 42% degli intervistati si occupa delle esigenze delle donne, con flessibilità oraria, voucher per assistenza, asili nido aziendali.

Le imprese guidate dai Cavalieri del lavoro sono in buona salute, malgrado la crisi, il provincialismo, la burocrazia e il divario di opportunità tra generazioni. A sottolinearlo è stato Benito Benedini, presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, l’ente che ha istituito un Osservatorio sulle Medie Imprese dei Cavalieri del Lavoro al fine di individuare i percorsi per rilanciarne il posizionamento competitivo. La prima rilevazione, effettuata con la collaborazione scientifica del Centro Studi Investimenti Sociali (Censis) , è stata presentata a Roma il 4 aprile, a Palazzo Altieri, alla presenza tra gli altri del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, nel corso della conferenza su “Idee e proposte per la competitività del sistema Italia”.

Pres.Censis

“Si tratta di una catena virtuosa. La competitività di queste imprese” ha detto Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, “è dovuta all’unicità dei prodotti, all’alta qualità del capitale umano e all’innovazione continua, che avviene principalmente all’interno della fabbrica. Inoltre, lo sviluppo passa anche per un maggiore impiego del lavoro femminile”.

Piccolo il campione, ma significativo:  153 Cavalieri del lavoro, intervistati tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 in merito alle strategie e agli interventi posti in essere per far fronte alla crisi. Risulta forte la presenza delle loro aziende all’estero (91%), nonostante siano inserite in un sistema produttivo poco aperto alla competizione globale; altrettanto consistente la rete distributiva oltre frontiera. “E’ netto l’orientamento di queste imprese verso lo sviluppo e il presidio dei mercati internazionali” ha precisato Benedini “con punte di eccellenza per quanto riguarda il made in Italy e i settori della meccanica allargata. L’auspicio è che vengano messe a punto misure strutturali e organiche  finalizzate a rilanciare l’economia nazionale, di cui dovrebbe farsi carico una politica ormai completamente sfiduciata. Noi vorremmo internazionalizzare, non delocalizzare”.

“Stiamo procedendo al riordino  di tutti i sistemi di incentivazione” ha detto il ministro Passera “per premiare gli imprenditori che investono sulle loro imprese. Bene comune, oggi, significa dare una speranza di miglioramento e una risposta al problema del lavoro, alla paura del futuro. Ciò può avvenire solo attraverso la crescita, purché sia sostenibile, anche in termini di consumi e di impattosull’ambiente, e in grado di creare posti di lavoro”.

C.Passera

Il nuovo Ice (Istituto nazionale per il Commercio Estero) diventerà il motore di questo cambiamento, insieme a tutti gli altri enti e istituzioni che rappresentano un valido appoggio per gli imprenditori che commerciano con l’estero, come Simest (Società italiana per le imprese all’estero), Sace (società per il credito all’esportazione), Camere di commercio in Italia e all’estero, Ambasciate, banche, associazioni di categoria.

Confrontando le imprese oggetto della ricerca con quelle italiane in generale, la vocazione internazionale delle prime risulta ancora più evidente: nel 2009, dati Istat alla mano, solo il 4% delle imprese italiane era presente nei mercati stranieri; tra quelle manifatturiere, la quota era quasi del 20%.

I principali fattori di competitività delle aziende dei Cavalieri del lavoro sono la qualità del prodotto e la sua unicità, indicati dal 76,8% degli intervistati; valori che vengono accresciuti dalla forza del marchio, ossia del brand aziendale, e dal design, soprattutto per quanto riguarda le imprese del made in Italy. Oltre la metà degli imprenditori ha indicato quali ulteriori motivi di competitività la qualità delle risorse umane impiegate (54,5%) e la propensione all’innovazione (52,7%), quest’ultimo fattore soprattutto in merito alla meccanica. Vengono considerati, inoltre, piuttosto importanti sia la forza della rete di distribuzione e di vendita (40,2%), sia la presenza in paesi strategici (37,5%). Molte aziende adottano comportamenti ‘socialmente responsabili’, in particolare con riferimento alla dimensione interna dell’azienda, e curano molto i rapporti con la comunità territoriale tramite il finanziamento di iniziative di carattere sociale (oltre l’80% adotta questo comportamento), rispetto a cui ricevono un immediato ritorno in termini di immagine. Più della metà delle aziende utilizza ampiamente gli strumenti finalizzati a soddisfare le esigenze dei lavoratori e a supportare la qualità della loro vita, prevedendo nei contratti gli strumenti di integrazione del welfare dei dipendenti (fondi pensione, polizze sanitarie e via discorrendo) o adottando politiche di conciliazione, finalizzate a venire incontro alle esigenze delle donne: strumenti di flessibilità oraria, voucher per l’assistenza, asili nido aziendali.

Gli imprenditori hanno risposto positivamente alla crisi, puntando a promuovere processi di riorganizzazione aziendale e incrementando la produttività, nell’attesa di investimenti più significativi nel momento in cui i mercati daranno segnali più decisi di ripresa.

Laura Biagiotti

“Il fare impresa in questo paese è ancora fortemente penalizzato” ha sottolineato Laura Biagiotti, stilista, Cavaliere del lavoro e titolare di un’azienda tra le più note in Italia e nel mondo. “Non siamo ‘brutti sporchi e cattivi’. Tra i dieci più ricchi ci sono molti colleghi, tra cui Benetton, Del Vecchio e Armani: hanno patrimoni così consistenti perché hanno fatto impresa, hanno creato occupazione; dopo quella di origine, noi rappresentiamo una seconda famiglia per i lavoratori. Dobbiamo vivere questa grande crisi come un’opportunità”.  E ancora, citando il presidente Obama e papa Giovanni Paolo II: “Si può fare”. Parola di imprenditrice e di creativa. “Oltre al made in Italy” ha concluso Laura Biagiotti, “io ‘faccio Italia’, vendo all’estero il mio Paese, che rappresenta un grande patrimonio del mondo”.

Passando alle ‘dolenti note’, gli imprenditori intervistati ritengono che le principali problematiche che affliggono il paese e ne frenano la crescita siano l’evasione fiscale (62,5%) e il debito pubblico (53,9%); l’eccesso di burocrazia, inoltre, costituisce un forte freno alla crescita e all’occupazione, unito alla bassa qualità della classe politica, all’alto livello di corruzione e al clientelismo. Le dimensioni su cui intervenire con urgenza, secondo la quasi totalità del campione (92,5%) sono quelle dell’indebitamento e dell’asimmetria previdenziale e contrattuale tra generazioni: occorrerebbe abbattere il livello del debito con l’eventuale, inevitabile introduzione di un’imposta patrimoniale.

Daniela Delli Noci

 

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