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Violenza sulle donne: le giornaliste denunciano

violenza sulle donne

Violenza sulle donne: le giornaliste denunciano

“Il velo squarciato”: le verità celate di realtà italiane oscure, svelate da giornaliste minacciate a causa del proprio lavoro.

Quattro donne si sono raccontate il 27 novembre a Montecitorio, nella sala Aldo Moro, in occasione della “Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Tutte giornaliste, madri, figlie, lavoratrici, provenienti chi dal Sud chi dal Nord di un’Italia ancora schiacciata nella morsa dell’omertà.

A raccogliere le loro testimonianze nel convegno dal titolo: “Il velo squarciato. Intimidazioni e violenze contro le giornaliste”, hanno provveduto la Commissione Pari Opportunità dell’Associazione Stampa Romana, rappresentata per l’occasione dalle presidenti Nella Condorelli e Arianna Voto, in collaborazione con “Ossigeno per l’informazione” e l’Osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia, diretto da Alberto Spampinato, anche moderatore dell’incontro.

 

Tre le “croniste di periferia”, così denominate dalla sindacalista Condorelli, che “fanno inchiesta sul territorio in cui vivono e da cui provengono, parlano con la gente, mettendo insieme i nodi che raccontano la complessità dei loro territori”. Si tratta della ventiduenne magentina Ester Castano, di Marilù Mastrogiovanni di Casarano (Lecce), di Marilena Natale di Aversa-Casal di Principe e, infine, di Luisa Betti, giornalista romana, fondatrice del blog Antiviolenza del Manifesto.

 

Alberto Spampinato

Ognuna ha raccontato la propria esperienza di vittima di intimidazioni, abusi, minacce, per il semplice fatto di aver messo in luce una verità che a Qualcuno risultava amara e dannosa. Sono “giornaliste che parlano di mafia, ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita “ha spiegato Arianna Voto; “sono croniste di provincia, con guadagni di mille euro al mese, non sono grandi firme ma sono firme pesanti… Ogni giorno rischiano la vita. Si sono date il compito di raccontare la verità e consegnare ai propri figli un futuro migliore nella terra in cui sono nate e in cui hanno scelto di continuare a vivere. Portarle qui, oggi, significa farle uscire allo scoperto, far uscire fuori la violenza contro le donne nel particolare contro le giornaliste, che svolgono una professione di verità. Sta a noi proteggerle e far diventare le loro storie, nazionali”.

Il problema della violenza contro le giornaliste si incrocia infatti con il grande problema della violenza contro le donne. Ciò accade perché “l’Italia non è ancora un Paese democratico a cui ci vantiamo di appartenere ” ha spiegato il direttore dell’Osservatorio ‘Ossigeno per l’informazione’, Alberto Spampinato. ” Purtroppo Il fenomeno dei giornalisti minacciati è poco conosciuto in Italia; se ne parla molto poco, cosa che non accade in altri Paesi dell’Europa”.

L’Italia è un Paese parzialmente libero. “Dall’inizio dell’anno ” ha dichiarato il moderatore del convegno “nel nostro Osservatorio abbiamo riportato circa 300 giornalisti minacciati. Tra gli abusi: querele pretestuose, richieste di risarcimento danni infondate, immotivate… In Italia c’ è un uso intimidatorio facile della querela per diffamazione. È un problema politico che non si riesce a risolvere perché non lo inquadriamo nel piano politico e culturale”. In Italia l’informazione non è libera e rischia tante volte di rivelarsi “cattiva informazione” ha detto Arianna Voto ” che trova complici nella politica opaca, nelle smagliature della legislatura e nei vuoti politici”.

È necessario uscire allo scoperto e non aver paura di raccontare. Proprio come ha fatto la giovanissima Ester Castano, che, a soli ventidue anni, ha già subito due querele per diffamazione, pretestuose, da parte del sindaco di Sedriano, un comune della provincia di Milano, e della amministrazione comunale ” in odore di mafia” che gravitava intorno a lui. “C’è una campagna di diffamazione nei miei confronti che nuoce alla mia dignità di persona e alla mia credibilità di cronista”, ha denunciato Castano.

Vere e proprie minacce legalizzate hanno coinvolto la giornalista di Casarano, Marilù Mastrogiovanni. “Ho cercato di svolgere il mio mestiere in modo deontologicamente corretto ” ha raccontato la cronista fondatrice del Tacco d’Italia, il mensile d’inchiesta della provincia di Lecce, “ma ho fatto l’errore di non mettere in conto le ritorsioni che il mio giornale avrebbe potuto subire. Sono stata, infatti, vittima di minacce, querele pretestuose, oltre a danneggiamenti della redazione del Tacco, tra cui il furto di computer”.
Il mensile si occupa di svolgere inchieste sul territorio leccese e tra le varie tematiche ha affrontato il caso del traffico di rifiuti pericolosi e tossici all’interno di discariche autorizzate dalle amministrazioni comunali. “Per rimediare alla campagna diffamatoria “ha spiegato la Mastrogiovanni “abbiamo cominciato a educare i lettori pubblicando le fonti e abbiamo fatto capire che l’essere giornalista ha una forte valenza sociale”.

 

mafia e violenza sulle donne

In Puglia c’è una mafia imprenditoriale, la Sacra Corona Unita, la cosiddetta “mafia dei colletti bianchi”, diversa da quella violenta riportata, raccontata e subita dall’altra cronista di provincia, Marilena Natale, originaria di Aversa, a due chilometri da Casal di Principe, “la terra in cui per trent’anni ” ha detto con rammarico Natale ” abbiamo assistito al suicidio dello Stato” a causa della camorra. “I miei guai sono iniziati quando ho scoperto e iniziato a parlare delle infiltrazioni mafiose all’interno dell’amministrazione comunale, nell’ambito dei Servizi Sociali… Ho denunciato gli operatori-fantasma e sono stata minacciata di morte da uno degli indagati”.

“Se oggi qualcuno mi chiedesse se ho paura risponderei di no, semplicemente perché svolgo il mio lavoro” e –citando una frase di Borsellino,- ha riportato: possono uccidere me, ma non le mie idee”.
Infine, ha raccontato la propria esperienza di giornalista vittima di cyber stalking, Luisa Betti, esperta di Diritti Umani di donne e minori. Ha approfondito dal 2006 il tema della PAS (Sindrome da Alienazione Parentale) -una malattia che da poco il Ministero della Sanità ha dichiarato inesistente- rivelando una vera e propria lobby pro-PAS, infiltrata all’interno dei tribunali e appoggiata da psicologi, che ha permesso fino ad oggi di “istituzionalizzare ” ha spiegato “molti casi di violazione dei diritti dei minori”, accrescendo oltremodo il numero dei minorenni, “oggi 40mila”, all’interno delle case-famiglia.

“Le operatrici dell’informazione sono sovente sottoposte a gravi aggressioni, minacce e forme di rappresaglia ” ha scritto nel messaggio inviato per l’occasione il presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini. ” Ciò costituisce una dolorosa e inaccettabile prova dei pregiudizi ancora persistenti, retaggio di una grettezza culturale che offende le fondamentali ragioni di giustizia e di solidarietà e che indebolisce il tessuto etico e civile. Iniziative di questo tipo devono essere l’occasione per ripudiare ogni visione che […] forzi l’immagine delle donne in ruoli di subalternità nei confronti dell’uomo e per stigmatizzare incondizionatamente ogni modello culturale che svilisce la figura femminile nel suo ruolo professionale, intellettuale, sociale e familiare”.

Daniela Auciello

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