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Le medie imprese italiane e la ripresa economica

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Le medie imprese italiane e la ripresa economica

Unioncamere e Mediobanca fotografano le medie imprese italiane. Dardanello: “medie imprese anello forte dell’industria italiana”. Le medie imprese sono ottimiste per una ripresa economica e produttiva

Qual è lo stato di salute delle medie imprese industriali italiane? Lo svela un’indagine annuale, giunta alla dodicesima edizione, realizzata da Mediobanca ed Unioncamere, e presentata a Roma lo scorso giovedì, il 10 novembre 2013, presso la sede di Unioncamere.

 

Dall’analisi illustrata emerge un leggero ottimismo che accomuna generazioni di imprenditori che continuano a dimostrarsi competitivi sul piano delle esportazioni e che, nonostante la crisi degli ultimi anni, sperano vi possa essere un aumento del fatturato e della produzione nel 2013, senza dimenticare di ampliare il proprio capitale umano sia in Italia che all’estero.

A prescindere dai buoni propositi bisogna, anche, fare i conti con una realtà impietosa: le aziende italiane in dieci anni sono diminuite di 433 unità per due motivi: il primo è riconducibile ad un ridimensionamento aziendale che le ha fatte così scomparire dal campo di osservazione; il secondo riguarda il fallimento e/o l’acquisizione della struttura da parte di colossi del mercato.
A conti fatti pertanto oggi operano sul territorio nazionale 3.594 imprese capaci di generare da sole il 15% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera italiana ed il 16% delle esportazioni nazionali.

L’indagine ha coinvolto un numero rappresentativo di medie imprese industriali (il 37,3%). Il sentimento predominante è l’ottimismo, dal momento che le aziende chiamate in causa prevedono un aumento del fatturato del 26,6% rispetto al consuntivo del 2012, e il 34% per l’incremento della produzione.
La propensione all’export è rimasta molto elevata, tanto che la quota di esportazioni ha toccato il 90% nel 2012, con un’incidenza delle vendite all’estero pari al 51% del fatturato complessivo.
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Ma quali sono stati gli interessi e le operazioni delle medie imprese nello scorso anno? Gli investimenti nel 2012 si sono concentrati sulle apparecchiature informatiche (72,3%), sui macchinari (69,3%), sul software e sui servizi informatici (68,6%) e sembra che su tali scelte le imprese insisteranno anche nel corso dell’anno 2013.

In merito alla richiesta di aiuti finanziari, il 50% delle medie aziende ha dichiarato di voler far ricorso a finanziamenti bancari, non solo per far fronte le attività ordinarie (nel 48,3% circa dei casi) ma anche per realizzare nuovi investimenti (36,7%) o implementare quelli già avviati (13,3%).

La richiesta di accesso al credito mette in luce uno scenario di difficoltà per ottenere liquidità immediata. Lo confermano il 43% degli imprenditori chiamati in causa e il 37% delle imprese che nell’ultimo semestre del 2012 si erano rivolte ad istituti bancari.

Sul versante occupazionale, contrariamente a quanto si possa immaginare, un nucleo rilevante di imprese – circa un quinto – segnala un ampliamento della forza lavoro tra il 2012 ed il 2013; ampliamento che risulterà quest’anno ancora maggiore anche per via dell’innalzamento della base occupazionale all’estero, frutto di una tassazione fiscale meno proibitiva rispetto all’Italia.
E parlando di tassazione, il rapporto rivela che nella media del periodo 2002-2011, ad esempio, il carico fiscale che ha gravato sulle medie imprese è risultato del 44,5%, ovvero circa 11 punti percentuali sopra la media delle grandi imprese (33,6%).
Nel 2011, 796 delle 3.594 imprese coinvolte nella ricerca hanno chiuso con un risultato negativo.

In termini geografici, l’indagine mostra che la maggior parte delle medie imprese è collocata nelle aree del Nord Est e del Centro (49,1% del totale); il 31% solo in Lombardia.
Il settore più rilevante in cui operano è quello della meccanica, che ha assorbito il 40,8% del valore aggiunto ed il 44,1% delle esportazioni.

Nell’arco dell’incontro per la presentazione dell’indagine ci sono stati molti spunti di riflessione, giunti da diversi esponenti.

Per Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, le medie imprese rappresentano – anche in un momento critico come quello attuale – un anello forte della catena organizzativa e produttiva dell’industria italiana. Infatti, ha detto, “un nucleo importante di esse mantiene costantemente bilanci societari in utile e strutture finanziarie solide, con una redditività destinata ad aumentare per una impresa su quattro”.

DardanelloIl presidente di Unioncamere ha poi tenuto a ricordare che “alle spalle di ogni media impresa ci sono ben 35 fornitori stabili” ed ha aggiunto che “è fondamentale operare come già il sistema camerale sta facendo, per favorire i processi di aggregazione in rete”. 

È stato invece critico, rispetto allo studio condotto, l’imprenditore Domenico Menniti, Presidente ed amministratore delegato di Harmone & Blaine SpA, che così ha commentato i dati esposti: “l’indagine condotta presenta delle criticità perché non indica quanto tempo ci voglia per costruire una impresa e fotografa delle realtà senza scandagliare a fondo un mondo  che io vivo quotidianamente. Io voglio crescere anche a livello internazionale ma ci sono dei limiti, soprattutto di natura burocratica. Per ampliare la mia azienda su terreni espropriati, nel napoletano, sono otto anni che attendo una risposta che chissà quando arriverà. E la colpa è del mondo della politica che poco comprende i nostri problemi, anzi è un mondo dominato da piccoli uomini privi di interesse. Noi invece, abbiamo a cuore l’economia italiana e siamo vittime di un sistema che sembra voglia costringerci a fare le valige”.

Guarda il video con l’intervento di Ferruccio Dardanello!

È seguito l’intervento di Marco Zigon, Presidente di Getra SpA. L’imprenditore ha descritto la situazione in cui versa la sua azienda, leader nella produzione di trasformatori elettrici: “il settore in cui opero è in forte evoluzione e siamo sempre più orientati verso le fonti rinnovabili. Come imprenditore avverto la responsabilità di dover prendere delle decisioni che siano compatibili con il mercato, ma anche rispettose della crescita del tessuto in cui lavoriamo. Anch’io, come il collega Menniti, penso che un forte ostacolo all’imprenditoria locale sia segnato dalla pubblica amministrazione”.

La-MalfaLa conclusione dei lavori è stata affidata a Giorgio La Malfa, Presidente di R&S-Mediobanca il quale si è rivolto così agli imprenditori presenti: “,i spiace non poter fornire quelle risposte che il caro Domenico Menniti si aspetta che giungano dal mondo della politica, perché non ne faccio più parte. Mi rammaricano i dati che riguardano il Sud d’Italia, elementi che anche la Fondazione La Malfa ha messo in risalto. Sono sempre più convinto che la scarsa presenza imprenditoriale nel Sud non giova al Paese tutto, anzi sarebbe opportuno che l’Italia coinvolgesse le aree meridionali, perché c’è un ottimo capitale umano, pronto a mettersi in gioco se solo ve ne fosse la possibilità. I problemi dell’Italia? Secondo me derivano da una politica europea che potrebbe contribuire a segnare la nostra scomparsa industriale. Noto che c’è un’Italia troppo protesa all’Europa e non un’Italia ambasciatrice di se stessa e ciò implica che il nostro Paese veda verso l’Europa con un atteggiamento differente”.

In un quadro di velato ottimismo emergono quindi le storie di imprenditori che si confrontano di giorno in giorno con una pressione fiscale molto alta, riti burocratici interminabili e amministratori pubblici poco sensibili. Nel frattempo si spera che questa congiuntura economica così penalizzante possa cessare e favorire, anche nel resto dell’Italia – in particolar modo nel Mezzogiorno – nuove e valevoli realtà imprenditoriali.

Paola Paolicelli

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