Il Premio Melograno 2013
Per creare una rete di donne nel mondo, per promuovere l’incontro tra associazioni femminili composte da italiane ed immigrate, la Fondazione Nilde Iotti ha ideato il Premio Melograno, giunto alla sua seconda edizione
Un’occasione per promuovere l’incontro tra donne di diverse etnie. Due giovanissime, una italiana e l’altra congolese, scelte dalla giuria del Melograno, frutto scelto perché incarna la multicultura.
È il secondo anno che la Fondazione Nilde Iotti promuove il premio Melograno, appuntamento che si è svolto lo scorso 14 dicembre presso l’Auditorium del Maxxi di Roma (Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo). Il riconoscimento, che è stato attribuito a due giovani donne sotto ai 35 anni di età, una italiana e l’altra congolese, intende accendere i riflettori su una rete di donne nel mondo che con tenacia agiscono per promuovere l’incontro tra associazioni femminili composte da italiane ed immigrate presenti nel nostro Paese.
La scelta del frutto non è casuale, perché il melograno incarna la multicultura; la storia, infatti, ci insegna che nonostante le sue origini siano da ricercare nell’Asia sud Occidentale, la diffusione del vermiglio frutto ha toccato anche le zone del Mediterraneo.
La cerimonia di premiazione, preceduta da due momenti di riflessione intitolati “Le campionesse della convivenza; Confronto tra italiane e nuove italiane” e “Il mio contributo per un’Italia ed un’Europa della Convivenza” ha voluto evidenziare la sinergia e l’impegno che possono nascere da realtà differenti ma coese.
L’apertura è stata affidata all’On. Livia Turco, in veste di Presidente della fondazione Nilde Iotti.
Riportiamo di seguito uno stralcio del suo intervento:
La migrazione, anzi è preferibile ai giorni d’oggi parlare di migrazioni, rappresenta uno dei fattori più visibili e controversi della nostra società. La percezione diffusa è quella di uno sconvolgimento dell’ordine sociale. Per alcuni è l’alba di un nuovo mondo all’insegna della fratellanza universale; per molti altri, invece, è l’inizio di una invasione.
Nel complesso i migranti rappresentano il 3% della popolazione mondiale, in cifra che possiamo quantificare intorno ai 214 milioni su oltre sei miliardi di esseri umani. Per la nostra Europa dei 27 stati comunitari la stima si aggira intorno ai 25 milioni di migranti su 490 milioni di abitanti, dunque all’incirca il 5%. In Italia i dati più recenti parlano di 5 milioni di persone, che rappresentano una quota relativamente bassa, ma aspetti quali la concentrazione in determinate aree geografiche, accrescono purtroppo il senso di smarrimento e di minaccia delle popolazioni ospitanti.
I migranti oggi, da qui parte la mia breve analisi, non devono essere identificati solamente con persone giunte da noi alla ricerca di modesti impieghi per sopravvivere, perché nel mondo sviluppato e progredito rientrano migranti qualificati perché in possesso di competenze intellettuali e professionali. Un altro elemento di analisi mi porta a raccontarvi che la migrazione è un fenomeno di genere, ciò significa che la metà dei migranti sono la metà, con punte del 51,1% nell’area Ocse.
La femminilizzazione delle migrazioni coincide con la necessità degli italiani di sopperire alle mancanze del welfare attuale e da tale bisogno parte un flusso di donne pronte a soddisfare le richieste delle famiglie italiane. Nascono da questi flussi migratori tute quelle famiglie che contribuiscono a dar vita a nuove generazioni di italiani, con un milione di bambini presenti sul territorio nazionale. È tempo di prevedere una quota di almeno il 10% per gli immigrati negli organismi di partiti, sindacati, associazioni e imprese. L’integrazione si fa anche così.
Di coesione e di possibilità di fare rete ha parlato la ministra per l’integrazione Cécile Kyenge, protagonista di una lectio magistralis. Ne riportiamo uno stralcio:
Purtroppo, nonostante le battaglie e la voglia di generare nuovi contesti di vita, le donne sono vittime di disparità di genere. È quindi compito delle istituzioni di favorire un radicale cambiamento culturale. Come donna, anch’io quotidianamente mi confronto con situazioni impegnative.
A fronte di un mondo del lavoro che le guarda ancora con diffidenza, si registra una sempre più attiva dinamicità femminile: segno della mutata consapevolezza di sé che sta avanzando nelle donne. Non solo l’imprenditoria femminile nell’agroalimentare, nel turismo, nel terziario di relazione, come citato da Censis, ma , parallelamente, i casi d’iniziativa e d’impegno di coloro che operano nel campo sociale, del welfare, dei servizi e delle istituzioni deve farci riflettere. Anche questo parlamento è il più giovane e il più rappresentativo degli equilibri di genere.
Le giovani generazioni crescono e si confrontano in una mescolanza di idee e stimoli che sono vitali per un ripensamento del nostro orizzonte culturale. Esempio ne è la concretezza delle storie di emancipazione ed operosità delle donne presenti in questa sede, che hanno saputo avviare un dialogo trasversale alleandosi prima con loro stesse, poi con la rete di associazioni, con i movimenti della società civile, con il mondo dell’economia o delle istituzioni: sfidando con determinazione e coraggio la crisi economica, le disparità e le disuguaglianze sociali, le reticenze di un mondo ancora molto maschile. Ma non basta. La partecipazione delle donne è cambiamento virtuoso. Sono certa che ampliare il loro impegno politico, culturale, economico, valorizzare il loro apporto in seno alla comunità Italia, la migliori: decisamente. Il contributo di questa eterogeneità di identità, visioni, esperienze e saperi è infatti fondamentale per avviare nuovi stimoli e riflessioni, contribuendo, così, al rinnovamento del Paese. Io stessa, prima di diventare ministra, mi sono attivamente spesa in diversi progetti nazionali e internazionali, come Woman in Progress, finalizzati a incentivare la partecipazione politica e culturale delle donne migranti.
Il contributo delle giovani è ancora più cruciale. Proprio voi donne di multipla identità, siete le mediatrici naturali nella società italiana perché frequentate più universi culturali. Voi giovani siete le ambasciatrici tra il Paese dei vostri avi e l’Italia: di tale vostro talento questo Paese ha bisogno per aprirsi ad orizzonti e spunti inediti. La democrazia, infatti, non è ostacolata dalle differenze, ma le differenze sono la ragione e la linfa della democrazia, intendendo la differenza come una peculiarità sui cui puntare gli obiettivi per crescere assieme in un confronto dialettico e virtuoso. Uno dei miei tanti obiettivi? Concedere l’accesso al servizio nazionale civile anche agli stranieri.
Tanti gli spunti di riflessione forniti dal dibattito. Tra le intervenute, c’è chi si sofferma sull’uso delle parole integrazione e convivenza. La giovane Hayat El Uoussoufi, Presidente della Consulta Stranieri di Bologna, considera coincidenti le due parole e ci dice: “per me l’integrazione va a braccetto con la convivenza, perché se non c’è l’accoglienza da parte del popolo ospitante non c’è possibilità di crescita. La mia esperienza è stata meno dura di altre persone perché per ricongiungimento famigliare sono arrivata dal Marocco. Con me ci sono stati sempre i miei genitori ed il loro sostegno è stato fondamentale, lo stesso supporto che non mi è stato negato da parte della scuola italiana che frequentavo. Nel 2007 sono diventata presidente della Consulta di Bologna e da allora sono sempre più vicina alle problematiche della gente”.
Di diversa opinione è invece Georgeta Al Masri, di nazionalità rumena: “arrivai in Italia diversi anni fa, pensando di rimanerci per poco tempo ed approdai in un paesino del beneventano in cui l’uso della lingua italiana è stato soppiantato dalla prevalenza del dialetto. Poco alla volta ho tracciato il mio percorso e sono diventata una mediatrice culturale che opera all’interno dell’ospedale cittadino. Ogni giorno mi vengono presentati diversi casi che cerco di risolvere senza mai giudicare il percorso personale di chi assume certe dolorose decisioni. Io, contrariamente ad Hayat, credo che sia meglio parlare di convivenza e non di integrazione, perché la pacifica convivenza racchiude il segreto per una vita ottimale”.
C’è poi chi ritiene che parlare di cittadinanza italiana o di altro tipo di cittadinanza sia riduttivo, perché si vive in un mondo multietnico e globale, opinione di Lifang Dong, avvocato italo-cinese con una serie di entusiasmanti esperienze professionali alle spalle.
Ma le battaglie non si vincono se non c’è coesione e l’ha dimostrato, durante la sua prolusione, Elisa Ercoli rappresentante dell’Associazione romana “Differenza donna”, impegnata dal 1989 a combattere la violenza di genere contro le donne: “il nostro lavoro mi spinge ad una sola considerazione: non ci sono donne italiane o donne straniere, per me le donne appartengono ad un solo ed unico popolo. Da 24 anni assistiamo chiunque si trovi in condizioni di disagio e di abusi e garantiamo loro il dovuto reinserimento sociale”.
L’ambito melograno, quest’anno è stato consegnato a Francesca Rossi, trentenne specializzanda in medicina che ha presentato alla Fondazione Nilde Iotti un progetto educativo rivolto a future mamma straniere residenti nel popoloso quartiere romano del Pigneto. A loro, grazie al contributo della Asl Roma C, sono state insegnate le comuni pratiche igieniche, come lavarsi le mani ad esempio, abitudini che per noi sono scontante ma che non sempre lo sono per chi proviene da Paesi lontani. Nei sogni della giovane Francesca c’è l’ambizione di creare un filo di continuità con le donne che hanno seguito i tre incontri introduttivi,tutte future mamme reclutate attraverso dei precedenti corsi istituiti per favorire l’apprendimento della lingua italiana.
Altra vincitrice, scelta dalla giuria, è stata Ngalula Beatrice Kabutakapua una ragazza di 27 anni, di origine congolese residente a Velletri, che ha voluto creare un progetto documentaristico e multimediale dal titolo (IN)Visibile Cities, che racconta le storie di migranti africani in 13 città dei 5 continenti.
La manifestazione si è conclusa con una sorpresa per tutti: l’assegnazione del Premio Speciale Melograno a Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa.
Paola Paolicelli