Le donne vittime del lavoro
Donne disabili da infortunio o malattia professionale: presentata l’indagine ANMIL sulle donne vittime del lavoro
Ogni anno sono circa 250mila le lavoratrici italiane colpite da infortuni sul lavoro e malattie professionali; di queste, secondo la classificazione adottata da INAIL, circa 2mila risultano di gravità tale da rendere “disabili”.
Il settore di attività che produce annualmente il maggior numero di donne disabili è l’agricoltura con una quota pari al 15,4%, non molto distante la sanità, con una quota del 12,7%: le infermiere che operano nel comparto ospedaliero sono, in assoluto, le più colpite.
Il quadro del fenomeno infortunistico nazionale ci è fornito dal rapporto condotto da ANMIL (Associazione nazionale mutilati), con il supporto tecnico delle società di indagini statistiche Datamining e Interago, presentato il 17 febbraio, con il Patrocinio del Senato della Repubblica, a Palazzo Giustiniani.
I dati che emergono dall’indagine “Tesori da scoprire: la condizione della donna infortunata nella società” descrivono una realtà dura e drammatica: alla data del 31 dicembre 2012, i “disabili dal lavoro” rilevati dall’INAIL, sono circa 690mila, dei quali oltre 96mila donne. Dall’analisi delle varie tipologie di disabilità emerge anche che la maggioranza delle 96mila donne disabili, circa 52mila, ha limitazioni di natura motoria; 10mila sono le donne che hanno riportato danni di natura psico-sensoriale. La stragrande maggioranza delle donne disabili da lavoro, circa 84mila, è stata vittima di un infortunio, rispetto alle 12mila donne che hanno, invece, contratto una malattia professionale. Sul piano territoriale le donne disabili risultano con una decisa prevalenza nel Mezzogiorno, in Umbria il tasso record: 2,5 volte superiore rispetto alla media italiana. Un fattore di rischio molto rilevante, che è trasversale a tutte le attività, rilevato durante l’indagine è l’infortunio in itinere. Il 35% degli infortuni femminili si verificano nel percorso casa-lavoro-casa, un percorso in cui si concentrano tutti gli stress e le molteplici difficoltà di conciliazione; 500 donne, ogni anno, ne restano vittime.
Per il presidente del Senato, Piero Grasso «il rapporto presentato oggi ricostruisce un quadro dettagliato delle problematiche e delle tutele vigenti per le lavoratrici disabili sotto i profili della salute, dell’occupabilità, della sicurezza, della conciliazione e della qualità della vita. Molti dei dati forniti nello studio sono preoccupanti ed evidenziano come ancora le donne continuino ad avere più problemi rispetto agli uomini sotto diversi profili, tra i quali quello dell’accesso al mercato del lavoro, quello della tutela della salute sui luoghi di lavoro, quello della conciliazione dei tempi di lavoro e di vita familiare».
Sulla mancata considerazione della specificità di genere che implica una sottostima delle conseguenze degli infortuni lavorativi, è l’intervento della senatrice Silvana Amati, componente della Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani al Senato «Nonostante i progressi fatti verso il raggiungimento dell’uguaglianza formale fra i generi, l’obiettivo dell’uguaglianza sostanziale rimane ancora lontano. Non vi sarà parità di trattamento senza elaborare l’idea della neutralità delle norme. Esistono già esempi di contesti in cui questa prospettiva è stata adottata».
Nel Testo Unico sulla Salute e la Sicurezza sul Lavoro del 2008, che include l’attenzione alle differenze di genere nella valutazione dei rischi, così come nei recenti lavori della Commissione Diritti Umani del Senato sul tema dell’aggiornamento del nomenclatore tariffario.
L’impegno di concretezza scientifica che sta nel rapporto condotto dall’ANMIL ha fatto emergere molti risultati significativi, soprattutto per quanto riguarda la sfera del disagio psicologico conseguente all’incidente e alle difficoltà per mantenere il posto di lavoro ed il rapporto con le persone più vicine. Dietro ogni numero c’è infatti, come più volte ribadito durante l’esposizione dell’indagine, un dramma umano da indagare per meglio provvedere.
Noemi Roccatani