Imprenditoria femminile

Imprese: in Campania 1 su 4 è rosa

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Imprese: in Campania 1 su 4 è rosa

Crescono anche al Sud le aziende gestite da donne. Dai dati di Unioncamere al punto di vista delle imprenditrici. Il Case History: la storia di Silvana Di Giovanni che da bancaria si è reinventata imprenditrice

La sua giornata di lavoro inizia alle sei e mezzo del mattino e finisce diciassette ore dopo. Nonostante questo, Silvana non cambierebbe il suo lavoro con un posto da otto ore perché “ho lavorato come bancaria e amministrativa in diversi enti pubblici e so cosa significa timbrare il cartellino. Io, invece, sono molto creativa e mi piace gestire le mie giornate come credo”.

Silvana è Silvana Di Giovanni, 49 anni, napoletana, ideatrice e amministratore unico di “A. Quaranta Locatelli”, atelier sartoriale che realizza cravatte e foulard in seta ispirati ai quadri di artisti contemporanei. Di donne come lei che, sfidando l’urto della crisi riescono a tenere in piedi la loro impresa o addirittura ne avviano una nuova, in Campania, ce ne sono molte. Il dato arriva dall’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di Unioncamere ed  è stato reso noto lo scorso mese di marzo: le imprese rosa in Campania sono il 26,6 percento del totale, oltre una su quattro, più della media nazionale che si attesta al 23,6 percento. Numeri che fanno di questa regione la prima, tra quelle del Mezzogiorno, per aziende a conduzione femminile. Un fenomeno che i ricercatori del centro studi Ance di Salerno, analizzando i dati, hanno spiegato con la “considerazione di un permanente quadro negativo nel mercato del lavoro delle regioni del sud che spinge molte donne a far ricorso all’auto impiego”. Insomma, visto che le opportunità di lavoro in giro sono poche, una chance tante donne se la creano da sole. Non a caso la maggior parte di queste aziende si colloca nella fascia della micro-impresa o della ditta individuale. 

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Anche Silvana quando ha deciso di avviare la sua attività era ferma da un po’: “ho sempre lavorato, non mi è mai bastato stare a casa” racconta “quindi dopo alcuni anni ho deciso di rimettermi in gioco. Così nel 2008 siamo partiti con la vendita online per capire se i prodotti erano validi. Dopo un anno e mezzo abbiamo fatto il grande passo e aperto un negozio nel centro di Napoli. Eravamo nel pieno della crisi economica e non è stata una decisione semplice, ma i nostri accessori piacevano e questo ci ha spinti ad andare avanti”.

“Il problema” aggiunge “è che i nostri prodotti sono di fascia medio alta e la crisi ha praticamente cancellato la fascia media. Noi cerchiamo di tenere duro per poi raccogliere i frutti in un momento migliore”. Per fortuna il web permette di arrivare ovunque: “vendiamo pezzi anche negli Stati Uniti, ma lavoriamo soprattutto con la Corea e la Repubblica Ceca”.

Tra i tanti ostacoli, il peggiore, secondo l’imprenditrice napoletana, è proprio l’eccessiva tassazione. “Per un piccolo negozio” spiega “pago ottocento euro all’anno solo di spazzatura”.  Neanche conciliare il ruolo di factotum in un’azienda con quello di mamma è sempre facile: “ci riesco con fatica, ma sono una donna forte e ben organizzata. Più in generale, un grande aiuto alle lavoratrici  sarebbe creare degli asili nido nelle strutture aziendali”. 

E le quote rosa? “Sì e no. Sì se possono aiutare delle donne capaci ad emergere, no se questo va a scapito del merito. Io sono sempre e comunque per il merito, senza distinzioni di sesso”.

Egilde Verì

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