Renzi si gioca il tutto per tutto con la sua finanziaria da 36 mld. Non si placa la protesta di Regioni e sindacati
di Daria Contrada
Una finanziaria di 47 articoli e 119 pagine, che contiene interventi per 36 miliardi di euro. A meno di un anno dalla manovra varata dal prudente Enrico Letta, il premier Matteo Renzi si gioca il tutto per tutto con la nuova Legge di Stabilità, un provvedimento che taglierà le tasse per 18 miliardi di euro, eliminerà “ogni scusa per gli imprenditori per non assumere” e creerà 800mila nuovi posti di lavoro.
Partiamo dalle coperture. Nonostante le perplessità avanzate dall’Unione Europea, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha assicurato che “non ci sono preoccupazioni sul versante delle entrate”, il cui totale ammonta a 36 miliardi di euro così suddivisi: 11 miliardi dal deficit aggiuntivo, che non intaccherà il tetto del 3% voluto dell’UE; 15 dalla spending review; 3,8 dal recupero e dal contrasto all’evasione fiscale; 3,6 a carico di fondazioni bancarie e fondi pensione; un miliardo dal diverso trattamento delle slot machine, un altro dalla riprogrammazione e 600 milioni dall’utilizzo della banda larga.
La spending review è lo zoccolo duro delle coperture della nuova finanziaria, con tagli per 15 miliardi di euro. A pagare il conto i ministeri della Difesa (1,5 miliardi di dismissioni e 500 milioni di riduzioni alle Forze armate), dell’Istruzione (150 milioni di tagli tra asili, elementari e scuole medie), degli Interni (meno 74 milioni alla pubblica sicurezza) e della Giustizia (64 milioni a civile e penale, 36 all’amministrazione penitenziaria). Le Regioni protestano per i possibili tagli di quattro miliardi alla sanità; mentre sembra che l’impatto peggiore arriverà sulle Province, ormai condannate alla scomparsa, che dovranno operare dei tagli pesanti, obbligando le amministrazioni locali a nuovi balzelli per assicurare i servizi. Nello specifico, la finanziaria impone alle Province tagli per un miliardo nel 2015, due miliardi nel 2016 e tre miliardi nel 2017. Resta in stand-by il rinnovo del contratto degli statali, congelato almeno fino a dicembre 2015; rinviato anche il pagamento dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2018 e gli scatti economici. In quest’ultimo caso fanno eccezione magistrati, avvocati, procuratori dello Stato, personale militare, delle Forze di polizia e diplomatici. Per le Forze dell’ordine vengono però bloccati i trattamenti ausiliari.
Passiamo alle uscite, il cui totale ammonta a 21,5 miliardi di euro. Tra i provvedimenti degni di nota, il bonus da 80 euro di sconto Irpef, che diventa strutturale e nel bilancio dello Stato passa da maggiore spesa a minore entrata per 9,5 miliardi; la platea resta immutata: 10 milioni di italiani tra gli 8.000 e i 26.000 euro di reddito. C’è poi la conferma dell’ecobonus al 65%, valido anche per i condomini, e del bonus ristrutturazioni al 50%. La manovra contiene anche un miliardo per allentare il patto di Stabilità interno dei Comuni, che chiedono però che venga rinviato anche per loro l’obbligo del pareggio di bilancio al 2017.
La norma che consente di mettere in busta paga il Tfr che si matura nel corso dell’anno scatterà per le retribuzioni dal primo marzo 2015 al 30 giugno 2018, ma lascia fuori i lavoratori pubblici, i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo. È uno dei punti più controversi della nuova finanziaria, perché l’importo sarà assoggettato a tassazione ordinaria.
Si riduce il carico complessivo fiscale sulle imprese: una sforbiciata di 5 miliardi per quest’anno, 6,5 a regime, che servirà per tagliare la componente lavoro dell’Irap, rendendo il costo del lavoro integralmente deducibile dall’imposta regionale sulle attività produttive. Una misura, finalizzata al rilancio occupazionale, che avrà effetto particolarmente sulle realtà medio grandi, che possono annoverare un maggior numero di dipendenti da cui ridurre l’imposta sulle attività produttive.
Basta alibi per non assumere: con un’operazione da 1,9 miliardi la Legge di Stabilità cerca di rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato rispetto alle altre forme contrattuali attraverso uno scontro sui contributi previdenziali alle aziende che apriranno le porte a nuovi addetti. Un tetto massimo annuo di 6.200 euro, per una platea teorica di circa 300.000 lavoratori, ma che in concreto secondo il governo supererà gli 800mila. Le partite Iva al di sotto dei 15mila euro annui potranno accedere a un regime forfettario, che comporterà complessivamente un risparmio da 800 milioni di euro. Come promesso la Legge di Stabilità viaggia parallela al disegno di legge delega sul Lavoro: per sostenere i nuovi ammortizzatori sociali il governo stanzia 1,5 miliardi aggiuntivi.
Ma il vero asso nella manica della manovra di Matteo Renzi si chiama bonus bebè: il fondo famiglia con dote da 500 milioni di euro servirà per rafforzare le detrazioni e per interventi a favore delle famiglie numerose prioritariamente monoreddito. La base di coloro che ne usufruiranno è quella del bonus di 80 euro al mese per i redditi familiari fino a 90.000 euro lordi annui, dal terzo figlio anche sopra questa soglia. Un intervento, valido per i primi tre anni di vita di ciascun bambino nato a partire dal primo gennaio, che per le fasce medio basse (fino a 26.000 euro) si sommerà al bonus Irpef.
Pronti gli investimenti in alcuni settori chiave. Nel menù 500 milioni di euro per la stabilizzazione di quasi 150 mila docenti precari e un ritorno al passato per l’esame di maturità, con la reintroduzione delle commissioni completamente interne, fatta eccezione per il presidente. Buone notizie anche per le imprese, che avranno un nuovo credito d’imposta per ricerca e sviluppo del valore di 300 milioni.
Nonostante la ‘bollinatura’ da parte della Ragioneria di Stato e l’ok definitivo del Colle, la Legge di Stabilità ha ancora diversi ostacoli sul suo cammino. Anzitutto, la richiesta di chiarimenti sugli scostamenti dagli obiettivi di conti pubblici contenuta nella famigerata lettera dell’Ue, che si è riservata di fornire un giudizio complessivo solo nei prossimi giorni. Il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, è certo però che l’Europa non respingerà una manovra dove “le coperture ci sono e hanno una qualità abbastanza buona”. Certo è che se i parametri prefissati di spending review non saranno raggiunti, a pagare il conto più salato saranno consumatori e contribuenti, con ben tre aumenti dell’aliquota Iva che potrebbero portare da qui al 2018 un incremento record dell’imposta.
Si mette di traverso Forza Italia, con Silvio Berlusconi che parla di “strada sbagliata”. Dopo l’incontro a palazzo Chigi le Regioni preparano il cosiddetto ‘Lodo Chiamparino’, per rendere sostenibile la manovra evitando ricadute sia di tagli che aumenti della fiscalità. “Rispettare i saldi non vuol dire che questi siano fatti solo di tagli”, precisa il presidente della Conferenza per le Regioni.
Sul piede di guerra i sindacati, per lo slittamento al 10 di ogni mese dell’assegno Inps, sebbene rivolto solo ai destinatari di prestazioni che comprendano anche Inpdap. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso chiama alle armi i propri iscritti; mentre il segretario della Uil, Luigi Angeletti, non crede che “a questo punto le imprese assumeranno”. Un giudizio più morbido lo esprimono le associazioni datoriali, che parlano di “misure d’impatto significativo per le imprese”. Tuttavia, precisa il presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Merletti, “rimangono escluse da qualsiasi intervento oltre 3 milioni di imprese senza dipendenti, vale a dire il 70% del totale delle 4.425mila aziende italiane. Se il governo intende davvero fare il bene di tutti gli imprenditori italiani, occorre prevedere l’innalzamento della franchigia Irap”